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notiziario Ottobre 2012 N°9 - COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ - L’epidemia dell’obesità in Italia e nel mondo

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Indice
notiziario Ottobre 2012 N°9 - COMPLESSITÀ DELL’OBESITÀ
Definizione e stadi dell’obesità
Le cause e la fisiopatologia dell’aumento di peso corporeo
Influenza genitoriale sull’IMC (Indice di Massa Corporea) della prole
Obesità e bevande zuccherate
Il rischio genetico dell’obesità delle bevande zuccherate
Vivere vicino ai fast food influenza l’aumento del peso corporeo?
Alcuni dati su nutrienti e salute
Proteine della dieta e grasso addominale
La bassa Vit “D” può favorire l’obesità dell’adulto
L’epidemia dell’obesità in Italia e nel mondo
L’obesity day
Tutte le pagine

L’epidemia dell’obesità in Italia e nel mondo

L'obesità segna da qualche tempo in tutto il mondo una prevalenza in crescita continua, tanto da dover ormai parlare di epidemia. Peraltro, con l’invecchiamento demografico della popolazione l’aumento degli obesi adulti più anziani è particolarmente più marcato.

Fino al 1980, meno di una persona su dieci era obesa, ma di poi si è registrato un raddoppiamento ed anche una triplicazione dei tassi in diciannove dei trentaquattro paesi dell'OCSE (Organisation de coopération et de développement économiques) per cui la maggior parte della popolazione è ora in sovrappeso o obesa. Nel 2008 in tutta l’Europa oltre il 50% degli uomini e delle donne era in sovrappeso e circa il 23% delle donne e il 20% degli uomini erano obesi.
In base alle ultime stime, sempre nei paesi dell'EU, il sovrappeso colpirebbe il 30-70% delle persone adulte e l'obesità il 10-30%.
Le proiezioni, peraltro, indicano che entro il 2020 in alcuni paesi OCSE più di due su tre persone saranno in sovrappeso o obese.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto, per suo conto, che nel mondo entro il 2015 gli adulti in sovrappeso saliranno a 2,3 miliardi e più di 700 milioni con obesità. Peraltro, con l’invecchiamento demografico progressivo della popolazione mondiale, si stima adesso che per gran parte dei paesi del mondo circa il 20% delle persone dai sessantacinque anni di età e oltre è affetta da obesità con tendenza di crescita in ragione  del fenomeno legato ai figli del baby boom.
Nel 2010 trentasei Stati presentavano un tasso di obesità uguale o superiore al 25% e dodici di essi raggiungevano il 30% o più.

La prevalenza dell'obesità varia oggi di quasi dieci volte tra i paesi OCSE, spaziando dal minimo del 4% del Giappone e della Corea al massimo del 30% o più degli Stati Uniti e del Messico. In particolare, secondo l'aggiornamento attuale che nel rapporto globale 2010 esamina i dati delle dieci nazioni più sviluppate, i tassi dell’obesità sono notevolmente rallentati o interrotti del tutto in Inghilterra, Ungheria, Italia, Corea e Svizzera. Sono cresciuti solo di poco in Francia e Spagna.
All'altra estremità dello spettro, i tassi dell’obesità sono cresciuti dal 4 al 5% in Messico e negli Stati Uniti, paese con il più alto tasso di obesità di una nazione sviluppata.
Per quanto riguarda l’Europa non è chiaro se i tassi di obesità siano in aumento in tutto il continente, ma di certo non sono così elevati e non crescono così rapidamente come negli Stati Uniti.
Doak CM della VU University and VU Medical Centre, Amsterdam, the Netherlands e collaboratori hanno sviluppato uno studio per migliorare la comparabilità dei dati disponibili, tenendo conto delle differenze legate all'invecchiamento della popolazione (Obes Rev. 2012 Feb;13(2):174-91). Gli Autori hanno incluso indagini condotte tra il 1985 e il 2010 nella Regione Europea dell'OMS sugli adulti dai venticinque ai sessantaquattro anni. La prevalenza del sovrappeso / obesità è stata adeguata alla popolazione europea standard di età. I dati sono stati, quindi, inseriti per ciascuna delle categorie di cinque anni tra il 1981 e il 2010. Le misure di altezza e peso erano disponibili per entrambi i sessi dai sedici a ventiquattro anni dei cinquantatré paesi. I soggetti di 50-64 anni avevano una più alta prevalenza di sovrappeso e di obesità, rispetto al gruppo dai venticinque ai quarantanove anni. Questo quadro era presente in tutti i paesi sia nei maschi sia nelle femmine e in quasi tutti i sondaggi. Peraltro, la prevalenza del sovrappeso standardizzata per l’età era maggiore in tutti i paesi tra i maschi, rispetto alle femmine, e i dati di tendenza dimostravano un aumento nella maggior parte di essi. I risultati mostravano maggior numero di paesi con dati disponibili, così come la categoria più elevata di obesità nelle indagini successive.
In merito all’età pediatrica, il numero di bambini europei in sovrappeso ha anche subito un aumento costante nel periodo 1990-2008. Tale dato è davvero preoccupante laddove anche si consideri che oltre il 60% di essi saranno destinati al sovrappeso nell’età adulta. Oggi, peraltro, è abbastanza noto che l'obesità infantile è fortemente associata con i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, i problemi ortopedici, i disturbi mentali, lo scarso rendimento scolastico e la bassa autostima che può condurre a disturbi dell’umore. Il rapporto OCSE, per sua parte, riporta che i tassi dell’obesità infantile sono effettivamente rimasti stabili intorno al 6-8% nel corso degli ultimi dieci anni, anche se con alcune fluttuazioni. Pur tuttavia, un bambino su cinque presenta un peso corporeo in eccesso in tutti i paesi. In Grecia, Stati Uniti e Italia il dato, poi, è più vicino a un terzo. Solo in Cina, Corea e Turchia il 10% o meno dei bambini è in sovrappeso. Inoltre, nella maggior parte di tutti paesi i ragazzi presentano tassi di sovrappeso e di obesità più alti rispetto alle ragazze. 

Dal loro canto, queste ultime tendono ad avere tassi più elevati nei paesi nordici, come la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, il Regno Unito, i Paesi Bassi e l’Australia.
Il Hbsc-Italia (Health Behaviour in School-aged Children) è uno studio multicentrico internazionale cui l’Italia ha aderito nel 2001-2002 per migliorare le conoscenze sulla salute dei giovani. Ha inteso, soprattutto, focalizzare l’attenzione sulle abitudini alimentari, sull’attività fisica, sul tempo libero, sull’immagine corporea, ma anche sui comportamenti a rischio, sul benessere percepito, sul contesto familiare e sull’ambiente scolastico.
I risultati sono stati raccolti ogni quattro anni e nel 2010, con la collaborazione dell’Istituto Superiore della Sanità, è stato coordinato dalle Università di Torino, Siena e Padova il progetto “Sistema d’indagini sui rischi comportamentali nell’età dai sei ai diciassette anni”.  Si è realizzato un campione di circa 4.000 ragazzi di undici, tredici e quindici anni d’età in ciascuna regione.
I dati, presentati nel convegno del 12 ottobre 2010, hanno dimostrato che:

  • L’eccesso ponderale diminuiva con l’età, essendo prevalente nei maschi.
  • La prevalenza del sovrappeso e dell’obesità nei ragazzi era più elevata a undici anni, corrispondendo al 29,3%, contro il 19,5% delle femmine.
  • A quindici anni, invece, la prevalenza era del 25,6% nei maschi e del 12,3% nelle femmine.
  • A quindici anni i giovani, per il 47,5% maschio e per il 26,6% femmine, facevano meno attività fisica rispetto ai tredicenni, per il 50,9% maschi e il 33,7% femmine.
  • I quindicenni, per il 40% maschi e il 24% femmine, dichiaravano di consumare alcol, almeno una volta la settimana.
  • Entrambi i maschi e le femmine quindicenni dichiaravano nel 19% di fumare almeno una volta la settimana.
  • Nel mezzogiorno d’Italia e tra i maschi si rilevava un minor consumo quotidiano di verdura.

Sotto ben definiti aspetti, l'attuale epidemia mondiale dell’obesità deve essere considerata come un processo non trasmissibile nel contesto della globalizzazione. Questo processo ha, difatti in materia di sanità pubblica, un impatto importante sia sulle determinanti economiche sia sociali. C'è, a tal proposito, una crescente evidenza che le tendenze globali di stile di vita, il comportamento alimentare e l'adattamento culturale contribuiscono in tutto il mondo al determinismo del rapido aumento della malattia. In tal modo, l'obesità può essere definita come un elemento socialmente contagioso della globalizzazione. Peraltro, sono stati individuati anche gli agenti infettivi che possono causarla, secondo meccanismi centrali, oppure modulando la funzione degli adipociti e contribuendo, perlomeno, con la condizione infiammatoria cronica della sindrome metabolica. Pertanto, la globalizzazione può effettivamente costituire una piattaforma fondamentale per questi patogeni nell’alimentare l'epidemia. Questo concetto che porrebbe le basi sui legami tra la globalizzazione e la malattia trasmissibile permetterebbe, peraltro, di tracciare migliori vie di prevenzione e di trattamento.
C’è, purtroppo, da considerare che da più parti del mondo non vi sia ancora la consapevolezza che obesità è una malattia epidemica come risposta negli ultimi quaranta anni alla drastica e progressiva riduzione della domanda di attività fisica e ai grandi cambiamenti nella fornitura alimentare dei paesi. Così che i cambiamenti di approvvigionamento alimentare e l'ambiente fisico vengono guidati sprovvedutamente in senso socioeconomico, mentre il settore della sanità è tenuto a raccoglierne drammaticamente le conseguenze.
Pur tuttavia, come precedentemente accennato, l'epidemia dell’obesità sembra essersi rallentata in alcuni paesi dell'OCSE negli ultimi tre anni, o almeno è cresciuta meno di quanto precedentemente previsto. Di certa importanza è il dato che i governi di diversi stati hanno preso atto del problema e conseguentemente hanno intensificato gli sforzi per affrontare le cause con strategie sempre più globali, coinvolgendo le comunità e le principali parti interessate. Sono derivati, difatti, provvedimenti particolari, come le imposte sui cibi ricchi di grassi e zuccheri in Danimarca, Finlandia, Francia e Ungheria. Comunque, secondo le informazioni fornite dall’OCSE, pur con questa riduzione di progressione del numero degli obesi, esso rimane sempre a livelli allarmanti.
La recente relazione “obesity update 2012” indica, difatti, che 500 milioni di persone in tutto il mondo sono obesi, o meglio una su ogni 10.
Lo studio ha anche rivelato che i tassi di obesità in crescita sono sempre più il risultato di disuguaglianza sociali ed economiche. Ad esempio, le donne meno istruite avrebbero da due a tre probabilità maggiori di essere in sovrappeso e obese. Nel rapporto si afferma, peraltro, che l'attuazione di una strategia globale di prevenzione dell'obesità potrebbe contribuire in alcune nazioni a salvare oltre 155.000 vite ogni anno.
In Italia circa una persona su dieci è obesa, con un tasso significativamente inferiore a quello della media OCSE, corrispondente a uno su sei. Gli ultimi dati mostrano che la percentuale degli adulti in sovrappeso è solo lievemente aumentata dagli inizi del 2000, sostanzialmente in linea con le precedenti proiezioni. Per quanto riguarda il sesso, le donne sono più spesso affette rispetto agli uomini, ma i tassi di questi ultimi sono cresciuti più rapidamente nella maggior parte dei paesi dell'OCSE.

I dati Istat del 2010 sul sovrappeso e sull’obesità degli italiani dal 2001 riportano un aumento dal 33,9 al 35,6% e dall’8,5% al 10,3% rispettivamente. In particolare, il fenomeno è stato visto crescere con l’età passando dal 19% del gruppo dai diciotto ai ventiquattro anni a oltre il 60% di quello dai cinquantacinque ai settantaquattro anni. Si è registrata, invece, una diminuzione lieve con il 55,9% tra le persone con più di settantacinque anni. Le condizioni di sovrappeso e obesità sono state più diffuse tra gli uomini che tra le donne, per cui il 45,2% degli uomini era in sovrappeso e l’11,3% obeso rispetto al 27,7% e al 9,3% delle donne. A livello territoriale si e osservato che le condizioni di sovrappeso e obesità erano più diffuse nel Sud con il 50,9% e in particolare in Molise con il 51,6%, in Campania con il 51,8% e in Calabria con il 51,4%.
 Peraltro, tenuto conto dei dati più recenti, le bande di proiezione nuove 2010-2020 indicano che i tassi del sovrappeso e dell’obesità dovrebbero rimanere, durante tale periodo, stabili, o al massimo in leggera crescita del 4%.
Lo stato socio-economico determina anche in Italia grandi disparità sui tassi di obesità, sia negli uomini sia nelle donne. Difatti, le donne con scarsa istruzione presentano una probabilità di tre volte superiore di essere in sovrappeso, rispetto alle più istruite. Il fenomeno è minore negli uomini ma ancora superiore a quello di molti altri paesi dell’OCSE. Peraltro, gli uomini scarsamente colti dimostrano una probabilità di 1,3 volte maggiore di essere in sovrappeso. Comunque, il grado di disuguaglianze socio-economiche è rimasto in sostanza invariato negli ultimi anni.



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