Negli adulti obesi con cancro opportuno il dosaggio chemioterapico appropriato
Le dosi ottimali dei farmaci chemioterapici o delle loro combinazioni si stabiliscono generalmente attraverso studi clinici randomizzati controllati. Nei pazienti adulti con cancro il dosaggio del farmaco è tradizionalmente basato sulla superficie approssimativa del corpo. Esistono, peraltro, prove convincenti che le riduzioni della dose standard e d’intensità possono compromettere la sopravvivenza libera da malattia e quella globale. Tutto ciò ha portato a considerare l’ottimale chemioterapia un indicatore della qualità di cura. Ciò nonostante, molti pazienti obesi e in sovrappeso continuano a ricevere dosi di chemioterapia limitata e studi di pratica clinica hanno dimostrato che le dosi fino al 40% dei pazienti obesi sono limitate e non basate sul peso corporeo reale. Inoltre, molti oncologi continuerebbero a utilizzare il peso corporeo ideale, limitando l’uso della superficie corporea. Inoltre, nei soggetti in sovrappeso e obesi con cancro è stata documentata una notevole incertezza dei medici sulla selezione ottimale della dose, rivelata dalla notevole variazione nel dosaggio della chemioterapia. Così che, in questi malati in crescita epidemica nel mondo la pratica di dosi limitanti finisce con influenzare negativamente la qualità delle cure e dei risultati. In effetti, la chemioterapia sistemica, senza un pieno dosaggio basato sul peso e con riduzioni inopportune, può anche spiegare in parte i tassi di mortalità per cancro significativamente più alti osservati nei soggetti in sovrappeso e obesi. Peraltro, secondo evidenze farmacocinetiche di efficacia e di tossicità, devono considerarsi infondate le preoccupazioni in merito al sovradosaggio basato sull'uso del peso corporeo effettivo nel paziente obeso con cancro.
Jennifer J. Griggs dell’University of Michigan e collaboratori, per fornire raccomandazioni per il dosaggio appropriato del chemioterapico citotossico per gli obesi adulti con cancro, hanno condotto una revisione sistematica della letteratura sugli studi coinvolti nei tumori della mammella, dell'ovaio, del colon e del polmone, elaborando delle utili linee guida (J Clin Oncol 30:1553-1561).
Gli studi di pratica clinica dimostravano, in effetti, che, secondo infondate preoccupazioni circa la tossicità o il sovradosaggio, fino al 40% dei pazienti obesi ricevevano dosi limitate della chemioterapia, non basate sul peso corporeo effettivo. Il gruppo di studiosi, pertanto, raccomandava dosi piene chemioterapiche, ponderate soprattutto in ragione dell'obiettivo di cura per l’assenza di evidenze di aumentata tossicità a breve o a lungo termine negli obesi. In effetti, la maggior parte dei dati indicava che la mielosoppressione era la stessa, o addirittura meno accentuata, tra gli obesi rispetto ai normopesi. Peraltro, gli Autori segnalavano che:
- I medici avrebbero dovuto rispondere a tutte le problematiche di tossicità correlate al trattamento nei pazienti obesi, in modo uguale ai normopesi.
- L'uso di un dosaggio fisso di chemioterapico era raramente giustificato, ma poteva considerarsi solo per alcuni agenti selezionati.
- Ulteriori ricerche di farmacocinetica e farmacogenetica erano opportune per guidare il dosaggio appropriato dei pazienti obesi con cancro.