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notiziario Giugno 2012 N°6 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO III^ parte - Vitamina “D” e autismo

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Indice
notiziario Giugno 2012 N°6 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO III^ parte
Comportamento alimentare e declino cognitivo
Lo studio GEM (Gingko Evaluation of Memory)
Sul potenziamento cognitivo del Ginseng
La formula nutrizionale per evitare il decadimento dell’invecchiamento
Vitamine e decadimento cognitivo
Il complesso vitaminico B e il decadimento cognitivo
Vitamina “E” e decadimento cognitivo lieve
Ruolo della vit. “D” sulla funzione cognitiva
Vitamina D materna e sviluppo del linguaggio del nascituro
Rendimento scolastico e vitamina “D”
Vitamina “D” e autismo
Maggiore carenza della Vit. “D” nelle grandi città e negli abitanti delle zone rurali
Panoramica su Vit. “D” e salute pubblica
Vit. “D” e rischio di eventi clinici negli anziani
Ergocalciferolo dei funghi o da supplementi e forme di vit. “D” del siero
Supplementi vitaminici e di minerali e mortalità
Tutte le pagine

Vitamina “D” e autismo

L’ASD (Autism spectrum disorder) costituisce un’alterazione complessa dello sviluppo neurologico cui partecipano molteplici fattori di rischio, genetici e ambientali. In realtà l'autismo, descritto solo nel 1940, presenta ancora oggi molti aspetti oscuri e pochi ricercatori, scienziati e operatori sanitari lo conoscono bene.
I suoi segni e sintomi principali coinvolgono il linguaggio e il comportamento. La comunicazione, sia verbale del parlato sia quella inespressa gestionale, le interazioni sociali, come la condivisione di emozioni, la comprensione del pensiero o dei sentimenti altrui, chiamata anche empatia, sono alterate. Così pure la conversazione nella quantità di tempo trascorsa nell’interagire con gli altri è inconsueta. Sono comuni anche comportamenti ripetitivi, stereotipati, come il ripetere parole o azioni, a volte in maniera ossessiva, oppure programmi, giochi, talvolta inopportuni. La malattia si può definire un disturbo neurobiologico complesso della crescita che dura per tutta la vita, a volte definito come una disabilità dello sviluppo, a esordio di solito prima dei tre anni, che provoca ritardi o problemi in molteplici diverse competenze, che derivano dall'infanzia sino all'età adulta. L'interazione tra fattori genetici e ambientali è diventata negli ultimi anni oggetto d’intensa ricerca scientifica e la carenza di vitamina “D”, in quest’ambito, è stata proposta recentemente come un possibile fattore di rischio.
I malati di ASD, possono avere sintomi lievi o più gravi, potendo essere compresi nel disturbo autistico, chiamato anche autismo "classico" o nella sindrome di Asperger, oppure nel disturbo Generalizzato dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato o autismo atipico. Per descrivere in alcuni casi l'autismo si utilizza un termine più ampio il PDD (pervasive developmental disorders), che comprende le forme ASD precedenti, il Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza e la sindrome di Rett. Secondo i sintomi specifici, un malato di autismo può cadere nell’ASD o nella categoria del PDD, ma a  volte, poiché l'autismo è presente in entrambe le tipologie, i termini di "ASD" e di "PDD" vengono utilizzati per indicare la stessa condizione.
La prevalenza dei disturbi dello spettro autistico è drammaticamente aumentata sino all’attuale circa 1% degli ultimi decenni. È molto probabile che tale aumento sia il risultato dei cambiamenti dei criteri diagnostici che hanno ampliato la gamma dello spettro del disordine e una maggiore consapevolezza complessiva della collettività e dei professionisti. Si stimano nel corso del 2011 6.594.000 casi nei sette principali Paesi economicamente più avanzati (Stati Uniti, Giappone, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito). Il maggior numero è rilevato negli Stati Uniti (2.613.000), con di seguito il Giappone (1.411.000). Tra il 2011 e il 2021, il Datamonitor prevede che questo numero aumenti del 3,4%.
Il 29 marzo 2012 il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti ha segnalato che uno su ottantotto bambini americani con incapacità di interagire e comunicare socialmente era affetto da autism spectrum disorder. Essendo stata, invece, in precedenza stimata la prevalenza intorno a uno su 110 bambini, si deve convenire che l'autismo è del 23% più comune di quanto si pensasse due anni fa e del 78% più comune di quanto previsto cinque anni fa. Negli Stati Uniti i dati del 2007 della National Survey of Health indicavano una prevalenza complessiva stimata di undici per 1.000 soggetti di età dai tre ai diciassette anni e quelli del National Health Interview Survey hanno dimostrato un aumento di quasi quattro volte nei periodi di sorveglianza tra il 1997-1999 e il 2006-2008. Uno studio britannico, che ha impiegato sia un questionario sia metodi di screening diretti dell’ASD, ha stimato nel corso degli anni scolastici 2003 e 2004 una prevalenza quasi dell'1% dei bambini d'età compresa tra i cinque e i nove anni. Un recente studio con valutazione diretta di screening del 2006 in Corea del Sud sulla popolazione ha fornito una stima complessiva della prevalenza dell’ASD del 26,4 per 1.000 bambini di età dai sette ai dodici anni. Da tali dati si desume che l’ASD s’impone come una preoccupazione importante di sanità pubblica. I risultati, difatti, confermano che le stime di prevalenza seguitano ad aumentare nella maggior parte delle comunità, rendendo necessaria una persistente sorveglianza della salute pubblica per quantificare e capire questi cambiamenti nel tempo. Sono, peraltro, necessari ulteriori lavori per valutare i molteplici fattori che influenzano questo trend di prevalenza nel corso del tempo e gli studiosi devono impegnarsi a esplorarli in vari modi, focalizzando la loro attenzione e i loro sforzi sulla comprensione dei fattori di rischio, delle disparità nell’individuazione di alcuni sottogruppi e nella valutazione dei cambiamenti temporali della prevalenza. Degno di nota è il rilievo nella letteratura scientifica del numero di studi che dimostrano il collegamento tra la vitamina “D”, le convulsioni e l'autismo. Difatti, sino al 30% dei bambini con autismo dimostrano anche di essere affetti da crisi epilettiche. Interessante è anche uno studio recente negli Stati Uniti che ha dimostrato correlazione positiva tra allattamento al seno esclusivo e incidenza dell'autismo, a meno che la madre non integrasse la dieta avendo anche un livello di vitamina D> 40 ng / ml con 5.000 UI / die. Tale dato va considerato insieme al fatto che il latte materno contiene poca vitamina “D”.
Contattando la NICHD Study of Early Child Care and Youth Development si possono ottenere altre informazioni sulla rete CPEA (Collaborative Programs of Excellence in Autism) riguardo agli studi genetici o ad altri campi di ricerca sull'autismo: http://www.nichd.nih.gov/autism
Telefono: 18003702943 (TTY: 18883206942) In relazione a quanto riportato, Kočovská E dell’University of Glasgow e collaboratori hanno compiuto una revisione sistematica sulla possibile connessione tra ASD e vitamina “D” (Res Dev Disabil. 2012 Apr 20;33(5):1541-1550). Hanno, così, rilevato che i dati sistematici ottenuti da diversi gruppi di ricerca fornirebbero qualche supporto per il possibile ruolo della carenza di vitamina “D” nella patogenesi dell’ASD. Hanno, così, individuato due aree principali di coinvolgimento del microelemento nel corpo umano che potrebbero potenzialmente avere un impatto diretto sullo sviluppo della malattia: (1) il cervello con la sua omeostasi, il sistema immunitario e lo sviluppo neurologico; (2) la regolazione genica. Quattro studi, difatti, esaminavano i livelli di vitamina “D” nei bambini autistici e nelle loro madri e tutti riscontravano suoi livelli bassi (<30 ng / ml). Gli Autori hanno esaminato circa una dozzina di pubblicazioni che riguardavano l’assunzione di vitamina nei bambini autistici, che nella maggior parte dei casi non soddisfacevano i requisiti di assunzione per la loro età.
In conclusione, la carenza di vitamina “D”, sia durante la gravidanza sia nella prima infanzia, potrebbe essere un innesco ambientale per l’ASD in individui geneticamente predisposti per la gamma del fenotipo dell’autismo.



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