Sulla stima d’incidenza e prevalenza del decadimento cognitivo lieve
Per loro parte, Alex Ward dell’United BioSource Corporetion – Lexinton MA USA e collaboratori, con lo scopo di identificare le aree di concordanza e le fonti di variazione per i tassi di prevalenza e d’incidenza delle varie definizioni di decadimento cognitivo lieve (DCL), hanno compiuto una revisione sistematica degli studi nei meriti, pubblicati in lingua inglese dal 1984. Hanno, così, identificato un totale di 3.705 citazioni, selezionandone quarantadue, di cui trentacinque sulla prevalenza e tredici sull'incidenza (Alzheimer's and Dementia, Volume 8, Issue 1, January 2012, Pages 14-21). Predominavano nella letteratura i seguenti quattro termini: 1) l’AAMI (age-associated memory impairment); 2) il CIND (cognitive impairment no dementia); 3) il MCI (mild cognitive decline), 4) l’aMCI (amnestic MCI). La definizione operativa variava all'interno di ogni termine e si osservava una sua sostanziale differenza sia per l’incidenza (MCI: 21,5-71,3; aMCI: 8,5-25,9 per 1.000 anni-persona) sia per la prevalenza (AAMI 3,6% - 38,4%; CIND 5,1% -35,9%; MCI 3 % -42%; aMCI 0,5% -31,9%). Il CIND e il MCI dimostravano, peraltro, crescente prevalenza tra i gruppi di età più avanzata, mentre la frequenza specifica dell’aMCI era più bassa e senza alcuna relazione apparente con l’età. In conclusione, le stime sulla prevalenza e sull'incidenza del DCL variavano molto, rappresentando, così, una sfida significativa per la comprensione del peso sociale di questa malattia. La valorizzazione e la standardizzazione delle definizioni operative dei sottotipi del deficit cognitivo, secondo gli autori, avrebbero potuto migliorare le stime dell’onere e carico della malattia e fornire un meccanismo di facilitazione per l'identificazione degli individui a rischio di un futuro Alzheimer e di altre demenze.