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notiziario Luglio 2013 N.7 PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E MALATTIE CRONICO-DEGENERATIVE - Prodotti lattiero-caseari e cancro

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Indice
notiziario Luglio 2013 N.7 PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E MALATTIE CRONICO-DEGENERATIVE
Prodotti lattiero-caseari e malattie cronico-degenerative
Consumo di prodotti lattiero-caseari e resistenza insulinica
Latte, assunzione di calcio e metabolismo lipidico
Prodotti lattiero-caseari, peso corporeo e circonferenza vita
Consumo di latte/latticini e malattie cardiometaboliche
Prodotti lattiero-caseari e cancro
Prodotti lattiero-caseari e recidiva/mortalità del cancro al seno
Prodotti lattiero-caseari e cancro alla prostata
Consumo di latte e di prodotti lattiero-caseari e rischio di cancro alla vescica
Latticini e rischio di cancro del colon-retto
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Prodotti lattiero-caseari e cancro

Nel diciannovesimo e ventesimo secolo è emersa in chiave moderna la nozione dell’evitabilità del cancro e che l’alimentazione, l’attività fisica e la composizione corporea possano certamente influenzarne il rischio. In tutto quanto si è succeduto in questo periodo gli studiosi hanno focalizzato la loro attenzione sulle scelte più salutari dei cibi, delle bevande e dei comportamenti abituali che potessero meglio proteggere contro il cancro e migliorare in senso generale il benessere. Oggi si può affermare che il cancro è una malattia prevenibile, a patto che siano presi in considerazione e combattuti in tempo tutti i fattori che lo possono determinare. E in tal caso il termine prevenzione va considerato non nel senso di eliminazione, ma di riduzione del verificarsi del cancro, in modo tale che a qualsiasi età minori persone si ammalino di quanti altrimenti dovrebbero. È ormai noto che l’alimentazione e la nutrizione possono modificare il rischio dei tumori, soprattutto nel caso delle bevande e dei cibi trasformati o conservati. Così pure, sulla base che la bioenergetica può rappresentare un altro fattore di rischio per il cancro, ci sono ormai evidenze sugli effetti dell’attività fisica e sulla composizione corporea. Dalla metà degli anni 1990, invero, sono stati compiuti grandi progressi sulla comprensione della cancerogenesi, riconoscendo i fattori interni e quelli esterni che possono modificare il rischio della malattia. In particolare, la mappatura del genoma umano ha permesso la formazione e lo sviluppo di nuove discipline dedicate alla chiarificazione dei processi biologici a livello di base, compresi quelli che ostacolano la formazione del cancro, quelli che la causano e quelli che la modificano. In effetti, l’evoluzione degli organismi viventi dipende dalla loro progressione adattativa con accumulo delle variazioni dell'informazione e dell’espressione genetica sul DNA che controllano le caratteristiche del fenotipo di un individuo. Così che, qualsiasi condizione durante il corso della vita, che possa colpire il genotipo o la sua espressione, può anche avere un effetto sul fenotipo. Su tale base una serie di fattori ambientali, tra cui le esposizioni nutrizionali, in qualsiasi momento possono condizionare il fenotipo, soprattutto come esperienza metabolica accumulata che può iniziare durante la vita intrauterina e proseguire per tutta la vita di una persona.
            Jolieke C van der Pols dell’University of Queensland, Brisbane – Australia e collaboratori, rilevando una possibile influenza del consumo dei latticini sulle vie biologiche della carcinogenesi, hanno voluto esaminare se il consumo dei prodotti lattiero-caseari durante l'infanzia potesse aumentare l'incidenza e la mortalità del cancro in età adulta (Am J Clin Nutr 2007;86:1722–9). Gli Autori hanno, così, utilizzato i dati di circa 4.999 bambini di uno studio sui consumi alimentari di famiglia dal 1937 al 1939, che vivevano in Inghilterra e Scozia.  L'accertamento del cancro è stato ricavato dal registro centrale della mortalità nazionale tra il 1948 e il 2005. Durante il periodo di follow-up, si registravano 770 casi di cancro o di morti per la malattia. L’alta assunzione totale dei latticini nell’infanzia, rispetto alla bassa, si associava con una probabilità di cancro del colon-retto quasi triplicata [odds ratio multivariata: 2,90 (IC 95%: 1,26, 6,65), p = 0,005], indipendentemente dal consumo della carne, della frutta, delle verdure e degli indicatori socio-economici. Inoltre, l’assunzione del latte mostrava una simile associazione con il rischio del cancro del colon-retto. D’altra parte, l’alta assunzione di latte era inversamente, ma debolmente, associata con il rischio di cancro alla prostata (P = 0.11). Invece, l’assunzione dei latticini nell’infanzia non si associava con il rischio di cancro al seno e allo stomaco, mentre una correlazione positiva con il rischio di cancro al polmone era inquinata dal comportamento di fumare durante l'età adulta.
            In conclusione, i dati dello studio suggerivano agli Autori che una dieta familiare durante l'infanzia ricca di prodotti lattiero-caseari si associava a un maggior rischio di cancro del colon-retto in età adulta indicando, però, la necessità di ulteriori studi.
            In effetti, il latte e i latticini contengono micronutrienti e diversi elementi bioattivi che possono influenzare il rischio e la progressione del cancro. Il rapporto del 2007 del World Cancer Research Fund e American Institute for Cancer Research, sulla base di una revisione sistematica della letteratura epidemiologica, ha concluso che c'era una probabile associazione tra l'assunzione del latte e un minor rischio di cancro del colon-retto, una probabile associazione tra le diete ricche di calcio e l’aumento del rischio del cancro alla prostata e una limitata evidenza di un'associazione tra l'assunzione del latte e un minor rischio del cancro alla vescica. Per altri tipi di cancro la prova non era univoca o era carente. Dopo questo rapporto sono stati pubblicati su vasta coorte parecchi altri studi tra l'associazione dell’assunzione dei prodotti derivati ​​dal latte e il cancro. Sono, difatti, propositivi d’indagine gli effetti potenziali sul rischio del cancro dei vari prodotti bioattivi microbici che si producono durante il metabolismo ruminale. Di certo, i microbi vivi presenti in alcuni prodotti caseari devono giocare un ruolo particolare nella modulazione della microflora e del metabolismo intestinale dell’uomo. A tale proposito, è bene ricordare il crescente interesse sulla comunità microbica intestinale per la salute, a proposito della funzione immunitaria e della malattia, compreso il cancro. In tale ordine di fatti, per i prodotti lattiero-caseari, costituiti da un gruppo complesso di alimenti la cui composizione varia da regione a regione, la valutazione della loro associazione con il rischio di malattia risulta, però, difficile, anche se molto interessante e in via di sviluppo continuo.
In tale contesto, il fattore di crescita insulinosimile (IGF-I) è stato chiamato in causa per quanto riguarda il cancro della prostata e della mammella. Esso si trova nel latte di mucca ed è stato dimostrato che si verifichi un aumento dei suoi livelli nel sangue degli individui che consumano normalmente i prodotti lattiero-caseari. In effetti, studi caso-controllo su diverse popolazioni hanno dimostrato una forte e coerente associazione tra le concentrazioni sieriche di IGF-I e il rischio di cancro alla prostata. Peraltro, è da ribadire che i prodotti lattiero-caseari forniscono circa il 65% degli estrogeni assunti con l’alimentazione. Questi ormoni e i loro metaboliti, per la loro capacità di influenzare la proliferazione cellulare, sono, com’è noto, un fattore di rischio per il cancro al seno, alle ovaie e alla prostata. Inoltre, il galattosio presente nel lattosio, potrebbe essere tossico per le cellule ovariche. Da non trascurare la possibilità di contaminanti cancerogeni tossici nel latte, derivati da sofisticazioni contro legge o da preparazioni e conservazioni inadeguate. A tale riguardo, viene da ricordare le aflatossine come gruppo di micotossine estremamente tossiche, mutagene e cancerogene che si trovano prevalentemente sui vegetali e sono prodotte da funghi. Il più frequente è l’aspergillus flavus, che si ritrova nelle aree con clima caldo umido, in grado di produrre aflatossine di tipo B. L’Aspergillus parasiticus, con estensione più limitata, produce, invece, le aflatossine di tipo B e G. Gli epossiderivati elettrofili sono responsabili dell’azione dannosa delle aflatossine, perché, essendo molto reattivi, tendono a legarsi covalentemente con il DNA epatico e polmonare. È generalmente il consumo di mais, arachidi, pistacchi, mandole, fichi secchi e alcune spezie, come il peperoncino, a determinare l’intossicazione alimentare. Pur tuttavia, l’esposizione umana all’AFB1 si realizza soprattutto con le carni animali e il consumo di latte e latticini.
La quantità di metabolita AFM1 presente nel latte dipende ovviamente dalla quantità di AFB1 presente nei foraggi destinati agli animali. I foraggi più comunemente contaminati sono il mais, i semi di cotone, le farine di soia, di girasole e di lino. Di certo, il clima caldo e umido favoriscono lo sviluppo delle aflatossine sui vegetali nei campi, mentre, per quanto riguarda lo stoccaggio nei magazzini, tali micotossine proliferano in condizioni di grande umidità delle materie prime e in assenza di adeguata ventilazione. A tale proposito si rammenta quanto pubblicato il 20 giugno 2013 nei riguardi di una produzione di latticini friulana contenente muffa con aflatossina.
            H. Davoodi della Shahid Beheshti Univ. of Medical Sciences, Tehran – Iran e collaboratori, considerando non conclusiva l’evidenza che i latticini potessero proteggere o aumentare il rischio del cancro, hanno condotto una revisione sull’argomento (Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety Vol.12, Issue 3, pages 249–264, May 2013).

Nel complesso, i benefici dei latticini sulla salute superavano notevolmente il danno, peraltro tutto ancora da provare. Il loro consumo, quindi, come parte di una dieta variata e nutriente, secondo gli Autori sarebbe da incoraggiare poiché indispensabile per la buona salute delle ossa e dei denti, per prevenire l'osteoporosi, per combattere i principali fattori di rischio cardiovascolare, per moderare la pressione arteriosa, per allontanare la minaccia di diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica e così pure per aiutare a prevenire alcuni tipi di cancro. Il Cancer Council e l’USDA (United States Department of Agriculture) consigliano, in effetti, tre porzioni di latte e di prodotti lattiero-caseari il giorno. Gli Autori nella loro revisione hanno esaminato il potenziale del latte e dei prodotti lattiero-caseari nell’inibire i rischi di diversi cancri. Inoltre, hanno rivisitato i rapporti nel corso degli anni che hanno indicato il latte e l'industria casearia come agenti responsabili di causare il cancro.



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