Rischio di diabete e livelli di vit. “D”
Pittas AG e coll. in una più recente revisione sistematica della letteratura sull’argomento (Ann Intern Med. 2010 Mar 2;152(5):307-14) hanno selezionato 13 studi osservazionali (14 coorti) e 18 trial randomizzati. Tre su sei analisi (da 4 diverse coorti) hanno riportato un più basso rischio d’incidente di diabete nel più alto verso il più basso stato di vitamina “D”. Tuttavia, nessuno degli studi controllati ha rilevato alcun effetto nell’integrazione di vitamina D. Otto, invece, non hanno rilevato alcun effetto della vitamina sulla glicemia o sull’incidenza di diabete. Nella metanalisi di 3 coorti, la bassa concentrazione di 25-idrossivitamina-D si è associata all’ipertensione (rischio relativo, 1.8 [IC 95%, 1,3-2,4]. In altra metanalisi di 10 studi la supplementazione di vitamina non ha significativamente ridotto la pressione arteriosa sistolica (differenza media ponderata -1,9 mm Hg [IC, -4,2 a 0,4 mm Hg]) e non ha prodotto effetti sulla pressione arteriosa diastolica (differenza media ponderata -0,1 mm Hg [IC, -0,7 a 0,5 mm Hg]. D’altra parte, la bassa concentrazione di 25-idrossivitamina “D” si è associata con l’incidente di malattia cardiovascolare in 5 su 7 analisi (6 coorti), mentre 4 studi non hanno rilevato effetti della supplementazione sui risultati cardiovascolari. Da notare, però, che i trial includevano principalmente partecipanti di razza bianca e quelli osservazionali erano eterogenei e che diversi riportavano analisi post hoc. Tale revisione permette di concludere che l'associazione tra vitamina “D” ed effetti cardiometabolici è incerta.