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notiziario Luglio 2012 N°7 - NUTRIENTI E SALUTE COGNITIVO-MENTALE E CARDIOVASCOLARE - Acidi grassi omega-3 e salute mentale

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Indice
notiziario Luglio 2012 N°7 - NUTRIENTI E SALUTE COGNITIVO-MENTALE E CARDIOVASCOLARE
I meccanismi del cambiamento cognitivo legato all’età
Acidi grassi omega-3 e salute mentale
Acidi grassi ω-3 e salute materno-infantile
Rivalutazione delle evidenze degli acidi grassi ω-3 nelle malattie cardiovascolari
Come agisce l’olio di pesce
Aspetti nutrizionali e tossicologici del consumo dei frutti di mare
Consumo di pesce e depressione
Il pesce sulla tavola degli italiani
Fritture e rischio di malattia cardiovascolare
Valore nutritivo delle uova fritte
Paraoxonase 1 e cistatina C nuovi fattori di rischio cardiovascolare nel diabete di tipo 2
Ω-3 polinsaturi, pesce e infiammazione e attivazione endoteliale
Tutte le pagine

Acidi grassi omega-3 e salute mentale

Alcuni studi epidemiologici sulle popolazioni hanno suggerito l'associazione tra l’alto consumo di pesce e il minor rischio di danni alla salute, tra cui le malattie cardiovascolari, ampiamente studiate, e la demenza. In effetti, nella coorte originale del Framingham Study i soggetti con i più alti livelli di DHA (docosahexaenoic acid) presentavano anche una riduzione del 47% di tutte le cause di demenza e in particolare un rischio del 39% inferiore di sviluppo del morbo di Alzheimer. A tale proposito, è già stato riportato lo studio di Bayer-Carter nel notiziario del maggio 2012 (Arch Neurol. 2011;68(6):743-752).
Per loro conto, Sydenham E della London School of Hygiene & Tropical Medicine e collaboratori hanno eseguito una revisione della letteratura scientifica per valutare gli effetti della supplementazione degli ω-3 PUFA per la prevenzione della demenza e il declino cognitivo nelle persone anziane cognitivamente sane (Br J Nutr. 2012 Jun;107 Suppl 2:S152-8). Hanno, così, analizzato studi clinici controllati randomizzati d’intervento con ω-3 PUFA, comprendenti l'acido alfa linolenico (ALA) e due acidi grassi a catena più lunga, l'acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), per un minimo di sei mesi in persone di età dai sessanta anni e oltre, senza demenza o deficit cognitivo iniziali. Hanno, quindi, calcolato la differenza media (DM) o le differenze medie standardizzate (DMS) e gli intervalli di confidenza al 95% (IC) su un’intention-to-treat e riassunto narrativamente le informazioni sulla sicurezza e l’aderenza.
Per la revisione sono stati, quindi, selezionati dall’ALOIS (Cochrane Dementia and Cognitive Improvement's Specialized Register) tre studi di alta metodologia, sulla base del loro disegno randomizzato.
Le informazioni sulla funzione cognitiva all'inizio degli studi erano disponibili in 4.080 partecipanti randomizzati in tre trial. Alla fine del follow-up, i dati erano disponibili in 3.536 persone. In due degli studi i partecipanti hanno ricevuto capsule in gel con ω-3 PUFA (l'intervento) o con olio di oliva o di girasole (placebo) per sei o ventiquattro mesi. Nell’altro, i partecipanti hanno ricevuto crema di margarina per quaranta mesi. La margarina per il gruppo d’intervento conteneva, invece, ω-3 PUFA. Due studi avevano, come outcome primario, la salute cognitiva, il terzo le malattie cardiovascolari con in più la salute cognitiva. Nessuno degli studi esaminava l'effetto degli ω-3 PUFA sull’incidente di demenza. In due studi, che hanno coinvolto 3.221 partecipanti, al follow-up finale (24 o 40 mesi successivi d’intervento) non vi era alcuna differenza al punteggio della MMSE (Mini Mental State Examination) tra il gruppo degli ω-3 e quello del placebo [DM -0,07 (IC 95% da -0.25 a 0,10)]. Nei due studi con 1.043 partecipanti altri test delle funzioni cognitive, quali l'apprendimento della parola, il Digit Span, cioè la ripetizione di cifre in avanti e a rovescio, e la fluenza verbale non dimostravano alcun effetto benefico dalla supplementazione degli ω-3 PUFA. I partecipanti in entrambi i gruppi d’intervento e in quello di controllo non sperimentavano durante il trial nessun ancorché piccolo declino cognitivo. Il principale effetto collaterale riportato per gli ω-3 PUFA interessava solo lievi problemi gastrointestinali. Nel complesso, si riportavano minori eventi avversi in meno del 15% dei partecipanti e le relazioni tra i gruppi d’intervento erano ben bilanciate. L'adesione al completamento delle prove era in media superiore al 90%. Tutti e tre gli studi inclusi in questa revisione erano, peraltro, di alta  qualità metodologica. Secondo gli Autori, l’evidenza diretta degli effetti degli  ω-3 PUFA sull’incidenza della demenza sarebbe stata, quindi, carente. Le prove disponibili non avrebbero dimostrato alcun beneficio con la supplementazione sulla funzione cognitiva degli anziani cognitivamente sani. Pur tuttavia, questi acidi grassi erano stati generalmente ben tollerati.
Per il particolare rilievo d’interesse della revisione è d’uopo riportare succintamente di seguito i particolari salienti degli studi presi in considerazione.
Il primo dei Paesi Bassi di Van de Rest della Wageningen University e collaboratori su 302 anziani di sessantacinque anni e oltre, con età media di settanta anni, per il 55% maschi, assegnati in modo casuale a ricevere in un gruppo di novantasei persone alte dosi di 900 mg di ω-3 PUFA in sei capsule di gelatina molle (EPA 1093 mg + 847 mg di DHA) per un totale di 1800 mg/die, in un altro di 100 soggetti un basso dosaggio di 400 mg (EPA 226 mg + 176 mg di DHA) e nell’ultimo di 106 unità un’alta quantità di olio di girasole come placebo (Journal of the American Geriatrics Society, 2009, 57: 1481–1486). La QOL (quality of life) era valutata con la WHOQOL-BREF QOL (World Health Organization QOL questionnaire) riguardante quattro settori: la salute fisica, quella psicologica, le relazioni sociali e la soddisfazione con l'ambiente. La gamma di punteggio totale, con il valore più alta relativo alla condizione più favorevole, variava da ventisei a 130. Le concentrazioni plasmatiche di EPA-DHA erano aumentate del 238% nel gruppo ad alto dosaggio e del 51% in quello a basso, riflettendo, peraltro, un'adesione eccellente dei partecipanti. I punteggi medi di WHOQOL totale basale variavano da 107 a 110 nei tre gruppi e non erano significativamente differenti tra loro. Dopo ventisei settimane, la differenza media, rispetto al placebo, era -1,42 (intervallo di confidenza 95% (IC) = -3.40-0.57) per l'alta dose di olio di pesce e 0,02 (95% IC = -1.95-1.99) per la bassa. Dopo tredici o ventisei settimane d’intervento, il trattamento con 1800 o 400 mg di EPA-DHA non influiva sul totale QOL o su uno qualsiasi dei domini separati. Con tali risultati gli Autori concludevano che la supplementazione per ventisei settimane con le alte o basse dosi di olio di pesce non aveva influenzato la qualità della vita dei loro anziani sani.
Nel secondo studio Alan D Dangour della London School of Hygiene and Tropical Medicine, hanno arruolato in Inghilterra e Galles 867 adulti cognitivamente sani di età compresa tra i settanta e i settantanove anni, con età media di settantacinque, nel 55% uomini, assegnati in modo casuale in un trial in doppio cieco, controllato con capsule di 200 mg di EPA e 500 mg di DHA o di olio d'oliva il giorno per ventiquattro mesi. I partecipanti seguivano al basale e a ventiquattro mesi una batteria di test cognitivi, tra cui principalmente la CVLT (California Verbal Learning Test). L’86%, pari a 748 soggetti, ha completato lo studio con le analisi di covarianza dell’intention-to-treat, aggiustate per i punteggi cognitivi di base, per l’età, per il sesso e per il periodo d’istruzione. Gli abbandoni e le morti erano simili, sia nel gruppo attivo (n = 49 e n = 9, rispettivamente) sia in quello placebo (n = 53 e n = 8, rispettivamente). Le concentrazioni medie (±DS) sieriche di EPA e DHA a ventiquattro mesi erano significativamente più alte nel gruppo attivo, rispetto al braccio placebo (49,9 ± 2,7 mg EPA / L nel gruppo attivo rispetto al 39,1 ± 3,1 mg EPA / L nel braccio placebo; 95,6 ± 3,1 mg DHA / l nel braccio attivo rispetto al 70,7 ± 2,9 mg DHA / l nel braccio placebo). Non vi era alcun cambiamento nei punteggi delle funzioni cognitive oltre i ventiquattro mesi e l’intention-to-treat nella CVLT o in qualunque altro risultato cognitivo secondario non mostrava a ventiquattro mesi differenze significative tra i due gruppi. In conclusione, secondo gli Autori, oltre i ventiquattro mesi le funzioni cognitive non erano ridotte in ogni braccio di studio (Am J Clin Nutr June 2010 vol. 91 no. 6 1725-1732).
Johanna M. Geleijnse della Wageningen University e collaboratori, considerando l’effetto protettivo emerso dagli studi epidemiologici sul declino cognitivo degli acidi grassi n-3 EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) derivati dal pesce, sulla base della collaterale scarsa conoscenza sull’ALA (α-linolenico) delle fonti vegetali, hanno incluso per il confronto: acidi grassi ω-3 e malattie cardiovascolari nell’analisi Alpha Omega Trial, in doppio cieco controllato con placebo, 2.911 pazienti con infarto del miocardio degli ultimi dieci anni, nel 78% uomini di età compresa tra i sessanta e gli ottanta anni, (The Journal of the Alzheimer's Association Volume 8, Issue 4 , Pages 278-287, July 2012). Utilizzando il disegno fattoriale 2 × 2, i pazienti erano randomizzati per quaranta mesi a margarina con 400 mg / die di EPA-DHA (rapporto 3:2), 2 g / die di ALA, sia EPA-DHA e ALA, o placebo. La funzione cognitiva era valutata mediante il MMSE (Mini-Mental State Examination) al basale e dopo i quaranta mesi. L'effetto degli acidi grassi ω-3 sul cambiamento dei punteggi MMSE era valutato mediante analisi della varianza. L'analisi di regressione logistica era utilizzata per esaminare gli effetti sul rischio dell'incidenza di demenza o del declino cognitivo, definito come una diminuzione di tre o più punti nel punteggio MMSE. I pazienti nei gruppi di trattamento attivo ricevevano un apporto aggiuntivo di 384 mg di EPA-DHA, di 1,9 g di ALA o di entrambi. Il punteggio MMSE complessivo in questa coorte era 28,3 ± 1,6 punti con calo di 0,67 ± 2,25 nel corso del follow-up. Le variazioni del punteggio MMSE durante l'intervento non erano significativamente differenti tra EPA-DHA e placebo (-0.65 vs -0.69 punti, P = .44) o tra ALA e placebo (-0.60 vs -0.74 punti, P = .12). Il rischio di declino cognitivo era 1.03 (intervallo di confidenza 95%: 0,84-1,26, P = .80) per l'EPA-DHA (vs placebo) e 0,90 (0,74-1,10, P = 0,31) per l'ALA (vs placebo).
In conclusione, questo studio d’intervento di grandi dimensioni non mostrava nessun effetto a livello globale delle dosi alimentari degli acidi grassi ω-3 sul declino cognitivo nei pazienti con malattia coronarica.
A conclusione definitiva di quanto riportato, nessuno dei tre studi ha rivelato cambiamenti sostanziali nelle funzioni cognitive, nonostante un tasso di aderenza terapeutica del 99%. Difatti, per le prove del richiamo verbale immediato e ritardato le differenze medie standardizzate per l'intervento degli ω-3 PUFA erano 0,01 (95% IC, -0,11 a 0,14) e -0,04 (95% IC, -0,16 a 0,09), rispettivamente. Per quanto riguarda i test di fluidità verbale, la differenza media standardizzata era 0,06 (95% IC, -0,06 a 0,18).
Nel digit span, test utilizzato per misurare la capacità di memoria ripetendo avanti e indietro una serie di numeri, c’erano differenze medie di 0,03 (95% IC, -0,25 a 0,31) e 0,12 (95% IC, -0,12 a 0,36), rispettivamente.
Dal loro canto, Zaldy S. Tan dell’University of California, Los Angeles e collaboratori hanno voluto verificare se i livelli di acidi grassi omega-3 nei globuli rossi, che ne riflettono maggiormente l’esposizione, potessero avere un effetto sull’invecchiamento strutturale e cognitivo del cervello all’età medio tardiva della loro vita in soggetti non dementi dell’originale coorte dello studio Framingham (Neurology. 2012;78:658-664). I ricercatori hanno, così, correlato i livelli di DHA (docosahexaenoic acid) ed EPA (eicosapentaenoic acid) eritrocitari di 1.575 persone, di età media di sessantasette anni, di cui 854 donne, con le prestazioni standard dei test cognitivi e con le scansioni volumetriche della risonanza magnetica del cervello. Gli studiosi hanno eseguito aggiustamenti seriali per età, sesso e istruzione, secondo un modello A come primario, un altro B per l’APOE ε4 e per l’omocisteina plasmatica, uno C per l'attività fisica e l’indice di massa corporea e infine uno D per i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. I pazienti, con livelli di DHA nei globuli rossi nel più basso quartile rispetto agli altri Q2-4, avevano un volume totale del cervello inferiore e volumi maggiori d’iperintensità di materia bianca (per il modello A: β ± SE = -0,49 ± 0,19, p = 0,009, e 0,12 ± 0,06, p = 0,049, rispettivamente), con persistenza dei dati anche all'analisi multivariata. Peraltro, i partecipanti con minori livelli di DHA e d’indice ω-3 (DHA + EPA dei globuli rossi) (Q1-Q2 vs 4) avevano punteggi più bassi nei test di memoria visiva (β ± SE = -0,47 ± 0,18, p = 0,008), di funzione esecutiva (β ± SE = -0,07 ± 0,03, p = 0,004) e del pensiero astratto (β ± SE = -0,52 ± 0,18, p = 0,004) nel modello A, rimanendo i risultati significativi in tutti i modelli.



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