CLA ed epatoma umano
Il carcinoma epatocellulare (HCC) è una delle principali cause di morte per cancro in tutto il mondo e il suo carico è destinato ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni. Sulla base di tale premessa, la raccolta e l'analisi dei dati epidemiologici di questa devastante malattia assumeranno un ruolo fondamentale nella guida delle future strategie di prevenzione e di ottimizzazione di gestione delle cure del paziente. Gli studi epidemiologici hanno, in verità, evidenziato notevoli variazioni globali nell’incidenza dello HCC con particolare presenza in gran parte dell'Asia orientale e dell'Africa sub-sahariana e più bassa, ma crescente, in Nord America e in gran parte dell'Europa. Queste variazioni sembrano essere correlate alla complessa eziologia della malattia che annovera diversi fattori di rischio. Primo fra tutti l'infezione da virus dell'epatite B o C, responsabile per la guida dei tassi d’incidenza dello HCC in diverse regioni. Anche se gli studi sino a oggi hanno contribuito notevolmente alla conoscenza dell’epidemiologia dello HCC, ci sono delle limitazioni associate ai dati attualmente disponibili, derivanti dagli studi eseguiti in tempi diversi. In passato, in effetti, si utilizzavano metodologie differenti e con diverse popolazioni di pazienti. Si rende, pertanto, necessario un nuovo approccio globale per lo studio epidemiologico dello HCC se si vogliono attuare strategie di prevenzione e di trattamento realmente efficaci nei prossimi anni. In effetti, nella medicina moderna la crescente importanza dell’epidemiologia si è resa evidente sin dalla metà del 1900. Peraltro, gli studi epidemiologici in campo oncologico hanno fornito la prova definitiva del legame tra i fattori di rischio e le neoplasie, come tra il fumo di sigaretta e il cancro ai polmoni, documentando anche per altro esempio l'alta incidenza del sarcoma di Kaposi nei soggetti con infezione da HIV. Si è chiarita pure la relazione tra l’uso dei contraccettivi orali e il rischio del cancro al seno. L’epidemiologia, in effetti, continuerà a svolgere un ruolo fondamentale nell'informare le strategie di prevenzione del cancro e, eventualmente in futuro, nel guidare la gestione delle malattie. Il carcinoma epatocellulare (HCC) è stato uno dei primi tumori a essere collegato epidemiologicamente in Taiwan a un fattore di rischio definito, il virus dell'epatite B [HBV]. Peraltro, anche se il cancro del fegato è iscritto come sesta neoplasia più comune in tutto il mondo, la sua prognosi molto sfavorevole la rende la terza causa di mortalità cancro-correlata, responsabile di circa 600.000 morti ogni anno.
Alan P. Venook dell’University of California, San Francisco, USA e collaboratori hanno riassunto efficacemente, secondo una prospettiva globale e regionale, l'incidenza e l’epidemiologia del carcinoma epatocellulare (The Oncologist November 2010 vol. 15 Supplement 4 5-13). Gli Autori hanno passato in rassegna gli aspetti chiave dell’epidemiologia dello HCC, evidenziando i limiti dei dati attuali e identificando le aree importanti per la ricerca futura.
Come si nota dalla figura che mostra l’incidenza dell’epatocarcinoma standardizzata per età nelle diverse aree del mondo per 100.000 persone, le prime quattro aree sono considerate a incidenza molto alta, a moderata alta le successive cinque, a intermedia le altre cinque, a bassa le ultime sette.
Gli Autori concludevano che nella loro revisione della letteratura si rilevava una marcata variazione globale dei tassi d’incidenza e dei profili dei fattori di rischio per la malattia. Comunque, ritenevano di prevedere che lo HCC, pur in salita epidemiologica, con i programmi d’igiene sanitaria dovrebbe poter vedere nei prossimi anni la riduzione del suo tasso di crescita, almeno per le forme HBV e HCV correlate. In parallelo, i programmi di educazione sanitaria potrebbero avere il potenziale per frenare l'ascesa e l'impatto del diabete, dell'obesità, e della NASH, che stanno diventando sempre più importanti fattori di rischio dello HCC. In effetti, gli attuali dati epidemiologici sullo HCC sono frammentati e derivano, come prima accennato, da studi eseguiti in tempi differenti, utilizzando metodologie dissimili e con diverse popolazioni di pazienti.
Achenef Melaku dell’University of Gondar Ethiopia e collaboratori sulla base degli effetti inibitori del CLA descritti sulle cellule HepG2, linea cellulare derivata dal carcinoma epatico umano e ampiamente usato negli studi in vitro, in considerazione che della ancora non precisa determinazione del meccanismo di azione degli isomeri della sostanza, hanno ritenuto a tale ultimo proposito suggestiva l’ipotesi dell'induzione dell’apoptosi. In effetti, la possibilità di sfuggire alla morte cellulare programmata (apoptosi) è una caratteristica della maggior parte delle cellule tumorali e spesso correla con l’aggressività del tumore e la resistenza ai farmaci antitumorali. Difatti, la modulazione dell'apoptosi è diventata un bersaglio interessante, sia per gli approcci preventivi sia per quelli terapeutici del cancro. La perdita di regolazione del ciclo cellulare è, in verità, un carattere importante delle cellule tumorali. Il ciclo cellulare è controllato dalla concentrazione intracellulare della proteina chinasi che consiste di una ciclina e di una chinasi ciclina-dipendente. Queste proteine sono coinvolte nella sintesi del DNA e nella mitosi, agendo su diversi punti di controllo del ciclo cellulare. Così che, i componenti, coinvolti nella progressione da una fase all'altra del ciclo cellulare, potrebbero anche essere i destinatari degli agenti anticancro. Sulla base di tali premesse, gli Autori si sono posti l’obiettivo di valutare dopo il trattamento con una miscela d’isomeri del CLA la fattibilità, l'apoptosi e lo stato del ciclo delle cellule tumorali HepG2 (Journal of Molecular Pathophysiology 2012; 1(1): 43-48). Le cellule erano coltivate ordinariamente in un mezzo RPMI 1640 e trattate per settantadue ore con differenti concentrazioni d’isomeri del CLA. La vitalità delle cellule HepG2 era ridotta significativamente (P <0.05) in modo dose-dipendente da tutti gli isomeri CLA testati. La concentrazione inibitoria mediana (IC50) variava con il tipo d’isomero CLA. Gli isomeri misti erano significativamente (P <0.05) più potenti del c9, t11 CLA. Tutti gli isomeri testati erano in grado di indurre cambiamenti caratteristici apoptotici e una significativa proporzione (P <0.05) di apoptosi. Inoltre, si osservava una significativa (p <0,05) più elevata proporzione delle cellule trattate in fase G0 / 1 e in proporzione inferiore in quella G2 / M del ciclo cellulare.
Pertanto, i risultati suggerivano che gli isomeri del CLA riducevano la vitalità e la proliferazione delle cellule tumorali HepG2 riguardo all’arresto del ciclo cellulare e all’induzione dell’apoptosi.