Cellule progenitrici derivate dal tessuto adiposo e cancro
Sotto altro aspetto, bisogna considerare che il corso dei vari processi patologici dipende dal reclutamento delle cellule staminali e da quelle progenitrici in parte differenziate.
A tale proposito, Yan Zhang dell’University of Texas at Houston, United States hanno riportato una dettagliata revisione sulle condizioni e sugli effetti dell’elevata circolazione sistemica dei precursori ematopoietici ed endoteliali, popolazioni cellulari ritenute sempre più implicate nella progressione delle varie malattie (World J Stem Cells 2010 October 26; 2(5): 103-113). Negli ultimi anni, difatti, è stata data sempre maggiore rilevanza clinica alla mobilitazione delle cellule staminali / progenitrici. Si è, così, cercato di identificare i fattori di tale fenomeno, inizialmente per il suo potenziale utilizzo nella medicina rigenerativa. Le EPC (Endothelial progenitor cells), che danno luogo alla maturazione delle CE (endothelial cells), rappresentano un’altra popolazione cellulare clinicamente importante. Difatti, la formazione dei nuovi vasi o la riparazione o la patologia di un tessuto dipendono per l’angiogenesi e il sostegno del microcircolo dalla proliferazione locale delle CE. È noto, ormai, che, oltre all’angiogenesi, il reclutamento delle cellule progenitrici circolanti dal midollo osseo nei vasi sanguigni avviene con la vasculogenesi nell’adulto in risposta all'ipossia e all'infiammazione. Questa nuova concezione, invero, ha cambiato negli studiosi la visione delle modalità della composizione vascolare dei tessuti patologici. L’aumento dei livelli circolanti delle EPC, in effetti, è stato associato, per il beneficio della loro mobilitazione nei tessuti ischemici, a un ridotto rischio di morte cardiovascolare. Nella vascolarizzazione dei tumori, invece, il mimetismo endoteliale giocherebbe un ruolo importante. Peraltro, alcune popolazioni di cellule circolanti, ad eccezione delle CE e delle EPC, sono state recentemente implicate a sostegno della vasculogenesi tumorale. Le TADC (Tumor-associated dendritic cells), una nuova popolazione leucocitaria che esprime sia le DC (Dendritic-Cell) sia i marcatori endoteliali, hanno mostrato di partecipare alla composizione della neovascolarizzazione del carcinoma ovarico. Le RBCCR (Recruited bone marrow-derived circulating cells), che esprimono i VEGFR1 (Vascular endothelial growth factor) ma non i VEGFR2, vengono trasportate in vari organi dove s’impegnano nella neovasculogenesi. Inoltre, si è dimostrato che, similarmente alle RBCCs, una popolazione di TEM (TIE2-expressing monocytes) viene impiegata nei siti tumorali promuovendo, in un modo paracrino dopo aver aderito ai vasi sanguigni di nuova formazione, l'angiogenesi tumorale. Alcune o tutte queste popolazioni cellulari CD45 + circolanti proangiogeniche possono essere identiche alle cellule precedentemente descritte come fibrociti. È interessante notare, a tal proposito, che i fibrociti, essendo di origine mieloide, sono stati proposti in base alla loro differenziazione in vivo in adipociti, come i progenitori delle cellule mesenchimali. Peraltro, negli ultimi anni è stato riconosciuto alle MSC (mesenchymal stromal cells) un importante ruolo potenziale in un certo numero di condizioni patologiche. Isolate in origine dallo stroma del midollo osseo e chiamate sulla base della loro morfologia CFU-F (fibroblast colony-forming units), hanno dimostrato la capacità di differenziarsi nelle cellule delle linee mesenchimali, quali osteoblasti, condrociti e adipociti. Per questo, quindi, sono state chiamate cellule staminali mesenchimali. Inoltre, ulteriori studi hanno rivelato in vari organi che le MSC, mantenendo l'integrità vascolare come periciti, hanno anche una funzione di cellule perivascolari. Con l’invecchiamento sembra ridursi la capacità di risposta delle cellule progenitrici midollari agli stimoli di mobilitazione, cui consegue un diminuito impegno delle cellule del midollo osseo alla riparazione delle lesioni. Pur tuttavia, gli studiosi incominciano già a individuare il ruolo di altri organi come fonte di cellule progenitrici stromali. Ricerche sperimentali sui roditori, in effetti, hanno dimostrato che il WAT (white adipose tissue) può assumere questa funzione nel corso della sua espansione sino all’obesità con l’ipertrofia degli adipociti e con la loro iperplasia risultante dalla proliferazione dei progenitori. Difatti, nello SFV (stromal/vascular fraction) del WAT sono stati identificati progenitori multipotenti. Ciò nonostante, oltre agli adipociti il WAT contiene anche AEC (adipose endothelial cells), ASC (adipose stromal cells) perivascolari, ma anche cellule ematopoietiche, come macrofagi e linfociti. Diversi studi hanno dimostrato che questi progenitori mesenchimali corrispondono ad ASC CD34 +, CD45-, CD31-. Questi elementi nello SVF comprendono, invero, la maggioranza delle cellule e mostrano una multipotenzialità e capacità di proliferazione paragonabili alle MSC del midollo osseo, pur con chiare e uniche caratteristiche. Peraltro, coerentemente con il ruolo specifico dei depositi di grasso in patologia, il contenuto e le proprietà delle cellule sono stati rilevati differenziali tra quello viscerale e quello sottocutaneo. La neovascolarizzazione rappresenta un processo basilare nella progressione del cancro e nelle sue fasi che coinvolgono la crescita, l’invasione e le metastasi. La vasculogenesi coinvolge, invero, l'infiammazione associata all’infiltrazione delle cellule endoteliali ed ematopoietiche. In effetti, i livelli delle CPC (circulating progenitor cells) e delle EC mature sono elevati nei tumori umani. Peraltro, le EC circolanti attecchiscono nel sistema vascolare del tumore, suggerendo un loro possibile ruolo nella progressione della malattia, come per le varie popolazioni leucocitarie. Di poi, poiché i tumori secernono fattori che causano l’ipossia e l'infiammazione, è stato ipotizzato che anche le MSC possano essere reclutate dai tumori. In effetti, nei pazienti oncologici è stata rilevata un’elevata circolazione di CFU-F.
In ultima analisi, bisogna ribadire che l’individuazione dei fattori che possono influenzare il decorso clinico del cancro rappresenta, di certo, una tappa fondamentale per la strategia d’approccio alla malattia e per la sua gestione. L'obesità, certamente, è ormai uno dei fattori più importanti da considerare, perché in progressiva e ampia diffusione.
Peraltro, la diversità di distribuzione del grasso corporeo tra uomini e donne offre anche una spiegazione alle differenze epidemiologiche dell’associazione dell’obesità con alcuni tipi di cancro. Negli uomini, difatti, l’accumulo di adipe è caratterizzato da un grado relativamente elevato del gasso viscerale rispetto alle donne che mostrano, invece, un aumento del grasso sottocutaneo alle anche. Per di più, la fisiopatologia sottostante l'associazione tra obesità e cancro deve risiedere in fattori genetici e nell’errato stile di vita, come la dieta non salutare e la ridotta attività fisica. L’iperinsulinemia deve anche rappresentare, di certo, un sottostante meccanismo biologico per le associazioni osservate. Al contrario, la restrizione energetica e il suo conseguente effetto di riduzione dell’insulinemia avrebbero dimostrato nei modelli animali d’inibire la carcinogenesi. L’iperinsulinemia, peraltro, oltre ai suoi particolari effetti di promozione sulla crescita, aumenta l’espressione degli IGF (insulin-like growth factors), aumentando la loro biodisponibilità attraverso la diminuita sintesi delle IGFBP-1, IGFBP-2 e IGFBP-3 (IGF-binding proteins). In aggiunta al loro importante ruolo sulla crescita e allo sviluppo normale, gli IGF-1 e IGF-2, attraverso azioni autocrine paracrine ed endocrine, sarebbero in grado di promuovere la proliferazione delle cellule tumorali. Di poi, il recettore IGF-1 media l’attività proliferativa degli IGF. Peraltro, studi in vitro ed epidemiologici hanno dimostrato che gli estrogeni endogeni ed esogeni riducono i livelli sierici degli IGF-1. In definitiva, in ragione del fatto che l'obesità rappresenta uno stato di espansione del WAT, bisogna considerare plausibile il suo collegamento con il cancro e la sua progressione. IL WAT, di fatto, si è rivelato un potente organo endocrino capace di secernere e immettere in circolo vari fattori di crescita come l’IGF-1, l’IGFBP e il TGF-β, ma anche citochine, come il TNF-α e interleuchina-6) e ormoni, come la leptina. L'espressione di queste adipochine aumenta nell'obesità e compromette il metabolismo lipidico, la sensibilità all'insulina, il sistema alternativo del complemento, l'emostasi vascolare, l'angiogenesi e la regolazione del bilancio energetico. In effetti, alcune di queste adipochine hanno dimostrato di favorire il cancro in vari animali e in modelli in vivo. Per esempio, l’interleuchina-6 si è vista fortemente legata ai cancri del colon-retto associati all’infiammazione e all’IBD (inflammatory bowel disease). Pertanto, i segnali del sistema endocrino / paracrino da parte del WAT potrebbero essere alla base del meccanismo con cui i disordini metabolici correlati all'obesità conducono al cancro. In relazione alla notevole potenza biologica di presenza nel WAT della popolazione dei progenitori cellulari, viene da ipotizzare che la stessa possa essere spinta a mobilizzarsi spontaneamente per risposta a segnali patologici per essere reclutata nei siti di malattia e influenzarne la progressione. Queste cellule possono, per esempio, servire come extra CAF (cancer-associated fibroblasts) di riserva nei pazienti oncologici obesi. Il gruppo di Yan Zhang hanno, in effetti, proposto che le MSC possano venire mobilitate dal WAT (ASC) negli obesi in risposta a segnali tumorali ed essere reclutate per la vasculogenesi del tumore. Poiché gli adipociti sono drammaticamente elevati negli obesi, gli Autori hanno anche ipotizzato che un numero elevato di cellule derivate dal WAT vengano eventualmente mobilitate e reclutate dal tumore nei pazienti, spiegando meglio l’associazione tra l’obesità e la progressione del cancro.
A tale proposito, sono ormai disponibili diversi dati di studi sperimentali sugli animali che indicano come le cellule derivate dal WAT tendano a essere reclutate nei tumori con un’infiltrazione sia endoteliale sia di linee stromali in diversi compartimenti.
Lo stesso Yan Zhang e collaboratori, sempre per meglio chiarire le connessioni fisiopatologiche tra cancro e obesità, hanno in seguito dimostrato che questa malattia facilita la crescita tumorale nei topi indipendentemente dalla dieta concorrente, suggerendo un effetto diretto dell’eccesso del WAT (white adipose tissue). In effetti, una volta trapiantate nei topi, le ASC (adipose stromal cells) potevano servire come progenitrici perivascolari degli adipociti che promuovevano la crescita del tumore. Forse in tal modo aiutavano a spiegare il legame che unisce l'obesità al cancro. Gli Autori sviluppando questa ipotesi, hanno, così, dimostrato che le ASC erano espanse nell’obesità e in spostamento dal WAT endogeno nei tumori in diversi modelli murini di cancro.
Sorprendentemente il confronto tra le popolazioni di cellule circolanti e infiltranti il tumore in topi magri e in altri obesi rivelavano che il cancro induceva un aumento della frequenza ASC nella circolazione sistemica di ben sei volte. Gli Autori ottenevano anche prove che le ASC mobilitate in questo modo potevano essere assunte nei tumori, incorporate nei vasi sanguigni come periciti, potendosi differenziare in adipociti in un modo dipendente dall’obesità. Estendendo questa prova, si scopriva che la vascolarizzazione maggiore del tumore, come risultato della variazione della morfologia e un aumento di due volte della densità, si associava con adipociti intratumorali e con la proliferazione elevata delle cellule maligne circostanti. Secondo gli Autori, l’insieme dei loro risultati suggeriva che le ASC reclutate dal tessuto adiposo endogeno potevano essere assunte dal tumore, potenziando le proprietà di sostegno del microambiente (Cancer Res., 72 (20); 5198-208. © 2012)
In conclusione, i risultati avrebbero indicato che l'obesità può accelerare la crescita del tumore indipendentemente dalla dieta concorrente. In effetti, di là dai molti processi sistemici attraverso i quali l'obesità può favorire il cancro, questo studio ha focalizzato il ruolo potenziale del WAT in eccesso. La prova di questo fenomeno è emersa, peraltro, in altri studi recenti degli Autori che hanno ipotizzato per il WAT, oltre alla funzione di secrezione delle adipochine, anche quella di servire come fonte di cellule reclutate dal tumore e stimolanti lo stesso attraverso la secrezione locale di fattori paracrini. Così che, i risultati di questo studio indicano che i progenitori mesenchimali assunti nei tumori, almeno in parte provengono dal WAT. Pur tuttavia, il midollo osseo rimane pur sempre la fonte autentica delle cellule ematopoietiche che contribuiscono al microambiente tumorale. I dati degli Autori suggeriscono, peraltro, che una combinazione di elevata disponibilità delle ASC e del loro traffico di segnalazione comporta nell'obesità l'incremento netto del loro reclutamento nei tumori. La mobilitazione delle ASC osservata nell’obesità, in concomitanza con il loro accumulo nello stroma / vascolarizzazione tumorali, indica che il WAT contribuisce al pool delle cellule mesenchimali del cancro. I dati dello studio sono contro la possibilità di una proliferazione significativa delle ASC infiltranti, come determinanti della loro abbondanza nei tumori. Inoltre, i dati suggeriscono che la CXCL1 (Chemokine (C-X-C motif) ligand 1) e l’IL-8 (interleukin – 8), secreta dalle cellule tumorali e la segnalazione tramite i recettori CXCR1 o CXCR2 (chemokine receptors) sono implicati nella migrazione delle ASC omentali umane.
I percorsi specifici molecolari attraverso i quali le ASC possono contribuire alla progressione del cancro sono ancora da stabilire. I dati di questo studio indicano, invero, che le ASC reclutate dai tumori diventano perivascolari o si differenziano in adipociti intratumorali. In precedenza era stato dimostrato che i progenitori mesenchimali, tra cui le ASC, modulavano la sopravvivenza cellulare, l'angiogenesi e la risposta immunitaria. Tale dato potrebbe spiegare i loro effetti di promozione del tumore. Riferimenti recenti in modelli murini indipendenti e in campioni clinici sugli adipociti tumorali sono in accordo con i risultati di questa ricerca. Inoltre, il non aver osservato in un recente studio un accumulo di lipidi nelle cellule maligne riportate avrebbe suggerito agli Autori che il metabolismo e i meccanismi di accumulo dei lipidi tumorali possono essere specifici per un tipo di cancro. I dati della maggiore copertura nell'obesità di periciti dei vasi tumorali suggerivano anche una pervietà vascolare aumentata con una conseguente maggiore sopravvivenza e proliferazione delle cellule maligne per effetto delle ASC. Peraltro, questa possibilità è coerente con gli effetti proangiogenici delle molecole secrete dalle ASC.
In sintesi, questo studio, come affermato dagli Autori, prevede il reclutamento nei tumori delle cellule derivate dal WAT come cooperatore potenziale degli effetti stimolatori dell'obesità sulla progressione della neoplasia. Tale dato solleverebbe una questione in merito alla sicurezza delle procedure di lipotransfer nei malati neoplastici tanto che i ricercatori hanno proposto le ASC come bersaglio potenziale di terapia.
J.Y. Petit dell’European Institute of Oncology, Milan – Italy e collaboratori, proprio riguardo all’ampia diffusione dell’innesto di grasso nella ricostruzione del seno delle pazienti con cancro, nel non chiaro ruolo del tessuto adiposo, hanno analizzato: cinquantanove pazienti con neoplasie intraepiteliali, sottoposte a lipofilling, senza recidiva tra chirurgia primaria e lipofilling e 118 pazienti abbinate come gruppo di controllo con i corrispondenti intervalli liberi da recidiva (Ann Oncol. 2013 Feb 7). L'endpoint primario con follow-up a partire dalla linea di base era costituito da un evento locale (LE). Il follow-up era di sessantatré e sessantasei mesi dall'intervento e trentotto e quarantadue rispetto al basale per i gruppi di lipofilling e di controllo rispettivamente. A cinque anni l'incidenza cumulativa di LE era del 18% e del 3% (P = 0.02). Nelle analisi di sopravvivenza univariata l’indice di proliferazione Ki-67 era il fattore significativo. Un'analisi per sottogruppi mostrava che il lipofilling aumentava il rischio di LE nelle donne con meno cinquanta anni, con alto grado di neoplasia, Ki-67 maggiore o uguale a quattordici o che avevano subito una quadrantectomia.
In conclusione, il rischio maggiore di LE si osservava nelle pazienti con neoplasia intraepiteliale dopo lipofilling per cui gli Autori, anche riconoscendo la necessità di ulteriori studi di conferma, suggerivano l’opportunità d’informazione in tali casi.
Hursting SD della Case Western Reserve University, Cleveland – USA hanno, per loro conto, richiamato l’attenzione sui diversi fattori correlati all'obesità che possono influenzare la comparsa di un tumore, la sua progressione e / o la risposta alla terapia (Cancer Prev Res (Phila). 2012; 5(11):1260-72). Gli Autori hanno, quindi, riproposto il ruolo chiave di questi fattori dell'ospite sugli effetti complessi del rapporto obesità e cancro e suoi esiti. Essi comprendono, invero, l’insulina, l’insulin-like growth factor-I, la leptina, l’adiponectina, gli ormoni steroidei, le citochine e le molecole legate all'infiammazione. Ognuno di essi è considerato nel contesto del bilancio energetico e come potenziale bersaglio per la prevenzione del cancro. La possibilità di prevenzione a livello dei sistemi deve, quindi, comprendere la restrizione energetica, la composizione della dieta e l’esercizio fisico.
Vucenik I e Stains JP del Duke University School of Medicine, Durham, USA, proprio riferendosi al crescente problema di salute in tutto il mondo rappresentato dall’obesità spesso associata alla sindrome metabolica, diabete, malattie cardiovascolari, ipertensione e altre patologie croniche, quali anche diversi tipi di cancro, tra cui quello del colon, della mammella, dell’endometrio, del fegato, dei reni, dell’esofago, dello stomaco, del pancreas, della cistifellea e anche la leucemia, hanno ribadito l’interesse scientifico di chiarire i meccanismi biologici alla base delle relazione tra queste malattie (Ann N Y Acad Sci. 2012; 1271:37-43).
Essi, in effetti, comprendono la modulazione del bilancio energetico, la restrizione calorica, i fattori di crescita, le molteplici vie di trasmissione dei segnali e dei processi infiammatori. Essenziale tra le vie di segnalazione che collegano l'obesità e il cancro è la cascata PI3K/Akt/mTOR, che rappresenta un obiettivo dei diversi fattori associati all'obesità e che regola la proliferazione e la sopravvivenza cellulare. La comprensione dei meccanismi molecolari e cellulari che intervengono nella connessione tra l’obesità e il cancro costituisce, peraltro, la condizione importante per lo sviluppo delle terapie potenziali. Comunque, il legame convince a ripetere la raccomandazione di mantenere un peso corporeo sano per tutta la vita, come una delle strategie più importanti per proteggersi contro le neoplasie maligne.