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notiziario Giugno 2012 N°6 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO III^ parte - Vitamina “E” e decadimento cognitivo lieve

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Indice
notiziario Giugno 2012 N°6 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO III^ parte
Comportamento alimentare e declino cognitivo
Lo studio GEM (Gingko Evaluation of Memory)
Sul potenziamento cognitivo del Ginseng
La formula nutrizionale per evitare il decadimento dell’invecchiamento
Vitamine e decadimento cognitivo
Il complesso vitaminico B e il decadimento cognitivo
Vitamina “E” e decadimento cognitivo lieve
Ruolo della vit. “D” sulla funzione cognitiva
Vitamina D materna e sviluppo del linguaggio del nascituro
Rendimento scolastico e vitamina “D”
Vitamina “D” e autismo
Maggiore carenza della Vit. “D” nelle grandi città e negli abitanti delle zone rurali
Panoramica su Vit. “D” e salute pubblica
Vit. “D” e rischio di eventi clinici negli anziani
Ergocalciferolo dei funghi o da supplementi e forme di vit. “D” del siero
Supplementi vitaminici e di minerali e mortalità
Tutte le pagine

Vitamina “E” e decadimento cognitivo lieve

La vitamina “E” è un composto alimentare con proprietà antiossidanti, coinvolto nella protezione dai radicali liberi. Gli studi di laboratorio e sugli animali hanno da qualche tempo ipotizzato un suo possibile ruolo per la prevenzione e la gestione del deterioramento cognitivo.
A tale proposito, Lydia Sakakeeny della Tufts University e collaboratori, sulla base delle basse concentrazioni plasmatiche di piridossal-5-fosfato (PLP) riscontrate nelle malattie infiammatorie, come le cardiovascolari, l’artrite reumatoide, la malattia infiammatoria intestinale e il diabete, ne hanno voluto esaminare l'associazione con i marker dell’infiammazione in una coorte di 2.229 soggetti nel 55% donne di età media di 61 ± 9 anni (J. Nutr. 2012 142: 7 1314-1320). Gli Autori hanno, così, costruito un punteggio complessivo d’infiammazione (IS) come somma dei valori standardizzati di tredici marker infiammatori singoli. L'analisi di regressione multivariata aggiustata è stata utilizzata per valutare le associazioni tra l’IS e il PLP plasmatico. Le concentrazioni plasmatiche medie geometriche del PLP si dimostravano più basse nel più alto terzile di categoria, rispetto al più basso (61 vs 80 nmol / L, P-trend <0.0001). Allo stesso modo, la prevalenza d’insufficienza del PLP era significativamente maggiore per i partecipanti nel più alto, rispetto al più basso terzile delle categorie di IS. Queste relazioni persistevano anche dopo la contabilizzazione dell’assunzione della vitamina B6. Inoltre, si rilevavano significative relazioni inverse tra il PLP plasmatico e le quattro categorie IS, basate sulla correlazione funzionale dei marcatori, ivi incluse le proteine della fase acuta, le citochine, le molecole di adesione e lo stress ossidativo. Inoltre, le analisi secondarie rivelavano, dopo aggiustamento per la concentrazione della proteina C-reattiva plasmatica, che molti dei singoli marcatori dell’infiammazione erano inversamente associati al PLP plasmatico. Secondo gli Autori, pertanto, questo studio, in combinazione con i risultati precedenti, supporterebbe l’ipotesi che l'infiammazione possa essere associata con una carenza funzionale della vitamina B6 in conformità a due possibili ruoli del PLP nel processo infiammatorio: il metabolismo del triptofano e l'attività serina idrossimetiltrasferasi.
Più incisamente sul decadimento cognitivo Petersen RC della Mayo Clinic e collaboratori in un precedente studio in doppio cieco avevano valutato soggetti con il sottotipo amnesico del DCL, assegnandoli in modo casuale per tre anni a 2000 UI di vitamina E e 10 mg di donepezil il giorno, oppure a placebo (N Engl J Med. 2005 Jun 9;352(23):2379-88). L'outcome primario era la malattia di Alzheimer clinicamente possibile o probabile, mentre gli end point secondari erano la cognizione e la funzione. In un totale di 769 soggetti arruolati, 212 sviluppavano la possibile o probabile malattia di Alzheimer. Il tasso globale di progressione dal decadimento cognitivo lieve verso la malattia di Alzheimer era del 16% l'anno. Durante i tre anni di trattamento, rispetto al gruppo placebo, non vi erano differenze significative nella probabilità di progressione verso la malattia di Alzheimer, sia nel gruppo con vitamina (hazard ratio, 1.02; intervallo di confidenza 95 per cento, 0,74 a 1,41, P = 0.91) sia in quello con donepezil (hazard ratio, 0,80; intervallo di confidenza 95 per cento, 0,57-1,13, p = 0.42). Le analisi prespecificate degli effetti del trattamento a intervalli di sei mesi dimostravano, con il supporto delle misure di esito secondarie, che, rispetto al gruppo placebo, il gruppo donepezil nei primi dodici mesi dello studio aveva una minore probabilità di progressione a malattia di Alzheimer (P = 0,04). Tra i portatori di uno o più alleli dell’apolipoproteina E epsilon4, il beneficio del donepezil risultava  evidente durante i tre anni di follow-up. Non vi erano, peraltro, differenze significative nel tasso di progressione verso la malattia di Alzheimer tra la vitamina E e il placebo in qualsiasi punto, sia tra tutti i pazienti sia tra quelli con ApoE-ε4. In conclusione, la vitamina E non mostrava alcun beneficio nei pazienti con decadimento cognitivo lieve. Peraltro, anche se la terapia con donepezil si associava a un tasso più basso di progressione alla malattia di Alzheimer nei primi dodici mesi di trattamento, lo stesso dopo i tre anni non era differente da quello del gruppo placebo.



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