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notiziario Settembre 2011 N°8 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOMETABOLICHE - Vit. “D” e sindrome metabolica

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Indice
notiziario Settembre 2011 N°8 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOMETABOLICHE
Vit. “D” e diabete
Vitamina “D” e prediabete
25 (OH) D e glicemia a digiuno e dopo 2-h a dieci anni
Vit. “D” associata alla sensibilità insulinica nelle donne afro-americane, ma non nelle americane- europee
Supplementazione di vit. D più calcio e funzione delle cellule β
Vit. “D2” e yogurt propizi per il diabetico
Vit. “D” e obesità
Potenziale ruolo del PTH e della D3 nell’omeostasi energetica
Vit. “D”, insulino-sensibilità e IMC nell'obesità
Aumento di vit. “D” con la perdita di peso
Razza e tipo di obesità nei bambini carenti di vit. “D”
Supplementazionedi vitamina D per neonati e le madri che allattano
Vit. “D” e sindrome metabolica
La bassa vit. “D” negli adolescenti può predire i fattori di rischio cardiovascolare?
Tutte le pagine

Vit. “D” e sindrome metabolica

Hanne L. Gulseth dell’Oslo University Hospital e collaboratori, dal loro canto, hanno valutato i dati di 446 caucasici, di età compresa tra i 35 e i 70 anni, con IMC 20-40 kg/m2, reclutati nel 2005 e 2006 per lo studio Lipgene (NCT00429195) in otto paesi europei (Diabetes Care 33:923–925, 2010). Tutti i soggetti avevano la sindrome metabolica definita da tre o più criteri del NCEP ATP –III (National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel-III). È stato eseguito il test endovenoso (IVGTT) di tolleranza al glucosio e si è misurata la sensibilità insulinica, l’insulinoresistenza, la vitamina D2 e D3. La loro ricerca non ha dimostrato significative associazioni tra i parametri di secrezione e azione dell’insulina derivata dall’IVGTT e le concentrazioni nel siero di “D3”. La concentrazione sierica della 25 (OH)D3 è stata di 57,1 ± 26,0 nmol / l (media ± DS), range 13.7–170.4 nmol/l. Solo novantuno, il 20% dei soggetti, avevano livelli pari a 75 nmol / l, mentre la maggioranza, 227 pazienti, aveva deficit biochimici di vitamina pari a 50 nmol / l. Gli Autori hanno voluto anche precisare che in altre ricerche si erano ottenuti risultati in contrasto con i loro.

In particolare, Chiu KC e collaboratori (Am J Clin Nutr 2004;79:820 – 825), avevano osservato un'associazione positiva, rimasta significativa anche dopo aggiustamento per l’IMC, tra lo stato vitaminico e l'insulinosensibilità in 126 studenti indagati per la tolleranza al glucosio con il clamp iperglicemico. Secondo gli Autori la ragione di tali contrasti risiederebbe nelle differenze delle popolazioni di studio o nei metodi utilizzati per la valutazione della sensibilità all'insulina. Le relazioni significative tra 25 (OH) D e insulina a digiuno e HOMA-IR, riportate da Forouhi NG e collaboratori (Diabetes 2008;57:2619–2625), da Lu L e collaboratori (Diabetes Care 2009;32:1278–1283) e da Liu E e collaboratori (J Nutr 2009;139:329–334), dovrebbero, sempre per gli studiosi, dipendere dal fatto che la popolazione dei loro soggetti studiati con sindrome metabolica era costituita da un gruppo più omogeneo. In conclusione, le evidenze, sino a oggi accumulate sia sugli animali di laboratorio sia sull’uomo, indicherebbero un ruolo essenziale per la vitamina “D” nei riguardi della secrezione e azione dell'insulina con rischio di diabete, e di sindrome metabolica. Pur tuttavia, risulta ancora necessario ottenere ulteriori dati che possano garantire il valore e l’affidabilità della supplementazione su larga scala della vitamina per ridurre l'incidenza di queste malattie.
Peraltro, Anastassios G Pittas e colleghi del Tufts Medical Center, Boston nella loro matanalisi (Ann Intern Med 2010; 152:307-314) avevano concluso che l'associazione tra stato della vitamina "D" e gli esiti cardiometabolici era ancora un dato incerto (vedi notiziario marzo 2010 N°3).



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