La gestione dell’obesità nelle cure primarie
L'obesità, pur rappresentando una malattia molto diffusa che colpisce gran parte della popolazione mondiale con i gravosi riflessi sulla spesa sanitaria, non viene ancora combattuta con la dovuta attenzione e vigore dai medici delle cure primarie. Negli Stati Uniti, ad esempio, colpisce un terzo degli adulti con costi di 147 miliardi di dollari annualmente e si stima che, nonostante che le linee guida nazionali raccomandino ai medici di assistenza primaria di consigliare i loro pazienti obesi a perdere peso, solo un loro terzo di questi ultimi riferisce di ricevere la diagnosi o incoraggiamenti su come farlo.
In effetti, nella medicina di prima linea si notano attenzioni sempre crescenti a favore della maggiore conoscenza sulle cause dell’obesità, ma poche sulle possibili soluzioni per migliorarne la cura. Peraltro, quest’area di ricerca è senz’altro importante poiché il medico delle cure primarie si trova in una posizione unica e privilegiata per trattare la malattia e per assistere il malato a mantenere il peso salutare.
In effetti, anche se l'evidenza degli studi clinici suggerisca la maggiore probabilità della perdita di peso dei pazienti su invito e stimolo dei propri medici di base, purtroppo sembrerebbe che questo intervento sia spesso trascurato. È dato frequente anche che gli obesi ricevano il suggerimento di calare di peso, ma senza essere bene istruiti su come farlo. Questi dati indicano la necessità da parte dei medici di comprendere meglio le pratiche cliniche sul bilancio energetico, come ad esempio la consulenza per la dieta, per l'attività fisica e per il controllo del peso, con particolare riguardo alle loro relazioni con il carico di malattia. In effetti, la letteratura ha ampiamente riportato le barriere a livello medico per la cura dell'obesità, che per buona parte possono anche dipendere dalla qualità e dalla sede della formazione del medico. Si riferiscono alla conoscenza clinica e agli atteggiamenti inadeguati verso i pazienti obesi, come la carenza dell’ottimale formazione di comunicazione nel consigliare la riduzione del peso o la scarsa conoscenza degli strumenti necessari per diagnosticare e trattare la malattia. Va considerato in tale ambito anche l’atteggiamento negativistico nell’affrontare il problema, come nello stigmatizzare falsamente il valore del sovrappeso, nella sensazione o convinzione che l'obesità sia dovuta alla diretta e quasi esclusiva responsabilità del paziente, nel pessimismo dimostrato verso il desiderio o verso la capacità del paziente di perdere peso, nella convinzione che la consulenza nel programma della perdita di peso sia inefficace o nel dubbio che possa avere un effetto sul comportamento del paziente.
Ashley Wilder Smith del National Cancer Institute, Bethesda, Maryland e collaboratori hanno voluto analizzare la pratica professionale dei medici delle cure primarie degli adulti nell’affrontare i problemi della dieta, dell'attività fisica e del controllo del peso (Am J Prev Med. 2011 July; 41(1): 33–42).
Gli Autori hanno, così, eseguito nel 2008 e analizzato nel 2010 un sondaggio rappresentativo nazionale di 1.211 PCPs (primary care physicians), raccolto dall’American Medical Association’s Masterfile. Gli esiti includevano: la valutazione professionale, le raccomandazioni, la consulenza e il follow-up della dieta, dell’attività fisica e del controllo del peso in pazienti adulti con e senza malattia cronica. Erano compresi anche: l’uso dei farmaci e l’invio ai trattamenti chirurgici per il sovrappeso e l'obesità.
Il tasso di risposta al sondaggio era del 64,5% e la metà circa dei PCP, per precisione il 49%, riferiva di aver registrato regolarmente la BMI (body mass index). Meno del 50% aveva, però, fornito sempre le indicazioni specifiche sulla dieta, sull'attività fisica, o sul controllo del peso. Peraltro, indipendentemente dallo stato di malattia cronica dei pazienti, meno del 10% aveva riportato un'ulteriore valutazione / gestione e meno del 22% in modo sistematico il monitoraggio nel tempo in materia di peso o di comportamenti legati a esso. Nel complesso, i PCP erano propensi a erogare consigli più sull’attività fisica che sulla dieta o sul controllo del peso (p < 0,05).
Infine, si osservava un’elevata prevalenza del 71,2% e dello 86,0% che rispettivamente non usava mai trattamenti farmacologici per il controllo del peso o trattamenti chirurgici. Gli ostetrici/ginecologi, dal loro canto, erano meno propensi degli internisti a prescrivere farmaci dimagranti (43,7 % vs 73,6%; OR= 0.23, IC 95% = 0.18 - 0.35), mentre la differenza tra questi ultimi e i medici di famiglia non era significativa (73,6% vs 81,4%; OR = 1.34, IC 95% = 0,90 - 2,00 ). Rispetto agli internisti, poi, gli ostetrici/ginecologi erano meno propensi a fare riferimento alle procedure chirurgiche per l'obesità (86,7% vs 73,8%; OR = 0,37, IC 95% = 0.24 - 0.55). Nessuna differenza significativa si evidenziava, invece, tra gli internisti e i medici di famiglia (86,7% vs 90.9%; OR = 1.15, IC 95% = 0.70 - 1.91). I medici di sesso femminile e asiatici, rispetto ai medici di sesso maschile e bianchi, così pure quelli più anziani, erano meno propensi a prescrivere i farmaci. I medici asiatici, inoltre, mostravano minore probabilità di rapportarsi con i trattamenti chirurgici, rispetto ai bianchi.
In conclusione, i PCP valutavano e gestivano i comportamenti degli adulti in sovrappeso e obesi a un livello basso, non rispettando la grandezza del problema.
Dal loro canto, Octavia Pickett-Blakely dell’University of Pennsylvania, Philadelphia e collaboratori hanno voluto esaminare se il sesso, più o meno concordante tra medico e paziente, potesse avere negli obesi le stesse probabilità di effetto sui consigli della perdita di peso (Am J Prev Med. 2011 June; 40(6): 616–619).
Gli studi, invero, avevano solo suggerito che i pazienti obesi di colore, a differenza dei bianchi, ricevevano dai medici bianchi minori raccomandazioni sull’esercizio. Lo studio, pertanto, voleva testare due ipotesi:
- Se la discordanza di genere fosse associata negativamente con la consulenza correlata al peso.
- Se la concordanza o meno di genere, nel caso di pazienti maschi o femmine, potesse risultare in un maggiore o minore rapporto di consulenza per la perdita di peso.
Gli Autori per il loro studio osservazionale trasversale hanno, così, utilizzato nel 2010 l’Ambulatory Medical Care Survey del 2005-2007. Hanno analizzato i dati degli incontri clinici di 5.667 obesi con i loro medici per determinare l'associazione tra la concordanza di genere medico-paziente e tre tipi di consulenza correlata al peso, come dieta / nutrizione, esercizio fisico e riduzione del peso.
Consulenze sulla dieta / alimentazione, esercizio fisico e riduzione del peso erano stati forniti rispettivamente al 30, 23 e 20% dei pazienti obesi.
Le coppie dei pazienti/medici maschi facevano rilevare un significativo maggiore odds ratio di consulenza sulla dieta / nutrizione (OR 1,58, IC 95%: 1.05 - 2.40) e sull’esercizio fisico (1,76, IC 95%: 1.13 - 2.74), rispetto alle coppie femminili. Non vi erano, invece, differenze significative in ogni forma di consulenza correlata al peso tra le coppie di genere concordanti e discordanti di genere femminile.
In conclusione, i risultati dello studio suggerivano che solo la concordanza di genere maschile medico-paziente era positivamente associata con la consulenza sulla dieta / nutrizione e sull'esercizio fisico.
A tale proposito, Gilles Plourde e Denis Prud della Cliniques Médicales de Nutrition et d'Amaigrissement de Gatineau, Quebec hanno proposto l'utilizzo del modello 5AS per la gestione dell'obesità (CMAJ June 12, 2012 184:1039-1044). In questo contesto è interessante notare che di recente la Canadian Obesity Network ha elaborato una serie di strumenti basati sul 5AS, leggermente modificati per rispondere specificamente alle esigenze dei professionisti delle cure primarie.
Gli strumenti si basano su ricerche approfondite che coinvolgono i medici di base e gli esperti sull’obesità. Hanno, peraltro, ottenuto un riscontro positivo da parte dei pazienti.
Pertanto, anche se non esiste un unico approccio che funziona totalmente, i medici possono utilizzare il modello 5A con successo e consigliare i pazienti a cambiare le loro abitudini alimentari e i livelli di attività fisica. Il modello 5A, adottato già in altre terapie come per lo smettere di fumare, è costituito dal: valutare / chiedere, consigliare, concordare, assistere e organizzare.
Le modificazioni della dieta e la restrizione calorica hanno dimostrato, così, di essere efficaci. Di poi, combinando l’incremento dell’attività fisica e / o della sua intensità, si ottengono maggiori vantaggi. Inoltre, la terapia comportamentale, rivolta a modificare lo stile di vita del paziente e la consuetudine dei cattivi vizi, ha dimostrato di aumentare il successo degli interventi dietetici e dell'esercizio fisico, aiutando anche i pazienti a mantenere i risultati.
Invero, si continua a ripetere che molti medici non si sentono addestrati a trattare l'obesità e i problemi di peso, eppure l’evidenza indica che la misurazione regolare dell’indice di massa corporea e della circonferenza della vita e l'utilizzo delle indicazioni per monitorarli può portare a una migliore gestione della malattia.
Questo, pertanto, si rivela un settore importante della ricerca poiché la formazione dei medici di prima linea rappresenta sicuramente una condizione opportuna e necessaria per migliorare la qualità del medico e i modelli pratici di cura dell'obesità. Ne deriva, quindi, che le nuove coorti di studenti di medicina devono avere maggiori probabilità di ricevere questa formazione.
Appare, in ogni modo, urgente in tale ambito il bisogno di diffondere l’uso di semplici, efficaci strategie nella pratica clinica.
Per loro conto, Sara N Bleich della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, Baltimore, Maryland, USA e collaboratori hanno voluto descrivere le prospettive dei medici sulle cause e sulle soluzioni della cura dell'obesità, identificando le differenze riscontrate per numero di anni dal completamento della scuola medica (BMJ Open 2012;2:e001871). Gli Autori hanno, così, eseguito un sondaggio online trasversale nazionale dal 9 Febbraio al primo marzo 2011 in USA con la partecipazione di 500 medici di assistenza primaria. Si sono, quindi, valutate le prospettive del medico su:
- Cause dell’obesità.
- Competenze nel trattamento dei pazienti obesi.
- Prospettive professionali più qualificate sulla salute per aiutare i pazienti obesi a perdere o mantenere il peso perduto.
- Soluzioni per migliorare la cura dell'obesità.
I medici di assistenza primaria sostenevano in forma indiscutibile che fosse necessaria una formazione supplementare per essere aiutati a migliorare la cura dell'obesità. Avanzavano la necessità di strumenti pratici, come scale per desumere l'indice di massa corporea, e corsi di preparazione su come impostare i consigli dell'alimentazione. Inoltre, individuavano nei nutrizionisti / dietologi gli specialisti più qualificati cui ricorrere in consulenza. Peraltro, i medici con meno di venti anni dal completamento della scuola medica mostravano maggiore probabilità di identificare, come importante causa di obesità, la mancanza delle informazioni sulle buone abitudini alimentari e dei cibi sani. Riferivano, inoltre, che la partecipazione emotiva verso i loro pazienti obesi era di aiuto relativo al successo della perdita di peso. Il tasso di risposta all'indagine, comunque, era del 25,6%. Peraltro, complessivamente il 75% dei PCP individuava nella genetica o nella storia familiare la causa importante dell’obesità. Seguiva l’effetto metabolico con il 47% e i disturbi endocrini con il 25%. I fattori comportamentali individuali erano tra quelli più comunemente riportati come cause dell’obesità. Nella quasi totalità era citata l’insufficiente attività fisica con il 99%, il consumo eccessivo del cibo sempre con il 99%, i pasti al ristorante o ai fast-food con il 95%, il consumo di bevande zuccherate con il 94% e la mancanza di forza di volontà con lo 89%.
Inoltre, i PCP che avevano completato la scuola di medicina dopo il 1991 dimostravano maggiore probabilità, rispetto ai laureati degli anni precedenti, di citare come causa dell’obesità il ristorante / fast food con il 99 % vs il 90% e p < .01, la mancanza di una buona informazione sulle abitudini alimentari con lo 80% vs il 69% e P = .03 e lo scarso accesso agli alimenti salutari con il 64% vs il 52% e p = 0,03. Ancora, anche se quasi tutti i medici nel 90% riferivano di sentirsi abbastanza competenti a dare consigli dietetici ai pazienti e sull’esercizio fisico nel 92%, nel 44%, meno della metà, pensavano di raggiungere il successo nella cura. In effetti, i PCP laureati dopo il 1991 con il 49% si mostravano più propensi a riferire il successo vs il 36% e P = .02.
In conclusione, secondo gli Autori i loro risultati indicavano un bisogno percepito di migliorare la formazione medica nei riguardi della cura dell'obesità.
In fine, Michael E. Bodner della Trinity Western University, Canada e collaboratori hanno voluto valutare l'accuratezza e la congruenza delle discussioni peso-correlate tra i pazienti e i medici durante incontri audio –registrati tra 40 medici e 461 loro pazienti in sovrappeso / obesi (J Am Board Fam Med. 2014;27(1):70-77). Gli Autori hanno, così, codificato il contenuto delle interviste subito dopo la visita e valutato l’accuratezza con modelli lineari misti, generalizzati.
Complessivamente l'accuratezza era moderata, corrispondendo al 67% dei pazienti e al 70% dei medici, mentre la congruenza era del 62%. L’analisi degli incontri con contenuti legati al peso dimostrava alta accuratezza del 98% per i pazienti e del 97% per i medici, mentre la congruenza era del 95%. Quando il peso, però, non era discusso i pazienti e i medici erano più imprecisi con il 36% e il 44% rispettivamente ed erano anche incongruenti con il 28%. Peraltro, i medici, che non erano a proprio agio nel parlare di peso, mostravano maggiori probabilità di riferire male che il peso era stato discusso (odds ratio = 4.5, intervallo di confidenza 95%: 1,88-10,75). Di poi, con i pazienti afro-americani, più che con quelli di razza bianca, i medici bianchi erano più propensi a riportare accuratamente che non vi era stata alcuna discussione sul peso (odds ratio = 0.30; intervallo di confidenza 95%: 0,13-0,69).
In conclusione, le discussioni peso-correlate tra medico e paziente erano molto precise e congruenti quando le audio - registrazioni indicavano il peso, ma non quando non lo specificavano, costituendo tale dato di fatto un’occasione mancata per il giusto e appropriato intervento sanitario. In definitiva, infatti, quando il peso era discusso dai medici, i pazienti erano consapevoli di queste discussioni, compresi i dettagli del messaggio, come il peso, la nutrizione, l’attività fisica. In effetti, i medici che discutevano del peso con i loro pazienti potevano seguirli e garantirsi che i messaggi di salute fossero ben ricevuti e compresi. Le discussioni sul peso potevano, d fatto, agire come un effetto priming per il cambiamento del comportamento così che la raccomandazione nel follow -up o nel rinvio poteva influenzare positivamente il tentativo di perdere peso.
Bisogna notare a tale riguardo che il disagio a discutere del peso rappresentava una delle principali barriere segnalate dai medici e sostanziando la necessità di una formazione più puntuale e circostanziata sull’argomento.