Effetti razziali delle integrazioni di vit. “D” nel DM2
Considerando che in USA la prevalenza del diabete di tipo 2, indipendentemente dall’obesità e da altri fattori noti confondenti, risulta più elevata tra gli afro-americani (AA) rispetto ai soggetti di origine europea (AE), ritenendola ipovitaminosi “D” una possibile causa di tale condizione, Alvarez JA e coll. dell’University of Alabama a Birmingham, hanno voluto condurre uno studio di verifica dell'ipotesi di un massiccio miglioramento della sensibilità all'insulina con la vitamina “D” nella dieta (Nutrition & Metabolism2010, 7:28).
Gli AA hanno, pertanto, studiato 115 afro-americane e 137 americane europee sane, in premenopausa, rilevando un’associazione positiva tra vitamina e SI (beta standardizzato = 0.18, P = 0,05) e inversa con l’HOMA-IR (beta standardizzato = -0,26, P = 0,007) nelle AA, indipendentemente all’età, grasso corporeo totale, assunzione di energia e kcal% dai grassi.
Al contrario la Vitamina “D” non risultava significativamente associata con gli indici di sensibilità all'insulina/resistenza nelle EA (beta standardizzato = 0.03, P = 0,74 e standardizzato beta = 0.02, P = 0.85 per il SI e HOMA-IR, rispettivamente). Analogamente alla vitamina il calcio nella dieta appariva associato con SI e HOMA-IR nelle AA, ma non nelle EA. Pertanto questo studio sembra fornire nuovi risultati sul valore della vitamina “D” e del calcio nella dieta come fattori indipendenti per la sensibilità all'insulina nei diversi gruppi etnici.