Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2013 notiziario Settembre 2013 N.8 ALIMENTAZIONE E SALUTE: L’ACIDO LINOLEICO CONIUGATO - Acido linoleico coniugato e malattie infiammatorie intestinali

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notiziario Settembre 2013 N.8 ALIMENTAZIONE E SALUTE: L’ACIDO LINOLEICO CONIUGATO - Acido linoleico coniugato e malattie infiammatorie intestinali

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Indice
notiziario Settembre 2013 N.8 ALIMENTAZIONE E SALUTE: L’ACIDO LINOLEICO CONIUGATO
Proprietà del CLA (acido linoleico coniugato)
Le fonti dell’acido linoleico coniugato
Effetti generali dell’acido linoleico coniugato sulla salute
Acido linoleico coniugato, infiammazione e obesità
Acido linoleico coniugato e aterosclerosi cardiovascolare
Acido linoleico coniugato e malattie infiammatorie intestinali
Acido linoleico coniugato e cancro
Acido linoleico coniugato e cancro al seno
Acido linoleico coniugato e cancro al colon - retto
CLA ed epatoma umano
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Acido linoleico coniugato e malattie infiammatorie intestinali

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono patologie immunomediate a eziologia sconosciuta, caratterizzate da un’infiammazione cronica e incontrollata della mucosa intestinale. Le due principali forme cliniche sono la malattia di Crohn (MC) e la colite ulcerosa (CU). Le terapie correnti migliorano le condizioni del malato tanto da indurre e mantenere la remissione clinica, ma non possono considerarsi ottimali per la gestione a lungo termine della malattia a causa dei loro significativi effetti avversi collaterali. Così, la ricerca di nuovi approcci per prevenire queste malattie costituisce un attuale obiettivo importante della medicina. A tale proposito, si è rivolta l’attenzione alla particolare flora dell'intestino umano adulto, composta di circa 100 trilioni di organismi microbici, e alla possibile modulazione dell'induzione delle risposte immunitarie con i cambiamenti nella sua composizione. Su tale base si è indotta l’esplorazione di manipolare la composizione batterica intestinale con i batteri probiotici per la produzione di metaboliti locali per l'intervento terapeutico contro la malattia infiammatoria intestinale. Pur tuttavia, i meccanismi di azione alla base degli effetti immunoregolatori dei probiotici e dei loro metaboliti chiave sulla mucosa intestinale non sono completamente compresi. In effetti, le popolazioni microbiche intestinali possono sintetizzare una vasta gamma di molecole lipidiche che variano in struttura chimica dagli SCFA (short chain fatty acids), quali il butirrato, l’acetato e il propionato, ai PUFA (polyunsaturated fatty acids), coinvolti nella regolazione dell'apoptosi e della risposta immunitaria. In tale contesto sono inclusi gli isomeri del CLA (conjugated linoleic acid) e del CLNA (conjugated linolenic acid). È, peraltro, interessante come il CLA, l’acido punicico ed eleostearico abbiano ricevuto in tale ordine di studi una certa attenzione per il trattamento della colite ulcerosa e del cancro a essa associato. Ceppi di Bifidobacterium breve, uno di B. bifidum e uno di B. pseudolongum producono isomeri di CLA e di CLNA in vitro, a partire rispettivamente dall’acido linoleico o dall’acido alfa - linoleico. Tuttavia, non vi è alcuna evidenza della produzione di CLA in vivo dai batteri probiotici nell'intestino. Comunque, i ceppi batterici produttori di CLA sono stati trovati in una miscela nota come probiotico VSL # 3, dimostratasi efficace nei pazienti con colite ulcerosa, pouchite e in modelli animali di colite. Ai batteri probiotici del VSL # 3 è riconosciuta la proprietà di regolare l'equilibrio microbico intestinale con la sintesi di sostanze antibatteriche, come i lantibiotici, e altre batteriocine, come i composti in competizione con gli agenti patogeni che impediscono la loro aderenza alle cellule epiteliali intestinali, che sopprimono l'infiammazione locale, che sovraregolano le citochine antinfiammatorie, come l’IL -10, che favoriscono l'espansione delle cellule regolatorie mucose durante la pouchite ileale e che sottoregolano la produzione guidata dallo LPS – dell’IL - 8, del TNF- α e dell’IFN - γ.
            Cristiano Pagnini dell’University of Virginia Health System, Charlottesville, VA e collaboratori hanno dimostrato che la formulazione multipla del probiotico VSL # 3 preveniva l'insorgenza dell’infiammazione intestinale per la stimolazione locale delle risposte immuni innate epiteliali, aumentando la produzione del TNF-derivato epiteliale-α e ripristinando, così, la funzione della barriera epiteliale in vivo (Proc Natl Acad Sci U S A. 2010 January 5; 107(1): 454–459). Gli Autori dimostravano anche che i batteri probiotici stimolavano in vitro la produzione epiteliale del TNF-α e l’attivazione del NF-kB. Secondo tali risultati, i ricercatori ritenevano di supportare l'ipotesi che i probiotici potevano promuovere la salute intestinale attraverso la stimolazione, piuttosto che la soppressione del sistema immunitario innato. Inoltre, si forniva la prospettiva che i difetti dell’immunità innata potevano giocare un ruolo critico nella patogenesi e nella progressione dei disturbi intestinali, come la malattia infiammatoria intestinale.
            Dal loro canto, Josep Bassaganya-Riera della Virginia Bioinformatics Institute, United States of America e collaboratori hanno seguito l’obiettivo di studiare i meccanismi cellulari e molecolari alla base dell'efficacia anti-infiammatoria dei batteri probiotici, utilizzando sessanta topi C57BL6 con un modello murino di colite DSS (dextran sodium sulfate) (PLoS ONE Feb. 2012;7(2):e31238). Per ogni esperimento i sessanta topi erano alimentati, per ventiquattro giorni prima dell'induzione della colite, con diete purificate AIN-93G con o senza l’1% di CLA. Il supplemento del CLA, somministrato per via orale, conteneva una miscela 50:50 d’isomeri cis-9, trans-11 CLA e trans-10, cis-12 (Clarinol, Loders Croklaan BV). I topi ricevevano, quindi, 0,5 ml di soluzione di probiotico/die di VSL # 3 con sonda gastrica per una concentrazione finale di 0,0072 g VSL # 3/mL, corrispondente a 1,2 × 109 batteri per topo / giorno, in tampone fosfato salino (PBS) a pH 7,1. Da notare che il VSL # 3 è una miscela commerciale composta di quattro ceppi di lattobacilli (Lactobacillus casei, L. plantarum, L. bulgaricus e L. acidophilus), da tre ceppi di bifidobatteri (Bifidobacterium longum, B. Breve, e B. infantis) e dallo Streptococcus thermophilus. La scelta della dose era sulla base che le concentrazioni dei probiotici, che variavano tra le 108 e le 109 ufc / topo / giorno erano sufficienti per colonizzare efficacemente la mucosa intestinale dei roditori. Invero, questa dose era biologicamente rilevante poiché corrispondeva a un consumo giornaliero di circa 3.600 miliardi di batteri per un uomo adulto del peso di 70 kg.
Per indurre la colite, i topi erano trattati per sette giorni con destrano solfato di sodio al 2,5% (DSS). Si calcolavano, quindi, gli indici di attività di malattia e i punteggi di sanguinamento rettale. Il settimo giorno i topi erano sacrificati per raccogliere campioni del colon ai fini dell'istopatologia, dell'espressione genica e delle analisi di citometria a flusso. Venivano, così, fenotipicamente e funzionalmente caratterizzati i sottogruppi di cellule immunitarie nei linfonodi mesenterici (MLN), nella milza, nel sangue e nelle cellule della lamina propria del colon. Erano, di poi, raccolti campioni fecali e contenuti del colon per determinare l'effetto del VSL # 3 e del CLA sulla diversità microbica intestinale e sulla produzione del CLA.
Il trattamento con CLA e con il VSL # 3 migliorava la colite e diminuiva la diversità batterica del colon, condizione correlata con la riduzione della patologia intestinale. Peraltro, le concentrazioni del CLA nel colon aumentavano con risposta al trattamento batterico probiotico, ma senza una distribuzione sistemica nel sangue. Il VSL # 3 e il CLA diminuivano l’accumulo dei macrofagi nei MLN dei topi con colite DSS. La perdita di PPAR γ nelle cellule mieloidi abrogava nei topi con colite DSS l'effetto protettivo dei batteri probiotici e del CLA.
            In conclusione, gli Autori hanno ritenuto con il loro studio di aver fornito evidenza in vivo che i cambiamenti nella diversità microbica e della produzione di CLA locale erano implicati nei meccanismi di azione PPAR γ-dipendenti alla base degli effetti anti-infiammatori e anti-cancerogeni dei batteri probiotici. Questo nuovo modello meccanicistico sarebbe stato sostenuto dai risultati delle analisi di perdita di funzione che illustravano la necessità del PPAR γ dei macrofagi nel mediare l'intero spettro degli effetti anti-infiammatori dei batteri probiotici nell'intestino. Avrebbero, anche, offerto l’evidenza in vivo della riduzione della diversità batterica del colon con una netta predominanza del TRF H-116 e la produzione di CLA locale nel colon nei topi trattati con il VSL # 3. Infine, avrebbero dimostrato le notevoli somiglianze nella capacità dei batteri probiotici e del CLA nel modulare la funzione dei macrofagi nella mucosa intestinale.           
            Sempre il gruppo con Josep Bassaganya-Riera, avendo riconosciuto l’efficacia del CLA come modulatore immunitario e composto anti-infiammatorio nei modelli di colite del topo e del maiale, ha inteso di verificarla anche nei pazienti con lieve o moderata malattia di Crohn (CD) (Clin Nutr. 2012 Oct;31(5):721-7). Gli Autori hanno, così, arruolato tredici pazienti con CD lieve o moderatamente attiva in uno studio in aperto di CLA (6 g / die per via orale) per dodici settimane. Hanno, quindi, raccolto campioni del sangue periferico, per l'isolamento delle cellule mononucleate e l'analisi funzionale della linfoproliferazione e produzione di citochine, al basale, a sei e dodici settimane dopo l'inizio del trattamento. L'attività della malattia era calcolata utilizzando il CDAI (CD activity index), mentre la qualità della vita era valutata utilizzando il IBDQ (Inflammatory Bowel Disease Questionnaire). Alla dodicesima settimana il CLA sopprimeva significativamente la capacità dei sottogruppi di cellule T del sangue periferico CD4 + e CD8 + nella produzione di IFN-γ, TNF-α e IL-17 e nella linfoproliferazione. Alla 12 ^ settimana si rilevava anche un calo statisticamente significativo del CDAI da 245 a 187 (P = 0,013) e un aumento dell’IBDQ da 141 a 165 (P = 0.017).
            In conclusione, la somministrazione orale del CLA era ben tollerata e sopprimeva la capacità delle cellule T del sangue periferico nella produzione di citochine pro-infiammatorie, nella riduzione dell'attività di malattia, mentre aumentava la qualità della vita dei pazienti con CD.



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