Consumo di latte/latticini e malattie cardiometaboliche
Il legame tra il consumo dei prodotti animali e il rischio di sviluppo di malattia cardiovascolare (CVD) è stato in gran parte riconosciuto nel relativo grande contributo in acidi grassi saturi (SFA). Questo elevato apporto, di fatto, contribuisce allo sviluppo delle malattie cardiometaboliche, aumentando, in particolare, i tassi del colesterolo plasmatico. In effetti, carne e latte rappresentano alimenti ad alta densità energetica, ricchi di proteine che contribuiscono anche significativamente, d’altra parte, all'assunzione necessaria di una vasta gamma di micronutrienti. Seguire, però, diete ad alta densità energetica, soprattutto in combinazione con uno stile di vita sedentario, porta all'incidenza dell’obesità in proporzioni quasi epidemiche. Nel tempo si sviluppano anche la resistenza all'insulina e la sindrome metabolica, cluster di fattori di rischio che moltiplica la possibilità delle malattie cardiovascolari e del diabete di tipo 2. Nei paesi più sviluppati, proprio in ragione di queste evidenze scaturite da numerosi studi, è iniziato un cambiamento importante nella dieta generale con riduzione della carne rossa e del latte intero e aumento corrispondente del pollame e dei latticini magri.
Peter C. Elwood della Cardiff University, United Kingdom hanno condotto una valutazione dettagliata con meta-analisi dei risultati pubblicati sul consumo dei prodotti lattiero-caseari e l'incidenza delle malattie vascolari e del diabete (J Am Coll Nutr December 2008 vol. 27 no. 6 723S-734S). Gli Autori hanno voluto anche riassumere le evidenze sul consumo del latte e dei prodotti lattiero-caseari e il cancro, riportato dal World Cancer Research Fund e prendere, quindi, in considerazione la loro rilevanza sulla sopravvivenza nel Regno Unito con tipica comunità occidentale.
Infine, hanno esaminato le evidenze pubblicate sui rapporti tra latte intero e quello magro. Con la ricerca medline hanno, così, individuato gli studi prospettici di coorte sulle malattie vascolari e il diabete, con riferimento dei dati di base sul consumo di latte o dei prodotti lattiero-caseari e il risultato delle malattie in questione.
Hanno, poi, considerato il probabile effetto del consumo di latte e dei latticini sulla sopravvivenza, tenendo conto dei risultati delle rassegne pubblicate sulle relazioni di questi alimenti con il cancro.
Nella meta-analisi di quindici studi il rischio relativo d’ictus e / o di malattie cardiache in soggetti con alto consumo di latte o di latticini era rispettivamente 0.84 (95% IC 0,76, 0,93) e 0,79 (0,75, 0,82), rispetto a quello di chi ne manteneva un basso consumo.
Quattro studi riportavano come risultato il diabete. Di poi, il rischio relativo nei soggetti con la più alta assunzione di latte o di prodotti caseari era 0.92 (0.86, 0.97).
In conclusione, i risultati della meta-analisi fornivano evidenza nel Regno Unito di un vantaggio di sopravvivenza globale con il consumo di latte e latticini.
Sulla base dei loro dati, gli Autori commentavano che, se il consumo di latte da parte dell'uomo primitivo era stato di rilevanza per la sopravvivenza e forse per il successo riproduttivo, nei riguardi dell'uomo moderno riscuoteva un limitato peso diretto. In effetti, la maggior parte delle popolazioni occidentali ha assunto una dieta totalmente diversa vivendo, peraltro, in un ambiente completamente diverso. Di certo, nell'uomo primitivo i benefici nutrizionali e i vantaggi del consumo di latte con i suoi effetti sulla crescita e sulla salute delle ossa erano di notevole importanza. Oggi, invece, rivestono maggiore rilevanza gli effetti del consumo di latte e latticini sull'incidenza delle malattie croniche, che, di fatto, limitano il periodo di sopravvivenza.
Pertanto, i risultati ottenuti da questo studio permettevano agli Autori di concludere che non costituivano un punto di arrivo, ma uno stimolo per proseguire le ricerche in tale campo in modo da chiarire meglio il ruolo del latte e dei latticini sulla salute dell’uomo. Pur tuttavia, le evidenze in loro possesso facevano rilevare che negli ultimi 20-25 anni in molti paesi si era determinata una notevole diminuzione del consumo di latte.
Frédéric Fumeron della Paris Diderot University – France e collaboratori hanno voluto analizzare l'influenza nel DESIR (Data from an Epidemiological Study on the Insulin Resistance Syndrome), studio prospettico francese epidemiologico di coorte con un follow-up di nove anni del consumo dei prodotti lattiero-caseari e di calcio, sull'incidenza cumulativa di nove anni della sindrome metabolica e dei suoi tratti associati (J Am Coll Nutr October 2011 vol. 30 no. 5 Supplement 1 454S-463S). In una precedente analisi cross-section nello stesso studio gli Autori avevano già dimostrato un’associazione inversa tra il consumo dei latticini e i tratti della sindrome metabolica (SM).
Dopo aver escluso i diabetici e quelli che seguivano una dieta regolamentata, gli Autori hanno arruolato 3.417 soggetti. Hanno, quindi, usato modelli di regressione logistica per studiare le associazioni tra i prodotti lattiero-caseari e la consistenza del calcio nella dieta al basale da una parte e dall’altra la sindrome metabolica e il diabete (IFG/T2D) dopo aggiustamento per sesso, età, parametri di stile di vita (alcol, fumo, attività fisica, assunzione di grassi). Hanno anche utilizzato un successivo modello di regolazione per le stesse covariate e per l'indice di massa corporea (BMI). Le associazioni tra i prodotti lattiero-caseari e le variabili continue erano studiate con ripetute analisi di misure di covarianza, utilizzando le stesse covariate.
Il consumo totale dei latticini, dei prodotti lattiero-caseari, tranne il formaggio, e la quantità di calcio nella dieta erano inversamente associati con gli incidenti di SM e di IFG/T2D. Il consumo di formaggio correlava negativamente con l’incidente della sindrome metabolica, ma non con i disturbi glicemici. Tutti i parametri erano associati a una più bassa pressione sanguigna diastolica e a più bassi trigliceridi, in media sul periodo di nove anni, e a un aumento inferiore della BMI nello stesso periodo. L'assunzione maggiore del latte totale, del formaggio e della quantità di calcio si associava durante i nove anni di follow-up con un minore aumento della circonferenza della vita e dei trigliceridi.
In conclusione, nella popolazione generale francese questi risultati dimostravano gli effetti benefici del consumo dei latticini nei riguardi della sindrome metabolica e dei disturbi glicemici, avvalorando, così, il loro ruolo protettivo contro il rischio cardiovascolare.
Kate Birnie1 dell’University of Bristol – UK e collaboratori per loro parte, rilevando che diversi studi avevano dimostrato in età adulta effetti benefici sulla salute con il consumo di latte e dei prodotti lattiero-caseari, hanno voluto esaminare l'impatto della dieta dell’infanzia e dell’adulto sulle prestazioni fisiche di anziani in età dai sessantatré agli ottantasei anni (Age Ageing (2012) 41 (6): 776-784). Gli studiosi si sono avvalsi dello studio prospettico di sessantacinque anni in bambini che avevano preso parte al sondaggio del 1930, il Boyd Orr cohort di 405 soggetti, e il CAPS (Caerphilly Prospective Study) di 1.195 persone che forniva i dati da metà vita alla vecchiaia. Gli Autori hanno ipotizzato che gli elevati introiti di latte, di calcio, di proteine, di grassi e di energia nell’infanzia e nella vita di adulti si sarebbero potuti associare con una migliore performance nell’anziano.
In modelli completamente adattati un aumento medio dell’assunzione di latte nell’infanzia si associava con un cammino più veloce del 5% al test di Boyd Orr del get-up and go (IC 95%: da 1 a 9) con minori probabilità del 25% dello scarso equilibrio (OR: 0,75; 0,55-1,02). L'assunzione di calcio nell'infanzia era, quindi, positivamente associato con i tempi di percorrenza (4% più veloce per SD 0-8). Un apporto proteico superiore correlava, invece, con una minore probabilità dello scarso equilibrio (OR: 0,71; 0,54-0,92). In età adulta l'assunzione delle proteine si associava positivamente con i tempi di percorrenza (2% più veloce per SD 1-3; Boyd Orr e dati aggregati CAPS).
In conclusione, questo studio, primo nel suo genere, mostrava le associazioni positive tra l’assunzione del latte nell’infanzia con le prestazioni future nell’anziano.
Per altro canto, Peter J. Huth e Keigan M. Park della PJH Nutritional Science, LLC, Menomonie WI, in merito al rapporto tra i grassi contenuti nel latte e latticini e la salute cardiovascolare, hanno condotto una revisione di esame sulle ricerche pubblicate (Adv Nutr May 2012 Adv Nutr vol. 3: 266-285, 2012). Difatti, anche se le evidenze avevano collegato il consumo dei grassi saturi (SF) all’aumento dei livelli di LDL e a quello del rischio di sviluppo delle malattie cardiovascolari (CVD), più recenti scoperte avevano indicato che il legame poteva essere meno semplice di quanto originariamente pensato. Tutto ciò in rapporto al fatto che alcune fonti di cibo ad alto contenuto di SF contengono una matrice di acidi grassi saturi e insaturi, ognuno capace d’influire differenzialmente sul metabolismo delle lipoproteine e di contribuire a determinare quantità significative di altri nutrienti in grado di alterare il rischio CVD.
Georgina E Crichton dell’University of South Australia e collaboratori, considerando il numero crescente di ricerche a suggerimento che il consumo regolare dei latticini poteva contrastare, ma non in maniera decisa, l'obesità e le altre componenti della sindrome metabolica, hanno cercato di determinare gli effetti sulla salute cardiometabolica con l’aumento dietetico di latticini a basso tenore di grassi in adulti, senza restrizione energetica ma con loro abituale scarsa assunzione (Nutr Metab (Lond). 2012; 9: 19). Gli Autori hanno, così, condotto un trial d’intervento in sessantuno adulti in sovrappeso o obesi, assegnati in modo casuale a una dieta ad alto contenuto di latticini (HD con quattro porzioni di essi a ridotto tenore di grassi / die) o di controllo a bassa quota di latticini (LD, ≤ 1 porzione / die) per sei mesi per poi alternare la dieta per ulteriori sei mesi. Una serie di parametri antropometrici e cardiometabolici, tra cui la composizione corporea, il ritmo metabolico, i lipidi nel sangue, la pressione sanguigna e la compliance arteriosa, è stata valutata al termine di ogni fase di dieta. Durante la fase di HD l’apporto energetico totale era più alto di 1.120 kJ / die con conseguente leggero aumento di peso. Tuttavia, tra la dieta HD e la LD non vi erano differenze significative nelle misure assolute della circonferenza vita, del peso corporeo, della massa grassa o di qualsiasi altro parametro cardiometabolico.
In conclusione, secondo gli Autori, l’assunzione dei latticini con riduzione dei grassi poteva essere raccomandata nella dieta degli adulti in sovrappeso senza alterare i marcatori cardiometabolici della salute.
Jimmy Chun Yu Louie dell’University of Wollongong – Australia e collaboratori hanno studiato, in una coorte di 2.900 anziani australiani che avevano completato un convalidato questionario di frequenza alimentare, gli effetti del consumo abituale dei latticini sul rischio a quindici anni di malattia (CVD) e mortalità cardiovascolare (Nutrients. 2013 February; 5(2): 441–454). Gli Autori hanno usato modelli di regressione proporzionale di Cox per studiare le associazioni tra i terzili del consumo dei prodotti lattiero-caseari, comprendenti quelli a bassa / ridotta proporzione dei grassi e il latte intero di grassi, e il loro rapporto (LF / WF) e il rischio di mortalità per malattia coronarica (CHD), stroke o CVD combinata. Si registravano 548 casi di mortalità cardiovascolare con una riduzione del rischio di CVD con l'assunzione di tutti i latticini solo nel terzile due (hazard ratio aggiustato, AHR: 0,71, IC 95%: 0,55-0,93). Sia per il terzile due sia per il tre si riscontrava un rischio ridotto per la CHD (entrambi con AHR: 0.71). Tuttavia, non vi erano tendenze lineari tra il consumo dei latticini totali e uno qualsiasi dei tre risultati. Peraltro, non vi erano, nel modello integralmente corretto, associazioni o tendenze tra il consumo dei latticini a basso / ridotto contenuto di grassi o interi, o tra il rapporto LF / WF e nessuno dei tre risultati (tutti p> 0,05).
In conclusione, i dati di questo studio non definivano, quindi, alcuna associazione coerente tra il consumo dei latticini e il rischio di malattia coronarica, ictus e mortalità cardiovascolare combinata.
Anastasia Samara dell’Université de Lorraine, Nancy – France e collaboratori hanno voluto valutare le associazioni dei prodotti lattiero-caseari (latte, yogurt, ricotta, formaggi e calcio) con i cambiamenti a cinque anni delle componenti della sindrome metabolica (Nutrition Volume 29, Issue 3, Pages 519-524, March 2013). Gli Autori hanno, così, arruolato dallo studio di coorte STANISLAS (suivi temporaire annuel non invasif de la santé des lorrains assurés sociaux) duecentottantotto uomini e 300 donne di età dai ventotto ai sessanta anni. Per le statistiche hanno utilizzato l'analisi di regressione multivariata. Negli uomini non si trovata alcuna relazione tra i quattro indici dietetici e le componenti della sindrome metabolica misurata al basale. Al contrario, il consumo di latte, di yogurt e di ricotta in entrata risultava inversamente associato con i cambiamenti a cinque anni dei livelli del glucosio (P ≤ 0.05, P ≤ 0,01 per l'interazione sesso) e positivamente con le modifiche a cinque anni dell’alta LDL (p ≤ 0,05). A cinque anni negli uomini, le maggiori assunzioni di calcio erano significativamente correlate con un minore aumento dell'indice di massa corporea (BMI) e della circonferenza della vita (p ≤ 0.01, P ≤ 0,05 per l'interazione sessuale). Inoltre, solo negli uomini i cambiamenti della pressione sanguigna diastolica risultavano inversamente associati con il consumo di latte, yogurt e ricotta con una BMI normale (P ≤ 0,05 per l'interazione BMI). Nelle donne, a differenza degli uomini, le associazioni si dimostravano per alcune componenti misurate al basale. Il latte totale correlava positivamente con la BMI e la circonferenza vita. Il latte totale, il latte, lo yogurt, la ricotta e il calcio risultavano positivamente associati con i triacilgliceroli e negativamente con le HDL. Tuttavia, ai cinque anni non si riscontrava nessuna associazione significativa nelle modifiche.
In conclusione, in un periodo di cinque anni solo negli uomini si era registrata un’associazione tra un maggior consumo dei prodotti lattiero-caseari con i cambiamenti positivi del profilo metabolico, mentre un più alto consumo di calcio si era associato con un aumento inferiore della BMI e della circonferenza vita, sempre ai cinque anni.
Beth H Rice della Dairy Research Institute, Rosemont, Illinois, USA e collaboratori hanno esaminato, sulla base del rapporto 2010 delle Dietary Guidelines for Americans, i dati della letteratura scientifica dal giugno 2010 sino al settembre 2011, relativi al consumo dei prodotti lattiero-caseari e i loro effetti sugli apporti nutrizionali e il rischio di malattie croniche (Nutr Rev. 2013 April; 71(4): 209–223).
In conclusione, secondo gli Autori, dal rilascio del rapporto 2010 DGAC (Dietary Guidelines Advisory Committee) sui DGA (Dietary Guidelines for Americans) 2010, i numerosi studi pubblicati avevano reso un importante contributo sulla relazione tra il consumo dei latticini e dei nutrienti con la riduzione del rischio delle malattie croniche. Pur tuttavia, mentre la popolazione degli Stati Uniti aveva continuato a seguire un basso consumo di nutrienti, come la vitamina D, il calcio, il magnesio e il potassio, si era anche comportata allo stesso modo riguardo alle porzioni giornaliere raccomandate dei latticini.
Dal momento che il latte e i prodotti lattiero-caseari contengono questi principali nutrienti, scaturiva la necessità, quindi, di raccomandare un minimo di tre, ma anche quattro porzioni di latticini ogni giorno per gli effetti benefici sul tessuto osseo degli adulti. Questo sulla base dei risultati degli studi di:
- Josse AR e altri (Med Sci Sports Exerc. 2010;42:1122–1130),
- Habibzadeh N. (Biomed Hum Kinet. 2010;2:81–84),
- Thomas DT e altri (J Am Coll Nutr. 2010;29:604–611),
- Hinton PS e altri (Eur J Clin Nutr. 2010;64:392–399),
- Palacios C e altri (Nutrition. 2011;27:520–525),
- Moschonis G e altri (Br J Nutr. 2010;104:100–107),
- Tenta R e altri (Eur J Nutr. 2011;50:341–349),
- Campbell WW e Tang M. (J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2010;65:1115–1122).
D’altro canto, gli Autori commentavano anche che gli studi avevano continuato a fornire evidenze che il consumo dei prodotti lattiero-caseari era stato inversamente associato con lo sviluppo delle malattie cardiovascolari sulla base degli studi di:
- Soedamah-Muthu SS (Am J Clin Nutr. 2011;93:158–171),
- Bernstein AM e altri (Circulation. 2010;122:876–883),
- Panagiotakos DB e altri (J Am Coll Nutr. 2010;29:357–364),
- Goldbohm RA e altri (Am J Clin Nutr. 2011;93:615–627),
- Aslibekyan S e altri (Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2012;22:1039–1045),
- Bonthuis M e altri (Eur J Clin Nutr. 2010;64:569–577),
- Warensjö E e altri (Am J Clin Nutr. 2010;92:194–202),
- Esmaillzadeh A e Azadbakht L. (Public Health Nutr. 2010;13:1395–1402)
- Ivey KL e altri (Am J Clin Nutr. 2011;94:234–239),
- Zemel MB e altri (Am J Clin Nutr. 2010;91:16–22),
- Nestel PJ e altri (Eur J Clin Nutr. 2012;66:25–31),
- van Meijl LE e Mensink RP (Br J Nutr. 2010;104:1523–1527),
- Beavers KM e altri (J Med Food. 2010;13:650–656).
Inoltre, nell’ambito di un modello alimentare salutare per il migliore stato nutrizionale le raccomandazioni per il consumo giornaliero dei prodotti lattiero-caseari erano, sempre per gli Autori, importanti non solo per la salute delle ossa e un ridotto rischio di malattie cardiovascolari, ma anche per il mantenimento di una pressione sanguigna bassa sulla base degli studi di:
- van Meijl LE e Mensink RP (Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2011;21:355–361),
- Stancliffe RA e altri (Am J Clin Nutr. 2011;94:422–430),
- Usinger L e altri (Clin Physiol Funct Imaging. 2010;30:162–168),
- Usinger L e altri (J Hum Hypertens. 2010;24:678–683).
Infine, i prodotti lattiero-caseari dovevano riscuotere un consenso di uso anche per una prevenzione del diabete di tipo 2 sulla base degli studi di:
- Malik VS e altri (Am J Clin Nutr. 2011;94:854–861),
- Tong X e altri (Eur J Clin Nutr. 2011;65:1027–1031),
- Fumeron F e altri (Diabetes Care. 2011;34:813–817),
- Mozaffarian D e altri (Ann Intern Med. 2010;153:790–799),
- Nikooyeh B e altri (Am J Clin Nutr. 2011;93:764–771),
- Stancliffe RA e altri (Am J Clin Nutr. 2011;94:422–430).
I risultati indicavano che la maggior parte degli studi osservazionali non era riuscita a trovare un’associazione tra l'assunzione dei prodotti caseari e l’aumento del rischio di malattia cardiovascolare, coronaropatia e ictus, indipendentemente dai livelli dei grassi del latte. I dati degli studi d’intervento a breve termine sui biomarcatori cardiovascolari avevano, peraltro, indicato che una dieta più ricca di SF da latte intero e burro aumentava il colesterolo LDL, quando sostituita con i carboidrati e gli acidi grassi insaturi. Tuttavia, sarebbero potute aumentare anche le HDL e, pertanto, si sarebbe potuto non influenzare o addirittura abbassare il rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL. I risultati della revisione indicavano anche che l'assunzione del formaggio abbassava il colesterolo LDL, rispetto al burro con parità di contenuto dei grassi del latte. Inoltre, la rassegna metteva in evidenza alcune lacune significative della ricerca circa gli effetti del latte intero di grasso sugli esiti cardiovascolari, indicando la necessità di studi d’intervento a lungo termine.