Vit. “D” e rischio di eventi clinici negli anziani
In via più particolare, de Boer IH dell’University of Washington, Seattle e collaboratori, osservando che le concentrazioni circolanti di 25 - (OH) D per definire la sua carenza nelle patologie scheletriche non tengono, peraltro, conto delle variazioni stagionali, potendo, quindi, non corrispondere ai livelli ottimali per altre malattie croniche, hanno voluto valutare in uno studio di coorte la relazione tra i livelli vitaminici con l'incidenza di eventi clinici di malattia implicati con il microelemento. Gli studiosi hanno, così, raccolto i dati del Cardiovascular Health Study, condotto in quattro comunità statunitensi dal 1992 al 2006, su 1.621 adulti bianchi anziani (Ann Intern Med, 2012; 156(9):627-34).
In un follow-up medio di più di undici anni l'outcome composito si verificava nel 63% dei casi, ossia in 1.018 anziani. In particolare si rilevavano 137 fratture d'anca, 186 infarti del miocardio, 335 incidenti di tumore e 360 decessi. L'associazione della bassa concentrazione di 25 - (OH) D con il rischio per l'outcome composito variava secondo la stagione (P = 0,057). Difatti, la concentrazione più bassa dello specifico punteggio Z stagionale di -0,54 rappresentava il miglior livello di discriminazione del rischio per il composito e si associava con un rischio del 24% più elevato nelle analisi aggiustate (95% IC, 9% al 42%). Le corrispondenti concentrazioni specifiche stagionali di 25 - (OH) D erano quarantatré, cinquanta, sessantuno e cinquantacinque nmol / L (17, 20, 24 e 22 ng / mL) in inverno, primavera, estate e autunno, rispettivamente. In conclusione, le concentrazioni di soglia della 25 - (OH) D associata ad aumentato rischio di malattia dovrebbero essere intorno ai 50 nmol / L (20 ng / mL). Peraltro, gli obiettivi stagionali per la salute dovrebbero essere nella valutazione del rischio più appropriati di quelli statici.
Dal loro canto Lars Rejnmark dell’Aarhus University Hospital, Denmark proprio considerando che quanto la vitamina “D” possa influenzare diversi esiti sanitari con un effetto anche sulla mortalità, utilizzando i dati raccolti da studi randomizzati controllati, hanno di recente effettuato una meta-analisi sui dati dei singoli pazienti (IPD) e sul loro livello di evidenza per valutare la mortalità tra i partecipanti randomizzati alla vitamina da sola o con il calcio (The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism May 17, 2012 jc.2011-3328). Attraverso una ricerca sistematica della letteratura, gli Autori hanno identificato ventiquattro studi randomizzati e controllati con trasmissione dei dati sulla mortalità in cui è stata somministrata la sostanza da sola o con il calcio. Su un totale di tredici studi, con più di 1000 partecipanti ciascuno, otto studi sono stati inclusi nell’analisi IPD. Utilizzando un modello di regressione di Cox stratificato, hanno, così, calcolato il rischio di morte durante tre anni di trattamento in un’intention-to-treat. Inoltre, hanno effettuato una meta-analisi basata sui dati provenienti da tutti gli studi. L'analisi IPD ha fornito dati su 70.528 partecipanti randomizzati di età media di 70 (range interquartile, 62-77) anni, di cui 86,8% femmine. La vitamina “D” con o senza calcio riduceva la mortalità del 7% [hazard ratio, 0.93; intervallo di confidenza 95% (IC), 0,88-0,99]. Tuttavia, la vitamina D da sola non influenzava la mortalità, ma il rischio di morte si riduceva se era somministrata con il calcio (hazard ratio, 0.91, 95% IC, 0,84-0,98). Il numero necessario da trattare per tre anni con calcio più vitamina D per prevenire una morte era 151. Poiché gli autori hanno effettuato l’aggiustamento dei dati per gli incidenti di frattura, la riduzione della mortalità non era il risultato di un minor numero di fratture, ma rappresentava l’effetto benefico di per sé della vitamina e calcio. La meta-analisi del livello di evidenza (24 trial con 88.097 partecipanti) mostrava risultati simili, cioè la mortalità era ridotta con la vitamina "D" più calcio (odds ratio, 0,94, 95% IC, 0,88-0,99), ma non con la sola vitamina (odds ratio, 0,98, 95% IC, 0,91-1,06). Tale dato aveva, di certo, un'influenza molto grande sui risultati perché i benefici del calcio e della vitamina “D” in questo processo erano molto maggiori rispetto a qualsiasi altro studio. In conclusione: la vitamina” “D con il calcio riduce la mortalità negli anziani, mentre i dati disponibili non supportano un effetto della vitamina da sola. Una precedente simile analisi aveva, peraltro, dimostrato che la vitamina D da sola non preveniva le fratture o le cadute.