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notiziario Settembre 2013 N.8 ALIMENTAZIONE E SALUTE: L’ACIDO LINOLEICO CONIUGATO - Acido linoleico coniugato e cancro al seno

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Indice
notiziario Settembre 2013 N.8 ALIMENTAZIONE E SALUTE: L’ACIDO LINOLEICO CONIUGATO
Proprietà del CLA (acido linoleico coniugato)
Le fonti dell’acido linoleico coniugato
Effetti generali dell’acido linoleico coniugato sulla salute
Acido linoleico coniugato, infiammazione e obesità
Acido linoleico coniugato e aterosclerosi cardiovascolare
Acido linoleico coniugato e malattie infiammatorie intestinali
Acido linoleico coniugato e cancro
Acido linoleico coniugato e cancro al seno
Acido linoleico coniugato e cancro al colon - retto
CLA ed epatoma umano
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Acido linoleico coniugato e cancro al seno

Una considerevole quantità di ricerche è stata dedicata agli effetti del CLA con diverse linee cellulari del carcinoma mammario. Questa neoplasia è, invero, il tumore più diffuso nelle donne dei paesi in via di sviluppo per le quali i prodotti alimentari dei ruminanti, come fonte naturale principale del CLA, rappresenterebbero un mezzo di grande impatto sulla salute. Numerosi studi, difatti, hanno riportato negli animali e nell'uomo una diminuzione della formazione dei tumori e della loro crescita con il CLA. Studi sui ratti hanno anche indicato che il CLA durante lo sviluppo mammario riduce il rischio di crescita del tumore e che la supplementazione può permettere un mezzo di protezione a lungo termine. Da notare, peraltro, che nella donna il 75% dei tumori al seno sono recettori positivi dell'estrogeno α (ERa). Tutto ciò comporta che gli estrogeni aumentano la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali. Tuttavia, a una dose terapeutica giornaliera di 10-80qm, si è dimostrato che il CLA inibisce la crescita delle cellule stimolate dall’estrogeno, forse regolando l'espressione del recettore. Peraltro, il CLA può indurre l'apoptosi delle linee cellulari ERa (+) MCF-7. Questi effetti anti-estrogenici del CLA sono più probabilmente attribuibili alla diminuita espressione del Bcl-2, una proteina antiapoptotica che aumenta la sua espressione con l’aumento degli estrogeni.
Peraltro, è stato dimostrato che la maggior parte delle linee di cellule del cancro al seno presenta una notevole espressione degli enzimi di sintesi degli acidi grassi, dipendendo da essi per la loro crescita e sopravvivenza. L’inibizione della sintesi, sia degli acidi grassi sia dell’assorbimento cellulare di essi, può condizionare questi processi, producendo un maggiore effetto antiproliferativo in vitro. Questa dipendenza dagli acidi grassi può, quindi, aprire nuovi orizzonti per la terapia. Pur tuttavia, anche se l'obesità è stata associata a un aumento d’incidenza del cancro al seno con prognosi più sfavorevole, gli studi interventistici finora compiuti non hanno rivelato un vantaggio di sopravvivenza da una dieta a basso contenuto di grassi per le pazienti di cancro al seno.
Il CLA comprende un gruppo di acidi con diciotto di carbonio, bi-insaturi della carne e del latte dei ruminanti, commercializzati anche come un nutraceutico per la perdita del peso. Esso ha mostrato effetti antitumorali in modelli preclinici di cancro mammario, sia in vivo sia in vitro.
Laura E Voorrips della Maastricht University, Netherlands e collaboratori, in ragione della scarsa evidenza epidemiologica dell’associazione tra l'acido linoleico coniugato (CLA) e il cancro al seno nell’uomo, hanno voluto compiere uno studio nei meriti nel Netherlands Cohort Study (Am J Clin Nutr October 2002 vol. 76 no. 4 873-882). Gli Autori hanno, così, collegato i dati dell’alimentazione, derivati ​​da un convalidato questionario di frequenza alimentare, con un database esistente di dati analitici sugli acidi grassi specifici ai prodotti alimentari europei dello studio TRANSFAIR. Si seguiva un follow-up di 6,3 anni in cui si verificavano 941 casi di cancro al seno in postmenopausa. Le rate ratio multivariate e gli IC 95% (intervalli di confidenza al 95%) erano calcolati per le aggiustate assunzioni d'energia da acidi grassi e i gruppi di alimenti contenenti CLA (ad esempio, burro, formaggio, latte, prodotti lattiero-caseari e carne). L'assunzione di CLA dimostrava una debole relazione positiva con l'incidenza del cancro al seno (rate ratio per il più alto quintile rispetto al più basso: 1,24, IC 95%: 0,91, 1,69; p per trend = 0.02). Statisticamente si riscontravano significative associazioni positive con il totale degli acidi grassi trans e in borderline con quelli saturi. Associazioni inverse significative si rilevavano con gli acidi grassi insaturi, con i monoinsaturi e con i cis. Invece, il totale dei grassi e l'apporto energetico dei gruppi di alimenti contenenti CLA non erano collegati con l'incidenza del cancro al seno.
            In conclusione, la proprietà antitumorale, suggerita per il CLA dai modelli di coltura dei tessuti animali, negli esseri umani non sarebbe potuta essere confermata da questo studio epidemiologico.
            Susanna C Larsson del Karolinska Institutet, Stockholm – Sweden e collaboratori, con l'obiettivo di esaminare in modo prospettico l'associazione tra assunzione di CLA e l'incidenza del carcinoma mammario invasivo nella Swedish Mammography Cohort nel periodo 1987-1990, hanno esaminato 61.433 donne senza cancro che avevano compilato un questionario di frequenza alimentare da cui hanno stimato l'assunzione di CLA di ogni soggetto (Am J Clin Nutr September 2009 vol. 90 no. 3 556-560). Gli Autori hanno utilizzato i modelli proporzionali di Cox per stimare i rischi relativi corretti per i fattori di rischio del cancro al seno. Nel corso di un follow-up medio di 17,4 anni si accertavano 2.952 casi di cancro al seno.

All'analisi multivariata non si osservava alcuna associazione significativa tra l'assunzione del CLA nella dieta e il rischio del cancro al seno in ogni caso o nelle condizioni di recettorialità per gli estrogeni (ER) e del progesterone (PR). I rischi relativi multivariati (IC 95%) per il quintile più alto di assunzione di CLA (≥ 155.7 mg / die) rispetto al quintile più basso (<78,1 mg / die) erano per il tumore al seno 1,04 (0,92, 1,17) complessivamente, 1,09 (0,90, 1,31) per gli ER + / PR +, 1,09 (0,78, 1,53) per gli ER + / PR- e 0,84 (0,57, 1,24) per gli ER-/PR-.
            In conclusione, i risultati, secondo gli Autori, non fornivano nelle donne alcuna prova di un effetto protettivo del CLA contro lo sviluppo del cancro al seno.
            Sandra L. Rodriguez dell’University of Maryland, USA e collaboratori hanno ipotizzato che gli effetti del trans-10, cis-12 CLA nel tessuto mammario non fossero limitati ai percorsi del metabolismo lipidico e che, quindi, potessero coinvolgere altre reti funzionali, come quanto osservato nel tessuto adiposo. Su tale premessa gli Autori si sono posti l'obiettivo specifico di usare il microarray e la bioinformatica per caratterizzare le reti geniche nella mammella e nel fegato, sensibili al supplemento del trans-10, cis-12 CLA durante l'allattamento dei topi (Journal of LipidsVolume 2013 (2013), Article ID 890343, 16 pages). Le premesse indicavano che il trans-10, cis-12-CLA esogeno riduceva la sintesi dei lipidi nel tessuto adiposo e nella ghiandola mammaria (MG) dei topi. Tuttavia, non erano note le alterazioni genomiche nella MG e nel fegato (LIV) associate al CLA della dieta durante l'allattamento. Gli Autori hanno, così, alimentato cinque topi di controllo tra il 6° e il 10° giorno dopo il parto e altri con aggiunta di trans-10, cis-12 CLA (37 mg / die). Si utilizzavano la microarray 35.302 MEEBO (Mouse Exonic Evidence Based Oligonucleotide) e la RT-PCR quantitativa per la trascrizione dei profili. La concentrazione del grasso del latte era inferiore del 44% al 10° giorno contro quella del 6° a causa del CLA. La dieta con CLA provocava l'espressione differenziale di 1.496 geni. L’analisi bioinformatica rilevava che un effetto importante del CLA sulla MG comprendeva le alterazioni delle vie di segnalazione cellulare e della biosintesi delle specie fosfolipidiche. Il CLA dietetico induceva geni legati all’ER stress (XBP1), all’apoptosi (Bcl2) e all’infiammazione (ORM1, SAA2, e Cp). Induceva anche una marcata inibizione della segnalazione PPAR, inclusa la down-regulation del Pparg, dello Srebf1 e di diversi geni bersaglio lipogenici (SCD, FASN, e GPAM). Nel LIV il CLA induceva steatosi, probabilmente attraverso perturbazioni nelle funzioni mitocondriali e induzione dell’ER stress.
            Nel complesso, i risultati di questo studio ponevano l’accento sul ruolo della segnalazione dei PPAR sulla regolamentazione mammaria dei bersagli lipogenici.       Gli Autori concludevano, pertanto, che l'effetto pro-infiammatorio, dovuto al CLA, sarebbe potuto essere correlato all’inibizione della segnalazione PPAR.
McGowan MM della Geisel School of Medicine at Dartmouth, Lebanon – USA e collaboratori, proprio basandosi sugli effetti antitumorali del CLA in modelli preclinici e avendo già dimostrato in vitro che questo può essere attribuito alla soppressione della sintesi degli acidi grassi (FA), hanno voluto testare l'ipotesi che la sua somministrazione nelle pazienti con cancro mammario avrebbe inibito l’espressione dei marcatori legati alla sintesi degli stessi FA nel tessuto tumorale, sopprimendo la proliferazione delle cellule neoplastiche (Breast Cancer Res Treat. 2013 Feb;138(1):175-83). Per questo gli Autori hanno arruolato donne con carcinoma mammario in stadio I-III in uno studio in aperto, trattandole con 7,5 g / die di CLA (1:1 mix d’isomeri di 9c, 11t e 10t, 12c) per dieci o più giorni prima dell'intervento. Le concentrazioni plasmatiche a digiuno di CLA prima e dopo la somministrazione e i campioni di pre / post CLA tumorali erano esaminate mediante immunoistochimica per Spot 14 (S14), un modulatore della sintesi degli FA, della FASN (FA synthase), enzima della sintesi FA, e della LPL (lipoprotein lipase), enzima che permette l’assorbimento degli FA. I tumori erano anche analizzati per l'espressione del Ki-67, indice di proliferazione cellulare, e i prodotti di clivaggio caspase-3. Completavano il trattamento ventiquattro donne e ventitré erano i tumori valutabili per l'endpoint primario. La durata media della terapia con CLA era di dodici giorni, senza riscontro di alcuna tossicità significativa. I punteggi dell’espressione dello S14 diminuivano (p = 0.003) dopo la somministrazione del CLA. Non si osservava nessuna variazione significativa nell’espressione della FASN o della LPL. I punteggi Ki-67 diminuivano lo stesso (p = 0,029), mentre i prodotti di clivaggio caspase-3 rimanevano inalterati. Peraltro, nell’atto chirurgico le riduzioni dello S14 o dei Ki-67 non correlavano con le concentrazioni plasmatiche del CLA a digiuno. L’espressione dello S14 del tumore mammario, ma non quella della FASN o della LPL, era diminuita dopo un breve ciclo di trattamento con 7,5 g / die di CLA.
In conclusione, tutto questo era accompagnato da una riduzione dell’indice di proliferazione. Peraltro, il consumo del CLA a questa dose era ben tollerato e sicuro fino a venti giorni. Complessivamente il CLA, secondo gli Autori, si configurava come un composto prototipo per indirizzare la sintesi degli acidi grassi nel cancro al seno con un "fenotipo lipogenico".
El Roz A dell’Institut Universitaire Mer et Littoral Nantes, France e collaboratori, sulla base che l’isomero CLA t9, t11 era stato recentemente proposto come un agonista del fattore trascrizionale LXR, noto per indurre i geni implicati nell’efflusso del colesterolo, hanno voluto studiare l'effetto inibitorio della crescita di tre isomeri del CLA (c9, t11-CLA, T9, T11-CLA e t10, c12-CLA) sulle cellule di cancro al seno umano, positive al recettore dell'estrogeno (ER) MCF- 7, come pure il loro effetto sui geni bersaglio dello LXR (Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids. 2013 Apr;88(4):265-72). I risultati rivelavano che il t9, t11 CLA era l'isomero più efficiente, diminuendo la proliferazione delle MCF-7, inibendo la loro migrazione e inducendo l’apoptosi dopo ventiquattro ore di trattamento. Il trattamento con il t9, t11-CLA portava a un aumento dei livelli dello mRNA dei geni bersaglio dello LXR, coinvolti nell’efflusso del colesterolo (ABCG1 e ARL7), nonché a un aumento della HMG-CoA reduttasi, fattore limitante della biosintesi del colesterolo. Peraltro, l'analisi alla microscopia confocale dimostrava che il trattamento con il t9, t11-CLA riduceva notevolmente i livelli del colesterolo intracellulare e di quello associato alla membrana. Ancora, l’attivazione dello LXR attraverso l’isomero t9, t11 CLA avrebbe potuto portare alla privazione cellulare del colesterolo stimolando il suo efflusso, provocando, in tal modo, l'inibizione della proliferazione cellulare e la stimolazione dell'apoptosi.
Dal loro canto, Ju-Sheng Zheng della Zhejiang University, Hangzhou China e collaboratori, per valutare l'associazione tra l’assunzione di pesce e degli n- 3 PUFA (n-3 polyunsaturated fatty acids) con il rischio di cancro al seno e per determinare la relazione dose-risposta potenziale, hanno condotto una metanalisi con revisione sistematica degli studi prospettici di coorte (BMJ 2013;346:f3706). Gli Autori hanno, così, selezionato, fino al dicembre 2012, ventisei pubblicazioni in cui erano eleggibili 20.905 casi di cancro al seno su 883.585 partecipanti provenienti da ventuno studi prospettici di coorte indipendenti. Undici articoli con 13.323 eventi di cancro al seno su 687.770 partecipanti avevano esaminato l'assunzione di pesce. Diciassette avevano indagato gli n- 3 PUFA marini con 16.178 eventi e 527.392 partecipanti e dodici l’acido alfa linolenico con quattordici. 284 eventi e 405.592 partecipanti. Gli n- 3 PUFA marini correlavano con una riduzione del 14% del rischio di cancro al seno (rischio relativo per la massima vs la più bassa categoria equivalente a 0.86 (intervallo di confidenza 95 % = 0,78-0,94 ), I2 = 54). Il rischio relativo rimaneva simile se gli n- 3 PUFA marini erano misurati come apporto alimentare (0,85, 0,76-0,96, I2 = 67%) o come biomarcatori tissutali (0,86, 0,71-1,03, I2 = 8 %). L'analisi dei sottogruppi indicava anche che l'associazione inversa tra gli n- 3 PUFA marini e il rischio era più evidente negli studi che non avevano adeguato i valori per l'indice di massa corporea (BMI) (0,74, 0,64-0,86, I2 = 0), rispetto a quelli che l’avevano fatto (0,90, 0,80-1,01, I2 = 63,2 %). L’analisi dose-risposta indicava, infine, che il rischio del cancro al seno era ridotto del 5% per ogni 0,1 g/die (0,95, 0,90-1,00, I2 = 52 %) o per lo 0,1 % di energia / giorno (0,95, 0,90-1,00, I2 = 79 %) d’incremento di assunzione alimentare degli n-3 PUFA marini. Nessuna associazione significativa si osservava per l'assunzione di pesce o di esposizione all’acido alfa-linolenico.
In conclusione, il maggior consumo alimentare di n-3 PUFA marini si associava a un minor rischio del cancro al seno. Le associazioni di assunzione di pesce e di acido alfa linolenico con il rischio del cancro, secondo gli Autori, avrebbero richiesto ulteriori studi prospettici di coorte. Comunque, per quanto riguarda la prevenzione del tumore al seno attraverso interventi dietetici e stile di vita, questi risultati avrebbero potuto sempre avere implicazioni per la salute pubblica.
            Nel complesso, gli studi epidemiologico/clinici non hanno stabilito un definitivo legame fra assunzione del CLA di origine animale, presenza del CLA nel tessuto adiposo mammario e il rischio del cancro al seno. Non è, però, da escludere che un consumo della sostanza in concentrazioni elevate, rispetto a quelle derivate dai normali prodotti lattiero-caseari o carnei, possa avere effetti benefici. Ciò è molto importante se si considerano i risultati positivi osservati negli animali e in studi in vitro con le linee cellulari del cancro con concentrazioni relativamente più alte di questi acidi grassi. Pertanto, una conclusione univoca è ancora difficile per definire la relazione tra l’assunzione del CLA, del contenuto di CLA nel tessuto adiposo e il rischio del cancro mammario. A tale proposito gli studiosi stimolano ulteriori ricerche, anche utilizzando i supplementi di CLA con ben definiti isomeri, concentrazioni e metodologia di ricerca.



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