Come agisce l’olio di pesce
Come riportato, gli acidi grassi ω-3 PUFA sono componenti essenziali della dieta e hanno un buon numero di azioni biologiche. Pur tuttavia, ancora oggi, pur intravedendosi un gran numero di loro effetti, non è ben nota la modalità con cui esercitano i benefici clinici.
Mozaffarian D e Wu JH dell’Harvard Medical School, Boston hanno di recente esaminato le evidenze disponibili in letteratura sugli effetti cardiovascolari del consumo degli acidi grassi n-3 polinsaturi (PUFA) (J Am Coll Cardiol. 2011 Nov 8;58(20):2047-67). Particolare attenzione è stata dedicata agli effetti di quelli a catena lunga dei frutti di mare, alle loro principali fonti alimentari, ai fattori di rischio potenziali, ai percorsi fisiologici molecolari e ai metaboliti bioattivi, agli specifici endpoint clinici e alle linee guida dietetiche esistenti.
Tenuto conto che le principali fonti alimentari degli ω-3 PUFA sono i pesci grassi e i frutti di mare, vi sono dati che dimostrano che il loro consumo riduce i trigliceridi plasmatici, la frequenza cardiaca a riposo e la pressione sanguigna. In via collaterale, potrebbe migliorare con essi anche il riempimento ventricolare del cuore e la sua efficienza, ma si potrebbe ancora ottenere pure una riduzione dell’infiammazione e un potenziamento della funzione vascolare. Studi sperimentali hanno, peraltro, dimostrato effetti diretti anti-aritmici, con dimostrazione di incidere in una miriade di percorsi molecolari. In studi prospettici osservazionali e clinici randomizzati, i benefici degli ω-3 PUFA sembrano più consistenti nei riguardi della mortalità coronarica e della morte cardiaca improvvisa. Gli effetti potenziali su altri outcome cardiovascolari sono, invece, meno ben definiti.
Vi sono, difatti, evidenze contrastanti di studi osservazionali randomizzati e/o sperimentali, riguardo agli effetti sull’infarto miocardico non fatale, sull’ictus ischemico, sulla fibrillazione atriale, sulle aritmie ventricolari ricorrenti e sull’insufficienza cardiaca. Lacune di ricerca comprendono l'importanza relativa dei diversi meccanismi fisiologici e molecolari e la precisione nei rapporti dose-risposte degli effetti fisiologici e clinici. Inoltre, permane incertezza se l'olio di pesce debba offrire tutti i vantaggi del consumo di pesce e sugli effetti clinici degli ω-3 PUFA di origine vegetale. Nel complesso, i dati attuali fornirebbero solide prove concordanti che questi nutrienti siano composti bioattivi che riducono il rischio di morte cardiaca, tanto che le linee guida nazionali e internazionali hanno registrato una convergenza su coerenti raccomandazioni per la popolazione generale di consumare almeno 250 mg / die di ω-3 PUFA a catena lunga, o almeno due porzioni a settimana di pesce grasso. Avrebbero, quindi, effetti anti-aritmici e di stabilizzazione di placca con il potenziale di migliorare la salute cardiovascolare e ridurre il rischio degli eventi clinici. Altre evidenze indirette porterebbero anche a riconoscere a questi acidi grassi la proprietà di ridurre il tasso di accorciamento dei telomeri, rallentando, così, l'invecchiamento biologico.
Nella pratica clinica la prescrizione degli ω-3 PUFA appare incostante. Vengono, difatti, prescritti nella maggior parte dei pazienti con post-infarto o in casi selezionati, come nel basso consumo di pesce nella dieta.
In effetti, s’incontra un certo numero di ostacoli alla loro prescrizione, come linee guida locali che la vietano nelle cure primarie o la scoraggiano per scarsa evidenza delle analisi di farmacodinamica di costo-efficacia, o per mancanza di campioni clinici, o ancora per scarsa percezione dei dati a sostegno della loro validità.
A parte tutto ciò, le raccomandazioni dietetiche per il maggiore consumo di pesce, dovrebbero continuare ed essere incoraggiate sulla base che, anche nell’incertezza dei meccanismi di azione degli acidi grassi ω-3 polinsaturi, ci sono dati convincenti che essi riducono il rischio di morte cardiaca.