Prodotti lattiero-caseari e cancro alla prostata
La maggiore assunzione di acidi grassi (n-6) rispetto agli (n-3) è stata collegata a un’elevata produzione dei leucotrieni, dei trombossani e di altri fattori infiammatori e cancerogeni. Considerando che tutte le membrane cellulari contengono PUFA (polyunsaturated fatty acids), la loro abbondanza comporta una suscettibilità alla perossidazione e al danno da parte dei ROS (reactive oxygen species), che in ultima analisi danneggia il DNA con successiva mutagenesi. Tutto ciò supporta il razionale biologico dell’'associazione positiva del consumo dei grassi, specialmente dei sottotipi quali gli (n-6), con il rischio delle malattie croniche, compreso il cancro. Le ricerche epidemiologiche degli ultimi venti anni si sono per questo concentrate sul rischio del cancro determinato dagli eccessi alimentari dei grassi. In quest’ambito di ricerca, sulla base delle osservazioni sulle differenze geografiche globali del rischio in forte correlazione positiva con l'assunzione dei grassi, è stata posta particolare attenzione al cancro della prostata. Tuttavia, i risultati degli studi sono ancora non definitivi anche perché è in aumento l'evidenza che i tumori aggressivi e non differiscono nella loro eziologia.
Marian L. Neuhouser della Public Health Sciences Division Seattle, WA e collaboratori hanno voluto studiare l’associazione tra i grassi alimentari, la carne e i latticini con il rischio di cancro alla prostata tra i 12.025 uomini del CARET (Carotene and Retinol Efficacy Trial). Dopo undici anni di follow-up si registravano 890 tumori della prostata. Gli Autori valutavano la dieta con un FFQ (Food Frequency Questionnaire) biennale e utilizzavano i modelli proporzionali di Cox per stimare lo HR (hazard ratio) aggiustato multivariato del consumo dei cibi grassi, come carne e latticini, con l'incidenza del cancro della prostata. I termini d’interazione moltiplicativi erano testati se le associazioni differivano dalla storia familiare, dalla razza, o dal fumo. Nel complesso il grasso non si associava al cancro totale, né a quello aggressivo o non della prostata.
Nelle analisi dei sottogruppi degli uomini con una storia di cancro alla prostata familiare gli HR erano 2,47 (IC 95% ¼ 0,96-6,37) e 2,61 (IC 95% 1,01-6,72 ¼) per il totale dei grassi polinsaturi (PUFA) e (n-6) PUFA per il 4 ° vs 1 ° quartile di assunzione rispettivamente. La carne rossa si associava con il cancro alla prostata totale o con quello aggressivo. D’altro canto, la maggiore assunzione di latticini produceva una significativa riduzione del rischio di cancro aggressivo rispetto a quella minore (HR ¼ 0.59, IC 95% ¼,40-0,85). I latticini proteggevano anche i fumatori abituali, ma non iniziali, contro il cancro aggressivo (HR ¼ 0,42, IC 95% ¼,25-,70).
I risultati suggerivano agli Autori che l’associazione tra i grassi alimentari e il rischio di cancro alla prostata poteva variare in base al tipo degli alimenti grassi o contenenti grassi, ma anche in rapporto a fattori dell'ospite, tra cui la storia familiare e il fumo (J. Nutr. 137: 1821–1827, 2007).
Song Y dell’University of California-Los Angeles – USA e collaboratori, sulla base dell’associazione già dimostrata da precedenti studi tra la maggiore assunzione di latte con l’incidenza del cancro alla prostata (PCa), hanno voluto eseguire uno studio di coorte più dettagliato nei meriti nel Physicians 'Health Study di 21.660 soggetti (J Nutr. 2013 Feb;143(2):189-96). Gli Autori hanno, così, verificato in un'analisi di sopravvivenza di ventotto anni 2.806 incidenti di PCa. Le informazioni sul consumo dei latticini erano raccolte al basale con i casi di PCa e i 305 decessi durante il follow-up. L'assunzione totale dei latticini si associava a un'aumentata incidenza di PCa [HR = 1.12 (IC 95%: 0.93, 1.35);> 2,5 porzioni / d vs ≤ 0,5 porzioni / d]. L’uso di latte scremato o a basso contenuto di grassi correlava positivamente con il rischio di basso grado, stadio precoce e screening dei tumori rilevati, mentre il consumo di latte intero era associato solo con il PCa fatale [HR = 1.49 (IC 95%: 0.97, 2.28); ≥ 237 ml / die (1 porzione / die) vs il raro consumo]. Nell’analisi di sopravvivenza, l'assunzione di latte intero rimaneva associata al rischio di progressione mortale della malattia dopo la diagnosi [HR = 2.17 (IC 95%: 1.34, 3.51)].
In questa coorte prospettica, la maggiore assunzione di latte scremato o a basso contenuto di grassi correlava con un minore rischio di aggressività del PCa. Peraltro, in via ancora più importante, solo il latte intero era costantemente associato con una maggiore incidenza di PCa fatale in tutta la coorte e con una maggiore mortalità della malattia specifica tra i casi.