I meccanismi del cambiamento cognitivo legato all’età
Numerosi studi sono ormai dedicati all’esplorazione dei meccanismi che determinano le malattie cardiovascolari e neurodegenerative e complessivamente alla progressiva senescenza con il suo inesorabile declino delle funzioni. Pur tuttavia, la vita comune e la letteratura scientifica offrono ridondanza di esempi d’individui che invecchiano in salute senza subire un rapido declino delle loro capacità cognitive e cardiovascolari. Comunque, quando presenti, queste menomazioni sono spesso precedute da infezioni, interventi chirurgici, o lesioni, a dimostrazione ultima che il cervello e l’apparato cardiovascolare dell’anziano sono particolarmente vulnerabili. Di certo, questi processi s’intrecciano attraverso percorsi metabolici multipli, ma la natura delle loro potenziali interazioni nel modulare l'invecchiamento funzionale, soprattutto cognitivo, resta ancora difficile da chiarire nella sua complessità. L'invecchiamento può innescare, in effetti, come per il processo aterosclerotico, il rilascio di citochine proinfiammatorie dalla microglia del cervello che, se prolungato in risposta a lesioni o infezioni, può provocare danni o morte dei neuroni invecchiati. Inoltre, le citochine in eccesso possono interferire con l'attivazione dei geni immediati precoci, compromettendo la memoria.
D’altro canto, lo stress ossidativo tende a compromettere l’equilibrio di molecole importanti per la funzione cognitiva. A tal proposito gli NMDA (N-Methyl-D-Aspartate), recettori ionotropici postsinaptici dell'acido glutammico, importanti per il potenziamento a lungo termine sembrano particolarmente sensibili a questo effetto. Sorprendentemente, molti degli effetti dell'invecchiamento possono essere alleviati da un agente riducente, suggerendo la loro reversibilità.
Il ruolo dell’insulina e quello dell’insulino-resistenza sul sistema cardiovascolare sono oggi giorno ben noti. Sul decadimento cognitivo legato all'età e sulla malattia di Alzheimer gli stessi sono stati anche studiati attentamente. In particolare, l’insulinoresistenza comporta un’alterazione del metabolismo del glucosio cerebrale, una ridotta clearance della beta-amiloide, un’aumentata infiammazione e, quindi, una disfunzione cognitiva. Al contrario, gli interventi che migliorano la sensibilità all'insulina, come l'esercizio fisico e alcuni fattori dietetici e farmacologici, hanno dimostrato una protezione nei confronti della disfunzione cognitiva e dell’Alzheimer.
Yaffe K dell’University of California e collaboratori, proprio in conformità a diversi, precedenti studi sul possibile ruolo dei fattori di rischio cardiovascolare nel determinismo dell’invecchiamento cognitivo e della particolare prevalenza della sindrome metabolica negli anziani, hanno inteso verificare nelle donne di tarda età l'associazione di quest’ultima con la compromissione cognitiva (Arch Neurol. 2009 Mar;66(3):324-8).
Lo studio è stato condotto presso 180 centri clinici in venticinque paesi per un totale di 4.895 anziane di età media di 66.2 anni, con osteoporosi ma senza compromissione cognitiva. In un totale di 497 donne, il 10,2%, con sindrome metabolica trentasei, il 7,2%, sviluppavano il deterioramento cognitivo rispetto alle 181, pari al 4,1% su 4.398 senza la sindrome (odds ratio aggiustata per età, 1,66; intervallo di confidenza al 95%, 1,14-2,41). Il numero medio (SD) delle componenti della sindrome metabolica per tutte le donne era di 1,0 (1,1); 518, il 10,6%, erano obese, 895, il 18,3%, ipertrigliceridemiche, 1.200, il 24,5%, avevano basse HDL, 1.944, il 39,7%, l’ipertensione e 381, il 7,8%, l’iperglicemia a digiuno. L’aumento del rischio aggiustato per l’età di sviluppare il decadimento cognitivo era 23,0% (odds ratio, 1.23; intervallo di confidenza al 95%, 1,09-1,39) per ogni unità di aumento del numero delle componenti. L’ulteriore aggiustamento multivariato riduceva di poco l'effetto. In conclusione, secondo gli Autori, lo studio rivelava nelle donne anziane l'associazione tra la sindrome metabolica e il numero delle sue componenti con il rischio di sviluppare decadimento cognitivo.
Per loro conto, Suzanne Craft dell’University of Washington e collaboratori, sulla base della crescente evidenza della ricerca di base e degli studi epidemiologici sull'uomo, secondo cui le anomalie dell’infiammazione, dello stress ossidativo e del metabolismo si sono viste in associazione con il declino cognitivo e la perdita delle funzioni dell’invecchiamento, hanno voluto riassumere i dati della letteratura scientifica nei meriti (J Gerontol A Biol Sci Med Sci (2012) 67 (7): 754-759). Hanno, così, presentato le evidenze contestuali, tracciando i ruoli dei processi e i percorsi in materia del declino cognitivo correlato all’età, indicando anche i possibili obiettivi d'intervento negli anziani dementi. Gli Autori hanno discusso anche di argomenti specifici, riguardanti ad esempio le differenze nella produzione delle citochine con l’età a seguito di una lesione o di un'infezione, i meccanismi alla base delle variazioni indotte dallo stress ossidativo dell'area di consolidamento della memoria, gli effetti di segnalazione e di memoria dell'insulina sul cervello e l'associazione tra la sindrome metabolica e il declino cognitivo negli anziani. Queste segnalazioni sottolineano i progressi nella comprensione attuale dei meccanismi e dei modificatori del declino cognitivo correlato all’età e forniscono una visione degli obiettivi potenziali per promuovere la salute cognitiva nella popolazione più anziana.