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notiziario Febbraio 2013 N.2 COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ: Obesità e cancro - Evidenze sull’associazione tra obesità e cancro

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Indice
notiziario Febbraio 2013 N.2 COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ: Obesità e cancro
Il World Cancer Day 2013
Epidemiologia del rischio di cancro nell’obesità
Quali relazioni tra obesità e cancro?
La cascata degli eventi nel collegamento tra obesità e cancro
Cellule progenitrici derivate dal tessuto adiposo e cancro
Il cancro nell’accezione comune
Il peso globale del cancro
Previsioni in Europa della mortalità per cancro
Recenti dati epidemiologici delle neoplasie maligne in Italia
Flessione dei tassi di morte per il cancro
Evidenze sull’associazione tra obesità e cancro
Tutte le pagine

Evidenze sull’associazione tra obesità e cancro

Ament Z dell’Elsie Widdowson Laboratory UK e collaboratori hanno esaminato il ruolo che la metabolomica, tra cui la lipidomica, ha giocato nel chiarire l’azione dei PPAR (peroxisome proliferator-activated receptors) nella regolazione del metabolismo sistemico, così come negli aspetti del cancro farmaco-indotto e nel metabolismo xenobiotico (Genome Med.  2012; 4(4):32). Gli studi relativi hanno definito i ruoli dei PPARδ nel regolare l'ossidazione degli acidi grassi nel tessuto adiposo e l'interazione tra l’invecchiamento e il PPARα nel fegato. I potenziali vantaggi di questi approcci traslazionali riguardano l'ampliamento del ruolo degli agonisti dei PPAR e un migliore monitoraggio dell’efficacia dei farmaci. I PPAR, com’è noto, sono un insieme di tre recettori ormonali nucleari con un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo, in particolare nel passaggio tra lo stato di sazietà e quello del digiuno e nelle vie metaboliche che coinvolgono l'ossidazione degli acidi grassi e il metabolismo dei lipidi. Inoltre, al di fuori del metabolismo, rivestono un certo numero d’importanti ruoli di controllo e di sviluppo. I PPAR sono anche i potenti obiettivi per il trattamento del diabete di tipo 2, della dislipidemia e dell’obesità. Tutto ciò anche se un certo numero dei singoli agonisti sia stato collegato a effetti collaterali indesiderati e vi sia una complessa relazione tra i PPAR e lo sviluppo del cancro.
Edward A. Lew e Lawrence Garfinkel dell’American Cancer Society, dopo un lungo periodo di studio prospettico condotto nel periodo 1959-1972, hanno descritto la mortalità in funzione delle variazioni di peso tra 750.000 uomini e donne della popolazione generale (J Chronic Dis 1979; 32: 563–576). I valori più bassi si riscontravano nelle persone vicine al peso medio e in quelle con il 10-20% sotto a esso. Nei casi con il 30-40% del peso maggiore la mortalità era di circa il 50% superiore rispetto a quelli del peso medio. Con oltre il 40% in più si toccava quasi il 90%. La mortalità per cancro era elevata solo tra coloro con il 40% o più di sovrappeso. Il cancro del colon e quello del retto erano, peraltro, le sedi principali per la mortalità degli uomini, mentre quelli della cistifellea e delle vie biliari, del seno, della cervice, dell’endometrio, dell’utero e delle ovaie lo erano per le donne. La malattia coronarica era, però, il fattore principale della mortalità più elevata nel sovrappeso, arrivando a essere superiore del 55% nei casi con il 30-40% in più del peso della media e del 100% circa tra coloro con oltre il 40% del sovrappeso. Inoltre, la mortalità per diabete era particolarmente elevata nel sovrappeso, soprattutto nelle donne. I risultati di questo studio epidemiologico di mortalità corrispondevano a quelli del Build and Blood Pressure Study del 1959, basati sull’esperienza delle assicurazioni.
Wendy Demark-Wahnefried dell’University of Alabama e collaboratori hanno, in effetti, ribadito il ruolo dei fattori di rischio per l'incidenza del cancro nell’obesità, come condizione determinata dallo squilibrio energetico, e dai livelli sub-ottimali dell’attività fisica (Cancer Epidemiol Biomarkers Prev August 2012 21; 1244-1259). Hanno anche riproposto l’evidenza della loro importanza anche dopo la diagnosi del cancro e la loro influenza sul decorso della malattia, così come sulla salute generale, sul benessere e sulla sopravvivenza. Gli Autori hanno, così, precisato che lo stile di vita e gli interventi medici, che di fatto li modificano, sarebbero alla base del controllo del cancro. La revisione eseguita dagli studiosi riassumeva, in effetti, gli argomenti di discussione principali che sono stati affrontati nel recente workshop dell’Istituto di Medicina dal titolo "The Role of Obesity in Cancer Survival and Recurrence". La discussione includeva: i meccanismi dell’influenza e della progressione del cancro associati con l'obesità e con il bilancio energetico, la complessità di studio e l'interpretazione del bilancio energetico sulla ricorrenza del cancro e alla sopravvivenza, le associazioni tra l’obesità e il rischio di cancro, la recidiva e la mortalità, gli interventi che favoriscono la perdita di peso, l’aumento dell'attività fisica, il bilancio energetico negativo come mezzo di controllo del cancro, le prospettive future.
La perdita di peso, invero, ha dimostrato di determinare una significativa riduzione del rischio delle diverse malattie correlate all’obesità, quali il diabete tipo 2 e le malattie cardiovascolari. Sulla traccia di tal evidenza si è anche ipotizzata una riduzione dell'incidenza di mortalità per i tumori correlati all’eccesso di peso. Diversi sono stati, quindi,  i lavori pubblicati sulla valutazione di tale legame.
Wolin KY e Colditz GA della Washington University School of Medicine, St Louis nella loro revisione aggiornata ritrovavano evidenze dell’International Agency for Research on Cancer report del 2002 (Br J Cancer. 2008 Oct 7;99(7):995-9. Epub 2008 Aug 26). L'accento era posto sul decorso della malattia e sulle implicazioni per il controllo del peso per prevenire il cancro e portavano alla conclusione che la perdita di peso avrebbe potuto impedire una parte importante dei tumori più comuni, come il cancro del colon, quello al seno dopo la menopausa e quello della prostata. In seguito, gli studi più importanti sull’argomento hanno interessato condizioni dettate dalla chirurgia bariatrica, dimostrando l'utilità del ricorso a questa terapia.
Renehan AG dell’University of Manchester, UK e collaboratori hanno eseguito una revisione sistematica e una meta-analisi per valutare la forza dell’associazione tra la BMI e i diversi tipi di cancro e per indagare le differenze di queste associazioni tra i sessi e i gruppi etnici (Lancet. 2008 Feb 16;371(9612):569-78). A seguito di ricerche elettroniche dal 1966 al novembre 2007, hanno identificato studi prospettici di venti tipi di cancro. Hanno, quindi, fatto una metanalisi casuale sugli effetti e una metaregressione delle stime incrementali specifiche dello studio per determinare il rischio di cancro associato con un aumento di 5 kg/m2 della BMI. Erano, così, analizzati 221 set di dati, pari a 141 articoli, tra cui 282.137 casi incidenti. Negli uomini a ogni aumento di 5 kg/m2 della BMI si associava fortemente l’adenocarcinoma esofageo (RR 1.52, p <0.0001), della tiroide (1.33, p = 0.02), del colon (1,24, p <0,0001) e del rene (1,24, p <0,0001). Nelle donne si registravano forti associazioni tra un aumento di 5 kg/m2 della BMI e il cancro dell'endometrio (1.59, p <0.0001), della colecisti (1.59, p = 0.04), dell’esofago (1.51, p <0.0001) e del rene (1,34, p <0,0001). Si notavano associazioni positive più deboli (RR <1.20) negli uomini tra il maggiore indice di massa corporea e il cancro rettale e il melanoma maligno. Nelle donne le stesse deboli correlazioni si registravano, invece, con il cancro della mammella in post-menopausa, del pancreas, della tiroide e del colon.  In entrambi i sessi erano in causa la leucemia, il mieloma multiplo e il linfoma non-Hodgkin.

Per il cancro del colon le associazioni erano più forti di due punti negli uomini, rispetto alle donne (p <0,0001). Inoltre, le correlazioni erano generalmente simili negli studi dell’America settentrionale, Europa, Australia e le regioni Asiatiche del Pacifico. In quest’ultima area del mondo, peraltro, si registravano forti correlazioni tra la BMI e i tumori al seno in premenopausa (p = 0,009) e postmenopausa (p = 0,06).
In conclusione, sulla base del loro studio, gli Autori affermavano che l’aumento della BMI si associava a un aumentato rischio dei tumori maligni più comuni e meno comuni. Inoltre, per alcuni tipi di cancro, le correlazioni differivano tra i sessi e le popolazioni delle diverse origini etniche, tanto da suggerire ulteriori esplorazioni sui meccanismi biologici di questo legame.
S. Birks della Monash University Melbourne, Victoria, Australia e collaboratori hanno compiuto una recente recensione con il proposito di esaminare la letteratura riguardante l’effetto di tutti i tipi di perdita di peso sull’incidenza del cancro e sulla mortalità e di descrivere in modo più chiaro il rapporto tra questi due fattori (Obesity Reviews Volume 13, Issue 10, pages 868–891, October 2012). Hanno, così, identificato trentaquattro studi osservazionali, tranne uno, per la maggior parte riportanti pesi auto-riferiti e senza la definizione dell’intenzionalità della perdita di peso. Peraltro, sedici dei trentaquattro lavori avevano trovato una significativa associazione inversa tra la perdita di peso e l'incidenza del cancro o della mortalità. Per il resto, i risultati erano stati nulli. L'associazione osservata era stata più coerente in cinque dei sei studi con indagine dell'effetto della perdita di peso intenzionale. Peraltro, la riduzione del rischio era stata maggiore per i tumori correlati all'obesità e nelle donne.
In conclusione, secondo i risultati acquisiti, gli Autori dichiaravano che la perdita di peso intenzionale si era tradotta in una minore incidenza di cancro, in particolare quello femminile e correlato all’obesità. Tuttavia, affermavano la necessità di ulteriori valutazioni con maggiore attenzione per le popolazioni maschili.
Oggi si stima da più parti che circa il 40% dei casi di cancro dell'endometrio, il 25% dei casi di quello renale e il 10% di quello al seno e del colon potrebbero essere evitati mantenendo un indice di massa corporea (BMI) inferiore ai 25 kg per m2.
Peraltro, il Workshop Summary del 3 aprile 2012 dell’IOM (Istitute of Medicine), The Role of Obesity in Cancer Survival and Recurrenc, riportava che le recenti ricerche suggeriscono che l'eccesso di peso e l'obesità possono influenzare la sopravvivenza del cancro e le recidive. D’altro canto, il crescente tasso dell’obesità e dell'invecchiamento della popolazione rende le popolazioni sempre più suscettibili al cancro, alimentando la sempre più diffusa preoccupazione per il ruolo dell'obesità nella crescita del tumore. C’è, quindi, grande interesse a esplorare sempre più nuovi ed efficaci modi per rompere il legame tra queste due malattie, specialmente in presenza già di un tumore, perché vi sarebbe maggiore suscettibilità alla progressione maligna o alla sua recidiva o alla sua presentazione in altra sede.
Tarabra E del Presidio Sanitario Gradenigo Torino e collaboratori hanno considerato come il cancro del colon-retto (CRC) rappresenti un problema sanitario importante in Italia, essendo la seconda causa di morte per cancro dopo di quello polmonare negli uomini e quello al seno nelle donne (Eur J Intern Med.  2012; 23(1):65-9). Hanno voluto, così, compiere uno studio per meglio chiarire i meccanismi alla base del ruolo dell’obesità nel CRC tenendo  conto del recente SNP (polimorfismo a singolo nucleotide) del gene FTO (fat mass and obesity associated), risultato significativamente associato con l'obesità. In particolare, gli Autori hanno teso a stabilire se lo SNP rs9939609 FTO potesse rappresentare nella popolazione italiana un fattore di rischio per il CRC e l’adenoma. Hanno, così, arruolato 1.037 soggetti suddividendoli in tre gruppi:
1) 341 pazienti con CRC, M / F = 197/144, età media = 65,17 ± 11,16 anni,
2) 385 pazienti con adenoma del colon-retto, M / F. = 247/138, età media = 62,49 ± 13,01 anni,
3) 311 controlli sani, M / F = 150/161, età media = 57,31 ± 13,84 anni.
Il DNA è stato estratto dal sangue intero e conservato congelato per la genotipizzazione rs9939609 mediante real-time PCR.
La frequenza dell’obesità associata all’allele A mutato (AA + AT) sul gene FTO era 69,77% tra i controlli e 71,85% e 65,71% rispettivamente tra i CRC e i pazienti con polipo. Rispetto ai soggetti di controllo il genotipo dell’AA + AT non aveva effetti significativi sul rischio sia per i CRC (OR = 1,106, IC 95% = 0,788-1,550, p = 0,561) sia per gli adenomi colorettali (OR = 0,830, IC 95% = 0,602-1,144, p = 0.255). Non si osservava alcuna associazione tra il genotipo AA e la localizzazione CRC / polipo e l'età al momento della diagnosi. Come misurato in un gruppo di pazienti, i portatori degli alleli di rischio non riflettevano una BMI significativamente alterata.
In conclusione le varianti FTO legate all’obesità nella popolazione italiana non avrebbero svolto, secondo gli Autori, un ruolo importante nel modulare il rischio di cancro del colon-retto.
Yang WH della National Yang-Ming University, Taipei Taiwan e collaboratori hanno descritto come la RAC 1 medi la migrazione delle cellule del cancro indotto dall’attivazione della Twist 1 (Nat Cell Biol. 2012 Mar 11;14(4):366-74).  L’EMT (Epithelial-mesenchymal transition), caratterizzata dalla soppressione della proteina di adesione E-caderina, è un processo fondamentale per la promozione delle metastasi e delle proprietà similstaminali delle cellule tumorali. Tuttavia, la dissociazione degli aggregati cellulari non sarebbe sufficiente a spiegare lo spostamento delle cellule tumorali e, quindi, sfugge ancor oggi la natura della mobilità delle cellule tumorali sottoposti all’EMT. Gli Autori hanno, così, identificato un meccanismo con cui si stimola il movimento delle cellule cancerogene mediante l'attivazione del RAC 1. La Twist 1 coopera con la BMI1 nel sopprimere l’espressione della let-7i. Si ottiene, così, la sovraregolazione dello NEDD9 e del DOCK3, l’attivazione del RAC 1, consentendo la modalità del movimento mesenchimale tridimensionale. In effetti, nella clinica dei pazienti con cancro della testa e del collo l'attivazione dell'asse Twist 1 - let-7i - NEDD9 si correla con l'invasività e il peggiore risultato del tumore.
Parekh N della New York University, USA e collaboratori, considerando che il ruolo dell'obesità sulla sopravvivenza del cancro è poco conosciuto pur essendo un noto fattore di rischio, hanno condotto una revisione sistematica della letteratura per valutare l'evidenza sulla prognosi del tumore della prostata, del colon-retto e della mammella, tre delle più comuni sedi colpite dall'adiposità (Annu Rev Nutr.  2012; 32:311-42). Gli Autori hanno, così, esaminato trentatré studi di cancro al seno, sei di quello alla prostata e otto del colon-retto. Le evidenze erano riferite abbondantemente alla sopravvivenza del cancro alla mammella, mentre erano scarse nei meriti del cancro della prostata e del colon-retto. Nel complesso, però, la maggior parte studi sosteneva una relazione tra l’adiposità e la mortalità o la progressione del cancro specifico per sede. Tuttavia, secondo gli Autori, la maggior parte delle ricerche non era stata specificamente progettata per studiare questi risultati e, di conseguenza, si sarebbero dovute considerare diverse questioni metodologiche prima di integrare i dati ottenuti e trarne le conclusioni.
Green DM dello St Jude Children's Research Hospital, Memphis – USA e collaboratori hanno dovuto costatare che molti partecipanti del CCSS (Childhood Cancer Survivor Study) erano ad aumentato rischio di obesità per causa probabilmente multifattoriale, ma non ben compresa (J Clin Oncol.  2012; 30(3):246-55). Hanno, così, voluto valutare il potenziale contributo dei fattori demografici, di stile di vita, di trattamento, intrapersonali e dell’uso farmaceutico auto riferito per l’obesità con indice di massa corporea ≥ 30 kg/m2 in 9.284 adulti maggiori di diciotto anni, partecipanti al CCSS. Hanno anche identificato i predittivi indipendenti utilizzando modelli di regressione multivariabile. Le correlazioni sono state determinate con SEM (structural equation modeling). I fattori di rischio indipendenti per l'obesità includevano il cancro diagnosticato da cinque a nove anni di età (rischio relativo [RR], 1,12, 95% IC, 1,01-1,24, p = .03), l’alterazione della funzione fisica Short Form-36 (RR, 1,19, 95% IC, 1,06-1,33; uso P < .001), le radiazioni ipotalamo / ipofisi a dosi da venti a trenta Gy (RR, 1.17, 95% IC, 1,05-1,30 p = .01) e l’uso della paroxetina (RR 1.29, 95% IC, 1,08-1,54, p = .01). Le linee guida dell’incontro dell’US Centers for Disease Control and Prevention per l’intensa attività fisica (RR, 0,90, 95% IC, 0,82-0,97, p = .01) e per una quantità media di ansia (RR, 0,86, 95% IC, da 0,75 a 0,99; P = .04) riducevano il rischio dell’obesità. I risultati della SEM (n = 8.244; indice misura comparativa = 0,999; indice di Tucker Lewis = 0,999; radice dell'errore quadratico medio di approssimazione = 0,014; radice quadrata del residuo medio ponderato = 0,749) descrivevano, peraltro, l'impatto gerarchico dei predittivi diretti, moderatori e mediatori dell'obesità.
In conclusione, secondo gli Autori il trattamento, lo stile di vita e i fattori intrapersonali, così come l'uso degli antidepressivi specifici, potevano contribuire all'insorgenza dell’obesità tra i sopravvissuti, mentre un intervento poliedrico, tra farmaco alternativo e altre terapie per la depressione e l'ansia, avrebbe potuto ridurne il rischio.



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