Vitamina “D” e prediabete
In continuità con quanto riportato, Anoop Shankar della West Virginia University School of Medicine, e collaboratori, sempre sulla base degli studi sugli animali sui bassi valori di 25-idrossivitamina D (25 [OH] D) connessi alla riduzione della sintesi e della secrezione d’insulina e, quindi, di essere coinvolti nella patogenesi del diabete, hanno esaminato 12.719 partecipanti, nel 52,5% donne, del NHANES III (III National Health and Nutrition Examination Survey), di età oltre i 20 anni, non diabetici (Diabetes Care 34:1114-9. 2011). I valori sierici di25 (OH) D sono stati classificati in quartili (≤ 17,7, 17,8-24,5, 24,6-32,4,> 32,4 ng / mL). Il prediabete è stato definito sulla base della glicemia a 2-h dal pasto di 140-199 mg / dL o della glicemia a digiuno di 110-125 mg / dL o del valore di HbA1c 5,7-6,4%. Il prediabete è, difatti, una fase precoce nel continuum del diabete in cui si definisce l’aumentato rischio di sviluppare la malattia e in cui gli sforzi di prevenzione hanno dimostrato di essere efficaci nel ritardarla o prevenirla.
La 25 (OH) D sierica si è dimostrata associata con il prediabete dopo aggiustamento per età, sesso, razza / etnia, stagione, regione geografica, fumo, assunzione di alcol, IMC, attività fisica all'aperto, consumo di latte, vitamina “D” alimentare, pressione sanguigna, colesterolo, proteina C-reattiva e velocità di filtrazione glomerulare. Rispetto al 4° quartile di 25 (OH) D, con funzioni di referente, l'odds ratio di prediabete associato al quartile 1 è stato 1,47 (IC95% 1,16-1,85, p trend = 0.001). L’analisi dei sottogruppi, secondo l’esame del rapporto tra 25 (OH) D e prediabete per sesso, BMI e categorie d’ipertensione, ha mostrato un’associazione costante positiva.
Tali risultati hanno permesso agli AA di concludere che i livelli bassi sierici di 25 (OH) D erano associati con il prediabete in un campione rappresentativo di adulti statunitensi.