Lo studio GEM (Gingko Evaluation of Memory)
Steven T. DeKosky dell’University of Pittsburgh e collaboratori, proprio per determinare l'efficacia del G biloba vs placebo nel ridurre l'incidenza di demenza per tutte le cause e della malattia di Alzheimer (MA), hanno condotto lo studio clinico GEM (Gingko Evaluation of Memory) in doppio cieco in cinque centri medici universitari degli Stati Uniti tra il 2000 e il 2008 con un follow-up medio di 6,1 anni (JAMA. 2008;300(19):2253-2262).
Hanno, così, arruolato 3.069 volontari di settantacinque anni e oltre, di cui 2587 con funzioni cognitive normali e 482 con DCL (decadimento cognitivo lieve) all'inizio dello studio, valutandoli ogni sei mesi per l‘incidente di demenza. Due volte il giorno sono state somministrate dosi di 120 mg di estratto di G. biloba (n = 1545) o placebo (n = 1524). Cinquecento ventitré soggetti hanno sviluppato la demenza, di cui 246 trattati con placebo e 277 con G biloba con il 92% dei casi di demenza classificati come MA possibile o probabile o MA con evidenza di malattia vascolare del cervello. I tassi di abbandono e di perdita al follow-up erano bassi (6,3%) e i profili degli eventi avversi risultavano simili per entrambi i gruppi. Il tasso di demenza generale era 3,3 per 100 persona-anno nei soggetti assegnati al G biloba e il 2,9 per 100 persone-anno nel gruppo placebo. L'hazard ratio (HR) per tutte le cause di demenza nel gruppo G biloba, rispetto a quello placebo, era 1,12 (95% intervallo di confidenza [IC], 0,94-1,33, p = 0,21) e per la MA 1.16 (95% IC, 0,97-1,39 P = 0,11). Il G biloba non aveva alcun effetto sul tasso di progressione verso la demenza nei soggetti con DCL (HR, 1,13, 95% IC, 0,85-1,50, p = 0,39). In conclusione, in questo studio il G biloba a 120 mg due volte il giorno non si dimostrava efficace a ridurre il tasso complessivo d’incidenza della demenza o di quella della MA in soggetti anziani con funzioni cognitive normali o con DCL. Viceversa, dato che il ginkgo biloba nella maggior parte degli adulti più anziani è utilizzato con altri farmaci, bisogna considerare attentamente la possibilità d'interazione farmacologica. Difatti, anche se le evidenze del danno sono limitate, vi può essere un’interazione con gli antiaggreganti piastrinici o con gli anticoagulanti con eventualità maggiore di sanguinamento.
Nello studio GEM, anche se in numero non statisticamente significativo, vi erano ictus emorragici due volte più numerosi nel gruppo ginkgo biloba, rispetto al placebo. Inoltre, va ricordato che il ginkgo biloba può anche interagire con i farmaci metabolizzati nel percorso CYP2C19, come l’omeprazolo, l’acido valproico e la fenitoina. In sintesi, nonostante la base teorica per la validità del ginkgo biloba nella prevenzione del declino cognitivo, non ci sono prove convincenti che possa essere efficace nel prevenire la demenza o ritardare il declino cognitivo tra gli anziani che sono cognitivamente intatti o tra coloro che hanno già il DCL o la demenza. Inoltre, dato il danno potenziale da interazioni farmacologiche, ai medici è tassativamente richiesto di analizzare sicuramente la presenza del suo uso nel paziente, descrivendo e spiegando i potenziali rischi delle interazioni farmacologiche.