La cascata degli eventi nel collegamento tra obesità e cancro
Il tessuto adiposo è riconosciuto tradizionalmente come l’elemento del corpo che fornisce energia per la crescita, la riproduzione e la funzione immunitaria, ma secerne e riceve anche diverse molecole di segnalazione che coordinano, per risposta a condizioni ecologiche, la ripartizione dell’energia tra queste funzioni. Bisogna certamente porre attenzione ai rilievi che associano l'obesità a diverse malattie croniche, ma senza dimenticare le molteplici funzioni benefiche del tessuto adiposo. È importante, infatti, porre l’accento che molti rilevanti spunti ecologici agiscono sulla crescita e sul fisico dell’uomo e che l’adiposità è come risposta nell’ambito di una strategia di contro bilanciamento del rischio. Il gran numero dei singoli alleli associati con il tessuto adiposo illustra la sua integrazione con diverse vie metaboliche. Tuttavia, la variazione fenotipica con l’età, con il sesso, con lo stato etnico e sociale si associa a diverse strategie per la conservazione e l'uso dell'energia. L’adiposità, quindi, rappresenta uno strumento fondamentale di flessibilità fenotipica all'interno e attraverso le generazioni, consentendo una coerente storia di strategia di vita di fronte alla stocasticità demografica, ambientale ed ecologica. La sensibilità delle vie metaboliche ai numerosi spunti ecologici rende, peraltro, la nostra specie abbastanza vulnerabile alla manipolazione delle forze economiche globalizzate.
È noto oramai come l'obesità si caratterizzi per un basso grado d’infiammazione sistemica cronica con un aumento delle concentrazioni plasmatiche delle citochine e delle proteine infiammatorie della fase acuta. Questo basso livello d’infiammazione cronica rappresenta conseguentemente una delle principali cause dell’insulino-resistenza costituendo, quindi, un fattore di rischio per il diabete mellito tipo 2. La causa dell’infiammazione del tessuto adiposo è ancora oggetto di dibattito, richiedendo altri chiarimenti. È stato anche ipotizzato che la carenza di vitamina “D” sia alla base di questa predisposizione e che gli individui sviluppino, così, l’infiammazione del tessuto adiposo. Ciò comporterebbe il trattamento preventivo della vitamina per evitare soprattutto il diabete di tipo 2 e l’aumentato rischio delle malattie cardiovascolari e di alcuni tipi di cancro. Le evidenze, anche recenti, suggeriscono, in verità, che questa infiammazione sistemica è causata, almeno in parte, dall’infiammazione del tessuto adiposo. In tal modo, la ricerca sperimentale sui modelli murini dell’obesità ha suggerito che l’aumento della massa grassa si associa con una sua maggiore infiltrazione di macrofagi, di cellule T e di altri leucociti con cambiamento fenotipico di queste cellule. Sono in corso, pur tuttavia, studi per la conferma di questi dati anche nell’uomo e per giustificare, quindi, l'aumento del rischio delle malattie cardiovascolari e di alcuni tipi di cancro associati con l'obesità.
Weisberg SP della Columbia University, New York e collaboratori hanno voluto caratterizzare i cambiamenti che si verificano nel tessuto grasso nell’adiposità crescente. Ciò come approfondimento del dato che l'obesità altera la funzione endocrina e metabolica del tessuto adiposo con un aumento del rilascio degli acidi grassi, degli ormoni e delle molecole proinfiammatorie, determinanti per le consequenziali complicazioni (J Clin Invest. 2003 December 15; 112(12): 1796–1808). Gli Autori hanno, così, profilato l’espressione trascrizione nel tessuto adiposo perigonadale di topi Ay (agouti) e Lepob obesi, in cui adiposità varia a secondo del sesso, della dieta e delle mutazioni correlate all'obesità. L'espressione di 1.304 trascritti correlava in modo significativo con la massa corporea. Tra i cento geni più significativamente correlati, il 30% delle proteine codificate erano caratteristiche dei macrofagi e si associavano positivamente con la massa corporea. Le analisi immunoistochimiche del tessuto adiposo perigonadale, perirenale, mesenterico e sottocutaneo rivelavano che la percentuale delle cellule esprimenti il marcatore F4/80 (F4/80 +) dei macrofagi era significativamente e positivamente correlata con la dimensione degli adipociti e con la massa corporea. Relazioni simili si dimostravano nel tessuto adiposo sottocutaneo umano colorato per l'antigene macrofagico CD68. Peraltro, gli studi sul trapianto del midollo osseo e sulla quantificazione del numero dei macrofagi nel tessuto adiposo di topi Csf1op/op (colony-stimulating factor 1), deficienti in macrofagi, suggeriscono che queste cellule F4/80 + sono macrofagi del tessuto adiposo CSF-1 dipendenti, derivate dal midollo osseo. Le analisi dell’espressione delle popolazioni cellulari dei macrofagi e non, isolate dal tessuto adiposo, dimostravano che i primi erano responsabili di quasi tutta quella del TNF-α e in modo significativo di quella dell’iNOS (inducible nitric oxide synthase) e dell’IL-6 (interleukin-6).
In conclusione, il numero dei macrofagi del tessuto adiposo aumentava nell’obesità e partecipava ai percorsi infiammatori attivati nel tessuto adiposo.
Sheng Xia della Cornell University, Ithaca - New York e collaboratori, proprio sulla base dell’attivazione delle cellule immunitarie, compresi i macrofagi e le cellule CD8 + T, nel contributo significativo al progresso dell'obesità e delle sue complicanze mediche, hanno voluto esplorarne ulteriormente la regolazione in vivo (J Biol Chem. 2011 July 1; 286(26): 23591–23599). Lo studio ha riguardato un gruppo di cellule mieloidi immature con marcatori cellulari di superficie Gr-1 + CD11b +, altamente arricchiti nei tessuti periferici, come il fegato e l’adipe nel soggetto obeso. La sottoregolazione di queste cellule negli animali obesi aumentava in modo significativo l'infiammazione e alterava la sensibilità all'insulina e la tolleranza al glucosio. Invece, il loro trasferimento adottivo riscuoteva l'effetto opposto. Meccanicamente, si dimostrava che in condizioni di obesità le cellule Gr-1 + sopprimevano la proliferazione e inducevano l'apoptosi delle T CD8 +. Erano, altresì, in grado di predisporre la differenziazione dei macrofagi in insulinosensibilizzanti, in alternativa a quelli attivati M2. Nel suo insieme lo studio, secondo gli Autori, avrebbe dimostrato che le cellule mieloidi immature fornivano la piattaforma di controllo e di contrappeso per contrastare cellule immunitarie proinfiammatorie nel fegato e nel tessuto adiposo durante l'obesità, onde evitare evidenti risposte immunitarie.
Hursting SD e Hursting MJ dell’University of Texas, Austin – USA, considerando che l'obesità spesso si evidenzia come sindrome metabolica ed è un fattore di rischio stabilito per molti tumori, hanno riportato una recensione sintetizzando gli elementi di prova sui principali meccanismi biologici alla base del legame tra queste patologie (Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2012; 32(8):1766-70).
I percorsi interconnessi, con particolare riguardo ai fattori di crescita, quelli dell’infiammazione e dell’integrità vascolare, rappresentano, invero, i possibili obiettivi meccanicistici per interrompere questo legame.
Per altro verso, le cellule dei mammiferi richiedono un adeguato controllo trascrizionale del ciclo cellulare al fine di negoziare i complessi processi di sintesi del DNA, la duplicazione dei cromosomi e la risoluzione dei problemi topologici di duplicazione. Il mancato mantenimento di questo sviluppo mette a repentaglio la sopravvivenza delle cellule e favorisce la malignità. In questa connessione sono state osservate le proteine che contengono un bromodominio, le quali regolano la struttura cromatinica e l’epigenetica. È noto che il bromodominio proteico funziona come modulo di legame a istoni modificati, deputato a legare selettivamente le lisine acetilate. È un motivo altamente conservato di centodieci aminoacidi, dotato di quattro α-eliche anti-parallele. Definito per la prima volta nella proteina Drosophila brahma, ha da qui derivato il suo nome. Si trova, peraltro, in quasi tutte le HAT (histone acetyltransferases), nei coattivatori trascrizionali e nei componenti della cromatina associata ai complessi multi proteici. In definitiva, la conoscenza della composizione dinamica dei complessi proteici del bromodominio ha apportato maggiore chiarezza sui meccanismi di regolazione genica, sul controllo del ciclo cellulare e sulla malignità. In genere ogni proteina si lega selettivamente solo a un particolare residuo istonico modificato. Il bromodominio è stato individuato in proteine che interagiscono con la cromatina, come i fattori di trascrizione, le acetilasi istoniche e i complessi di rimodellamento del nucleosoma SWI / SNF (SWItch/Sucrose NonFermentable). Nell’uomo sono stati riconosciuti cinquantasei bromodomini codificati in quarantadue proteine. Essi nel DNA si trovano strettamente in relazione ai membri della superfamiglia delle elicasi correlate all’associata matrice dello SWI / SNF, actino-dipendente, regolatore della cromatina, dello SMARCA2, noto anche come brahma, BRM e SNF2α, e dello SMARCA4, noto anche come BRG1 e SNF2β. I due SMARCA2 e SMARCA4 sono le fondamentali subunità catalitiche, che si escludono a vicenda, dell’ATPasi di un complesso SWI / SNF che regola lo stato della cromatina. Il bromodominio si trova anche in molti regolatori trascrizionali e di sviluppo che funzionano attraverso la modificazione degli istoni e il rimodellamento dei nucleosomi. Si tratta di regolatori HAT (authentic histone acetyltransferases), come la CBP (CREB-binding protein) e il TAF1 (TBP-associated factor 1), noto anche come CCG1 e TAFII250. Questi domini sono tra loro collegati e disposti in tandem nelle proteine che contengono due bromodomini, come le BET. Quanto sin’ora riportato indica che le proteine BET svolgono un ruolo cruciale nella regolazione della trascrizione genica. Difatti, attraverso l'assunzione di proteine formano complessi che modificano la cromatina. In effetti, le proteine istoniche cromatinoregolatorie sono da qualche tempo state implicate nel cancro. Oggi la deregolamentazione epigenetica della trascrizione è giudicata tanto importante per la cancerogenesi quanto la mutazione genetica. Inoltre, le proteine della famiglia BET (bromodomain and extraterminal) sono mediatrici chiave per il montaggio della trascrizione del complesso P-TEFb (positive transcription elongation factor b), un evento necessario per l'inizio dell’allungamento della trascrizione.
In particolare, le BET hanno dimostrato di essere implicate nel cancro, dove possono essere espresse come fusioni di oncogeni maligni insieme al NUT (nuclear protein in testis), una proteina con funzione ancora sconosciuta che causa carcinomi molto aggressivi e scarsamente differenziati a principale sede di origine nella linea mediana del corpo, come la testa, il collo e il mediastino.
I requisiti spaziali per il reclutamento, da parte delle proteine BET del P-EFb sulla cromatina, rimangono ancora fino a oggi incerti e non sono chiari quali componenti di queste proteine siano direttamente implicati. La migliore comprensione di tali interazioni farà, di certo, luce sul loro ruolo nella trascrizione, fornendo le informazioni di vitale importanza per l’interpretazione delle malattie e la progettazione delle più efficaci terapie. Le proteine BET dei mammiferi sono, quindi, una classe di coregolatori trascrizionali contenenti una doppia serie di motivi di bromodominio, reciprocamente connessi, e un dominio extraterminale. Assumono importanza nel controllo del network dei geni, si legano alle lisine acetilate negli istoni della cromatina nucleosomale, reclutano gli enzimi della cromatina di modificazione per i promotori bersaglio e la funzione, a seconda del contesto, come coattivatori e corepressori dell’espressione genica. Nuove piccole molecole inibitrici sono state recentemente sviluppate per interrompere l’interfaccia del legame tra il bromodominio e i gruppi acetilati della lisina. Questi elementi hanno notevole potenza, selettività e sono ben tollerati. Essi sono stati recentemente utilizzati come agenti antitumorali e anti-infiammatori.
In effetti, gli inibitori delle proteine BET hanno dimostrato proprietà anti-infiammatorie. Infatti, le proteine BET BRD2, BRD3 e BRD4 regolano l'assemblaggio di acetilazione della cromatina dipendente dai complessi dell'istone che regolano l’espressione del gene dell’infiammazione. Un composto I-BET, strutturalmente simile all’JQ1, sostanza che ha preso il nome del chimico omonimo, dimostra, infatti, proprietà anti-infiammatorie. Studi sperimentali sui topi hanno evidenziato i rapporti tra le proteine BET e l’infiammazione e il fenotipo murino ha fornito un modello per gli esseri umani in cui l'obesità, non inevitabilmente associata al rischio cardiometabolico, non può essere considerata interamente dannosa. Questi soggetti MHO (metabolically healthy obese), corrispondenti a una percentuale valutata negli Stati Uniti a circa il 25% dei totali, dimostrano una sensibilità all'insulina conservata e una tolleranza glucidica eccellente, ma soprattutto un profilo infiammatorio ridotto. Hanno, difatti, un aumento meno marcato di PCR, di TNF e di altre citochine proinfiammatorie. Hanno per tutto questo minori complicazioni, come l’insulinoresistenza, la sindrome metabolica, l’ipertensione, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. Questi soggetti sono anche protetti da tutte le cause di mortalità di cancro rispetto ai soggetti insulinoresistenti. È interessante ipotizzare che i soggetti MHO possano avere alleli dei geni BET, in particolare BRD2, con protezione nell’obesità contro una disfunzione metabolica o un cancro. Per altro canto, si è dimostrata anche la coattivazione dei geni proinfiammatori che dipendono dalla trascrizione NF-kB attraverso l'interazione con il RELA acetilato. Bisognerà ottenere una completa conoscenza sul ruolo reciproco del BRD2, BRD3 e BRD4 e sulla modalità di coattivazione del NF-kB nella cooperazione con il complesso SWI / SNF nella regolazione delle risposte di trascrizione dei geni che codificano le citochine importanti proinfiammatorie, come il TNF e l’IL-6. Questi dati sono, di certo, rilevanti per il potenziale legame tra l'infiammazione cronica e l’aumentato rischio del cancro. È possibile, difatti, che l'infiammazione promuova alcuni tumori associate all'obesità nella sede d’infiammazione del tessuto adiposo bianco nei soggetti obesi insulinoresistenti. E a tale proposito, è interessante notare come la caratteristica infiammazione intestinale della malattia di Crohn sia fortemente correlata con il cancro colorettale. Peraltro sotto tale profilo, il ruolo ancora non del tutto risolto dell’infiammazione cronica e quello della disfunzione metabolica nell'obesità associata ai tumori potrebbero aprire la strada a nuovi farmaci, come agli inibitori delle BET. In definitiva, le funzioni proteiche delle BET interesserebbero l’adipogenesi, la produzione delle citochine infiammatorie, il controllo del ciclo e i programmi di sviluppo cellulare, processi in realtà profondamente interconnessi perché condividono un numero limitato di attori epigenetici. Pur tuttavia, per la segnalazione della trasduzione in ciascun caso e per le risposte cellulari specifiche, sono necessari i fattori di trascrizione adipogenici come il PPARγ, quelli infiammatori come il NF-kB, del ciclo cellulare come le E2F e specifici di ceppo come il PU.1 e il TBET.
Anna C. Belkina e Gerald V. Denis della Boston University School of Medicine – USA hanno esaminato gli sviluppi e hanno discusso le implicazioni delle BET per le loro possibili azioni contro il cancro (Nature Reviews Cancer 12, 465-477, July 2012).
D’altra parte, alcune interazioni coinvolgono la corepressione trascrizionale, come la trascrizione insulinica, la differenziazione controllata nel tessuto adiposo dal PPARγ (peroxisome proliferator-activated receptor-γ) e quella del GATA1 (anche noto come erythroid transcription factor) nel controllo ematopoietico.
La corepressione trascrizionale dei loci specifici è un processo attivo che richiede l'assunzione dei complessi repressori. Nel caso del PPARγ è abilitata attraverso l’associazione del BRD2 con il RXR, che è noto per eterodimerizzare con il PPARγ. La rimozione mediante l’ablazione genetica del BRD2 promuove la trascrizione del network adipogenico, analogamente al trattamento con tiazolidinedione. Peraltro, piccole molecole inibitrici delle proteine dovrebbero produrre un risultato simile.
Altre interazioni coinvolgono la coattivazione trascrizionale, come l'attivazione dei geni che promuovono la progressione del ciclo cellulare. A tale proposito, intervengono il MYC (termine derivato dal myelocytomatosis viral oncogene) e le proteine E2F. Per la sintesi delle citochine proinfiammatorie agisce più particolarmente il NF-kB (nuclear factor-κB), mentre per la regolazione dei geni cellulari il P-TEFb (The positive transcription elongation factor).
Comunque, la gamma completa di coinvolgimento delle proteine BET nel cancro è ancora da stabilire completamente. L'interazione del BRD4 con il P-TEFb e del TAF1 con la proteina E2 dell’HPV (human papillomaviruses), associato al rischio del cancro cervicale, porta l'attenzione sulla relazione tra il BRD4 dell’ospite e le proteine codificate dal virus, importanti per il controllo trascrizionale e il cancro. È importante rilevare che nelle cellule infettate dall’HIV, il fattore trascrizionale Tat dell’uno compete con il BRD4 dell’ospite per il legame del P-TEFb, presente sul terminale del virus. Tutto ciò per il controllo della trascrizione insieme all’attività HAT e del complesso
SWI / SNF.
Peraltro, la trascrizione e la replicazione dei virus latenti sembrano sfruttare la capacità della proteina BET, sia per la corepressione sia per la coattivazione, secondo le esigenze del virus mediante il P-TEFb, lo human papilloma virus (HPV) E2 protein, la proteina E2 o il Kaposi's sarcoma-associated herpesvirus (KSHV) latency associated-nuclear antigen 1 (LANA1) protein. Dati recenti coinvolgono la proteina BRD4 (Bromodomain-containing protein 4) anche per il mantenimento della struttura di ordine superiore della cromatina.
Derick Okwan-Duodu dell’Emory University School of Medicine, Atlanta e collaboratori hanno pubblicato una revisione sullo sviluppo disfunzionale delle cellule ematopoietiche durante la carcinogenesi (Am J Cancer Res 2013;3(1):21-33).
Gli Autori hanno descritto come le cellule della linea mieloide, sotto forma di MDSC (myeloid derived suppressor cells) e alternativamente di macrofagi polarizzati M2, possano influenzare quasi tutti i tipi di tumori mediante il controllo dei diversi aspetti dell’immunosoppressione, dell'angiogenesi, della proliferazione cellulare, della crescita e delle metastasi.
Gli Autori, pur segnalando il non ben descritto rapporto tra questi attori del sistema immunitario e l'obesità, hanno esaminato i meccanismi potenziali attraverso cui i diversi aspetti dell’obesità, come l’insulinoresistenza, l’aumento degli estrogeni, il basso grado d’infiammazione cronica possono fondersi per la promozione dell’induzione dei MDSC e della polarizzazione dei macrofagi M2, facilitando così lo sviluppo del cancro. In effetti, dalla comprensione dettagliata dell’interazione tra obesità e immunosoppressione mediata mieloide si possono identificare nuove strade per il targeting terapeutico, con l'obiettivo di ridurre la sfida che l’obesità presenta verso i migliori risultati contro il cancro.