Invecchiamento, attività fisica e mortalità
Sin dalla metà del secolo scorso si sono susseguiti studi clinici con conferma del benefico effetto dell’attività fisica sulla longevità a protezione da rischi specifici di malattie, quali la cardiopatia ischemica, l’ictus e il cancro. In particolare negli adulti più anziani vi sono evidenze non solo di maggiore longevità, ma anche di più elevati livelli di salute funzionale, di un minor rischio di cadute, di una migliore funzione cognitiva e integrazione sociale.
Ci sono prove sostanziali che indicano come le persone fisicamente attive abbiano una minore incidenza di malattia coronarica e cardiovascolare. Gli individui più attivi, rispetto ai più sedentari, hanno un 30 - 40% di riduzione del rischio.
Eric J. Shiroma dell’Harvard Medical School (I.L.), Boston e collaboratori nella loro revisione concludevano che, anche alla presenza di un ampio corpo di prove a chiaro sostegno della riduzione dei rischi di malattia coronarica e cardiovascolare con l'attività fisica, i dati del rapporto erano meno chiari. Vi era un difetto di evidenze nella popolazione più anziana, in particolare di età superiore agli ottanta anni, ma anche nelle minoranze razziali / etniche. Peraltro, i dati disponibili sulla risposta alla dose erano ottenuti principalmente da studi osservazionali con attività fisica auto-riferita, ponendo limitazioni soprattutto sull’intensità adottata. (Circulation. 2010; 122: 743-752).
Dal loro canto Anne K Gulsvik dell’University of Oslo e collaboratori, proprio considerando che l'attività fisica è inversamente associata alla mortalità nella popolazione generale, hanno voluto quantificarne la fenomenologia nella Bergen Clinical Blood Pressure Survey (Int. J. Epidemiol. (2012) 41 (2): 521-530).
Hanno, così, calcolato in un campione di 6.811 uomini e donne norvegesi nel periodo 1965-1971 con follow-up fino al 2005-07 il HR (Cox proportional hazard regression ratio) e la PAF (population attributable fraction) per gli anziani oltre i sessantacinque anni, gli adulti di mezza età dai quarantacinque ai sessantaquattro anni e i giovani dai ventidue ai quarantaquattro anni, riducendo al minimo i fattori confondenti e i bias. L'AR [intervallo di confidenza 95% (IC)] associato a un alto livello di attività fisica era 0,63 (0,56-0,71), 0,66 (0,52-0,83) e 0,66 (0,47-0,93) rispettivamente per la mortalità per tutte le cause, la cardiopatia ischemica e l’ictus. La PAF (95% IC) per assente / bassa attività era coerente per tutte le età, variando dal 7,3% (3,4-11,4) dei giovani adulti al 9,1% (3,6-15,3) degli anziani. La PAF per il fumo e quella per l’ipercolesterolemia diminuivano con l'aumento dell'età [fumatori dal 19,9% (15,3-24,7) all’1,5% (-1,3 a 6,2) e colesterolo dall’11,5% (5,6-17,5) al -9,5% (-18,1 a -0,7)].
Invece, la PAF per l’ipertensione aumentava dal 5,3% (2,1-9,1) al 18,9% (8,3-28,4). In conclusione, l'importanza relativa dei fattori di rischio tradizionali variava tra i gruppi di età, ma l'attività fisica si proponeva come importante fattore di promozione della salute in tutte le fasce di età.