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notiziario Gennaio 2013 N.1 COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ: Struttura e fisiopatologia del tessuto adiposo - Il tessuto adiposo

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Indice
notiziario Gennaio 2013 N.1 COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ: Struttura e fisiopatologia del tessuto adiposo
Il tessuto adiposo
Dieta del paleolitico come promessa di prevenzione e trattamento delle malattie della civiltà
Gli adipociti
La differenziazione degli adipociti
Principali funzioni degli adipociti e loro corrispondenti fattori
Distribuzione anatomica del tessuto adiposo
Tecniche di valutazione del grasso viscerale
Obesità, patologia a basso grado d’infiammazione cronica
Il tessuto adiposo come organo immunitario
Macrofagi del grasso e loro ruolo locale e sistemico
Tessuto adiposo, infiammazione, insulinoresistenza e diabete
Grasso regionale e resistenza insulinica
Adiposità viscerale e alterazione critica delle cellule T
Tutte le pagine

Il tessuto adiposo

L’accezione comune considera il tessuto adiposo soprattutto sede di stoccaggio di energia nell’organismo, prevalentemente sotto forma di trigliceridi. Pur tuttavia, in prima analisi bisogna considerare che, come per gli altri organi e tessuti, l’anatomia e la funzionalità di questo particolare tessuto sono correlate tra loro e che la sua composizione istologica dipende da:

  1. le caratteristiche individuali, quali ereditarietà, età, razza, sesso, ambiente, bilancio calorico, quantità di cibo ingerito, attività fisica,
  2. l’origine o sede in fase di analisi,
  3. le tecniche delle analisi, come l'aspirazione o la biopsia escissionale.

Il tessuto adiposo si trova in molti vertebrati come sofisticato mezzo d’immagazzinamento energetico nell’incertezza del suo approvvigionamento ma non solo, poiché con il tempo gli sono state riconosciute numerose altre funzioni.

Da notare che oggi giorno, da una parte la combinazione di diete insulinogeniche e lo stress psicosociale, e dall’altra la bassa dispersione di energia con lo sforzo fisico, la riproduzione e la funzione immunitaria stimolano la lipogenesi cronica, riducendo la lipolisi. È così che si raggiungono alti livelli di adiposità che diventano tossici e nocivi per la salute.
Peraltro, una delle conseguenze negative della sovralimentazione cronica risiede negli elevati livelli degli acidi grassi liberi, comunemente riscontrati nell’obesità e nel diabete mellito. Questo dato porta, invero, alla diminuita utilizzazione del glucosio, soprattutto a livello del muscolo scheletrico e cardiaco. Inoltre, un aumento dei livelli circolanti degli acidi grassi ha un effetto inibitorio sulla funzione delle cellule β che, così, diminuiscono la secrezione d’insulina. Il tessuto adiposo risponde sia con l’ipertrofia sia con l’iperplasia all'afflusso degli acidi grassi, aumentando il loro stoccaggio in eccesso. Ne deriva un aumento dei tassi d’ipossia e di morte cellulare con una conseguente risposta infiammatoria.
L’aumento dei marcatori dell’infiammazione sembra, oramai, essere uno dei principali motivi con cui s’innesca il complesso meccanismo delle alterazioni metaboliche legate all'obesità. Si sviluppano, così, le comorbidità dell’obesità caratterizzate dall’aumento dell’insulino-resistenza e dell'infiammazione, come il diabete mellito tipo 2, l’ipertensione, l’iperlipidemia, l’apnea ostruttiva del sonno, la steatosi epatica, la sindrome dell'ovaio policistico, le malattie cardiovascolari.
In definitiva, gli acidi grassi liberi come nutrienti rappresentano una fonte importante di energia, ma agiscono in vari processi anche come molecole di segnalazione cellulare. In tale ultimo ambito, sono stati identificati in molte malattie diversi recettori accoppiati alle proteine G. Il GPR120, noto anche come O3FAR1, funziona come un recettore per gli acidi liberi insaturi a catena lunga e ha un ruolo critico in vari meccanismi dell’omeostasi fisiologica, come l’adipogenesi, la regolazione dell'appetito e delle preferenze del cibo. Questa proteina, di fatto, ha sede sulla superficie delle cellule intestinali e degli epatociti, permettendo la rilevazione e la risposta agli acidi grassi insaturi alimentari, soprattutto agli omega-3.

Atsuhiko Ichimura della Kyoto University, Japan e collaboratori hanno dimostrato che i topi carenti di GPR120, alimentati con una dieta ricca di grassi, sviluppavano obesità, intolleranza al glucosio e steatosi epatica, con una diminuzione della differenziazione degli adipociti e con un’avanzata lipogenesi epatica (Nature 483, 350–354, 15 March 2012). Si associavano anche un’insulinoresistenza e una maggiore infiammazione nel tessuto adiposo. I ricercatori hanno analizzato in 6.942 obesi e in 7.654 normopeso di controllo il gene che codifica per la Gpr120. Negli uomini si dimostrava che l’espressione del GPR120 nel tessuto adiposo era significativamente maggiore negli obesi, rispetto ai controlli magri. In altro modo, i soggetti con una certa mutazione nel gene che codifica la GPR120, che comporta l’arresto della risposta della proteina agli acidi grassi omega-3, avevano maggiori probabilità di divenire obesi. La mutazione produceva un effetto simile a quello di una cattiva alimentazione con scarsa componente di acidi grassi omega-3. Inoltre, la variante p.R270H aumentava il rischio dell’obesità nelle popolazioni europee.
Nel complesso, questo studio, a detta degli Autori, dimostrava che il sensore lipidico GPR120 avrebbe un ruolo chiave nel rilevamento dei grassi alimentari e, quindi, nel controllo del bilancio energetico, sia nell'uomo sia nei roditori. Le cause dell’obesità non risiederebbero, quindi nella sola cattiva abitudine alimentare, ma anche nel patrimonio genetico dei malati. Questo studio, che ha visto la partecipazione di Claudio Maffeis e Anita Morandi dell’University of Verona e di Raffaella Buzzetti della Sapienza University di Roma, avrebbe rilevato come il difettoso funzionamento della Gpr 120, proteina con azione di sensore dell’assunzione dei grassi alimentari, possa essere una causa dell’obesità e delle patologie del fegato.



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