Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2014 notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ - Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo

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notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ - Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo

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Indice
notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ
La regolazione dell’omeostasi energetica e del peso corporeo
Fattori bioumorali dei segnali di appetito/fame nel controllo dell’alimentazione
Fattori bioumorali dei segnali di sazietà nel controllo dell’alimentazione
Altri particolari fattori bioumorali per il controllo dell’alimentazione
Genotipo e variazione della composizione corporea e della distribuzione del grasso
Dieta, esercizio e loro correlati psicosociali nella gestione del peso corporeo
Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo
Il freddo nella gestione del peso corporeo
L’interazione tra esercizio, appetito e assunzione del cibo
Le modificazioni compensative dell’appetito e dell’assunzione del cibo con l’esercizio fisico
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Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo

È sempre bene ribadire che migliorare l'efficacia degli interventi per la perdita del peso rimane una sfida cruciale negli eccessi di adiposità. Così pure, ottenere l'aderenza alle opportune modifiche dello stile di vita per il benessere risulta un compito arduo e spesso con risultati inconcludenti. Peraltro, poiché l'obesità è il prodotto dello squilibrio energetico e, quindi, altamente dipendente dall’apporto delle calorie alimentari bilanciato alle spese, non è sorprendente che la gestione di un peso sano comporti di solito una regolazione di successo nel comportamento alimentare. Diversi studi indicano che i comportamenti alimentari, come quelli caratterizzati dall'elevato contenimento flessibile, dalla forte auto-efficacia, dalla ridotta disinibizione ed emotività e dal basso senso della fame, permettono di prevedere i risultati più positivi. Allo stesso tempo, bisogna rilevare che i problemi d’immagine del corpo sono prevalenti nelle persone obese e in sovrappeso e colpiscono, soprattutto, chi è alla ricerca di un trattamento e di un risultato.
A tale proposito, è bene chiarire che, pur in assenza di un’univocità sul significato d’immagine corporea negativa, essa è solitamente equiparata al concetto d’insoddisfazione corporea. Si tende, in tal modo, riferirsi alla percentuale di persone insoddisfatte di determinate proprie caratteristiche fisiche, come il peso, la linea corporea, i lineamenti del viso, la distribuzione del grasso. La frustrazione che ne consegue a una negativa immagine corporea in questo senso, non significa necessariamente essere amareggiati per l’intero aspetto di sé, ma anche per un singolo difetto che venga a disturbare l’apparenza fisica globale. Si produce, insomma, un persistente stato di disagio per la propria figura fisica che porta a problemi con alterazione delle relazioni sociali, dell’attività e della produttività. Essi, invero, possono minare il processo di gestione delle cure e il loro successo, portando a prevedere risultati più limitati e aumentando le probabilità delle recidive. Peraltro, vi è ormai un relativo grande corpo di evidenze che indica come ci siano associazioni tra una vasta gamma dei disturbi dell'immagine del corpo e i comportamenti e gli atteggiamenti alimentari problematici. Ne deriva che il miglioramento del proprio aspetto dovrebbe costituire un potenziale meccanismo nella regolazione di successo del comportamento alimentare e, quindi, nel trattamento dell’obesità. D'altra parte, non solo le esperienze dell’immagine corporea lasciano prevedere la gravità delle abitudini alimentari problematiche, ma le indagini di tecnica di modellamento (modelling) longitudinali e strutturali della terapia cognitivo-comportamentale, che permettono di apprendere gradualmente un determinato comportamento mediante l'osservazione e l'imitazione di quello di un altro individuo, indicano anche che una scarsa immagine corporea possa anticipare, tra le altre strategie di controllo del peso non sano, l’adozione dei comportamenti alimentari disfunzionali.
A tale proposito Neumark-Sztainer D dell’University of Minnesota, Minneapolis-USA e collaboratori hanno affrontato la questione dell’indifferente soddisfazione del corpo, esaminando negli adolescenti le associazioni longitudinali in cinque anni tra questo dato e i comportamenti concernenti il peso corporeo (J Adolesc Health. 2006 Aug;39(2):244-51). A tal proposito, il progetto EAT - II ha seguito un campione etnicamente e socioeconomicamente diversificato di 2.516 adolescenti tra il 1999 (tempo 1) e il 2004 (tempo 2). Le associazioni tra la soddisfazione del corpo al tempo 1 e i comportamenti di salute al tempo 2 erano esaminate con aggiustamento per le caratteristiche socio-demografiche. Al tempo 1 i comportamenti di salute erano esaminati con e senza l’aggiustamento per l’indice di massa corporea (BMI).
Nelle femmine le più basse soddisfazioni del corpo predicevano i livelli più elevati della dieta, i comportamenti non salutari di controllo del peso, l’alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder), i bassi livelli di attività fisica e di assunzione di frutta e verdura. Dopo aggiustamento per la BMI, l’associazione tra la soddisfazione corporea con la dieta, i comportamenti di controllo del peso molto malsano e l'attività fisica rimaneva statisticamente significativa.
D’altra parte, nei maschi le più basse soddisfazioni del corpo predicevano i livelli più elevati di dieta, i comportamenti di controllo del peso sano, malsano e molto malsano, il binge eating, il fumo e i livelli più bassi di attività fisica. Dopo aggiustamento per la BMI, le associazioni tra la soddisfazione corporea con la dieta, il comportamento di controllo del peso sano e il binge eating rimanevano statisticamente significative.
In conclusione, i risultati dello studio indicavano che, in generale, la più bassa soddisfazione del corpo non serviva come motivazione per impegnarsi in comportamenti di gestione del peso sano, ma piuttosto prediceva il concretarsi di comportamenti che avrebbero potuto mettere gli adolescenti a rischio di un aumento del peso e di maggiore precarietà della salute. Gli interventi sugli adolescenti si sarebbero dovuti indirizzare, quindi, verso un miglioramento della soddisfazione del proprio corpo, evitando messaggi a possibile azione contraria.  
In definitiva, l’insoddisfazione del binomio peso / corpo avrebbero potuto motivare comportamenti estremi e malsani nei riguardi del peso corporeo con consequenziale aumento del rischio di promuovere abbuffate e altri disturbi comportamentali alimentari. Questi presupposti convincevano gli studiosi a concludere che l’immagine del corpo è uno dei fattori di rischio più potenti per il disagio psicologico che condiziona spesso i disturbi alimentari.
In verità, l’immagine corporea comprende due dimensioni attitudinali:

  • La body-image evaluation riferentesi alle valutazioni cognitive e alle emozioni associate circa il proprio aspetto. Essa comprende le discrepanze dal proprio ideale e le valutazioni di soddisfazione e insoddisfazione sul corpo.
  •  La body-image investment che si riferisce all'importanza cognitivo-comportamentale dell’apparizione nella propria vita personale e la sua rilevanza per il senso di sé. Questa dimensione riflette un investimento disfunzionale, caratterizzato in apparenza da un’eccessiva preoccupazione e dallo sforzo dedicato alla gestione dell’aspetto, in contrapposizione a una più adattiva valorizzazione e gestione di esso.

Su tali presupposti, Morrison TG dell’University of Saskatchewan, Canada e collaboratori, usando la teoria socioculturale e quella del confronto sociale, hanno analizzato le variazioni della body-image evaluation e del body-image investment tra 1543 adolescenti maschi e femmine (Adolescence. 2004 Fall;39(155):571-92). Hanno, così, misurato l'esposizione a riviste e programmi televisivi contenenti le immagini ideali del corpo, come pure la frequenza di autoconfronto agli obiettivi universalistici, quali i modelli proposti dalla moda.
I risultati fornivano un supporto minimo alla teoria socioculturale, ma abbastanza forte sostegno a quella del confronto sociale. In particolare, la misura con cui i maschi s’impegnavano nel confronto universalistico sociale prediceva l’autostima del proprio aspetto, una serie di diete per aumentare di peso, l'uso di pratiche errate per il controllo del peso e l'uso di steroidi per aumentare la massa muscolare.
Per le femmine, il confronto universalistico sociale prediceva, invece, l’autostima del proprio aspetto, l’insoddisfazione corporea, il numero di diete per perdere peso e l'utilizzo di pratiche scorrette di controllo del peso.
Pur tuttavia, questa struttura attitudinale dell'immagine del corpo, sebbene la sua previsione ottimale cattiva/ negativa richieda sia la dimensione della body-image evaluation e sia gli aspetti del body-image investment, è stata empiricamente supportata. Allo stesso modo, entrambe le componenti d’immagine del corpo sono state riscontrate nella previsione del disturbo alimentare, anche se il body-image investment presentasse in alcuni casi un maggiore potere predittivo, superando gli effetti della body-image evaluation.
Pur tuttavia, il miglioramento dell’immagine disfunzionale del corpo è spesso necessario per trattare efficacemente e migliorare i comportamenti alimentari alterati. Peraltro, il trattamento dell'obesità sembra essere efficace nel migliorare l'immagine del corpo, anche con perdite modeste di peso.
La tematica delle rappresentazioni corporee, da qualche tempo campo di ricerca di grande interesse scientifico, è divenuta ulteriormente rilevante in seguito agli studi epistemologici sul rapporto mente-corpo e alla riscoperta del valore della corporeità nella cultura contemporanea. La prima descrizione di fine secolo scorso del fenomeno dell’arto fantasma, per cui il paziente provava dolore e sensazioni in corrispondenza dell’arto originariamente amputato, attrasse l’attenzione degli studiosi sulle rappresentazioni corporee. Di poi, il corpo, come rappresentazione virtuale, ha cominciato a essere sempre più oggetto di studio da parte di discipline molto diverse fra loro. La diffusione dei disturbi del comportamento alimentare, legati all’esperienza corporea, ha portato, peraltro gli scienziati a sistematizzare la teoria riguardante le rappresentazioni corporee, includendo nei due concetti di seguito riprodotti tutte le rappresentazioni percettivo-affettivo-cognitive del corpo umano:

  • lo schema corporeo, che include le rappresentazioni percettive, ossia quelle spaziali del proprio corpo che la persona ricava a partire dalle informazioni provenienti dagli organi di senso,
  • l’immagine corporea, che, invece, comprende le rappresentazioni di tipo affettivo-cognitivo, intendendo con ciò il modo in cui si sperimenta e si considera il proprio corpo.

Di certo, il mondo emotivo interno, le relazioni con le figure significative del mondo esterno e la propria storia personale sono strettamente collegati con l’immagine corporea. Peraltro, il suo nucleo centrale sarebbe composto di elementi cognitivi e affettivi in interazione tra loro. In effetti, le componenti cognitive, che comprendono le idee sulle dimensioni e sull’aspetto del corpo, condizionano gli elementi affettivi che nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali, in base agli effetti dell’aspetto fisico, intervengono a loro volta sugli elementi cognitivi. L’analisi di questo tipo di rappresentazione costituisce, quindi, un problema non neurologico ma psicologico, come struttura non fissa e immutabile, ma che si sviluppa e si modifica costantemente nel corso della vita. Implica, peraltro, lo studio della condizione emotiva, della sua memoria e dei suoi propositi d’azione.
Peraltro, degno di nota è che il concetto di esperienza corporea viene affrontato sotto un’angolazione piuttosto diversa dalla scuola psicoanalitica per l’abbandono del concetto di schema corporeo. In questa proposizione l’immagine corporea viene determinata inizialmente dall’energia libidica e poi attraverso la relazione oggettuale. Essa, in questo modo, non è più collegata a una specifica struttura cerebrale come volevano le precedenti teorie.
Sulla scia di tali nozioni Eliana V Carraça della Technical University of Lisbon, Portugal e collaboratori hanno voluto esaminare nel trattamento dell'obesità gli effetti di un modello di miglioramento dell'immagine del corpo sull’autoregolamentazione del mangiare (International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity 2011 8:75). Inoltre, hanno inteso esplorare il ruolo dei diversi componenti dell’immagine corporea nel corso dello studio. Gli Autori hanno, così, arruolato 239 donne in sovrappeso di età di 37.6 ± 7.1 anni, con BMI di 31.5 ± 4.1 kg/m2. Le partecipanti erano impegnate in un programma comportamentale di gestione del peso di dodici mesi che includeva un modulo dell’immagine del corpo. Si utilizzavano misure di autoriferimento per l’analisi valutativa e d’investimento dell'immagine del corpo e il comportamento alimentare. Le misurazioni erano ottenute al basale e a dodici mesi.
Il trattamento migliorava significativamente ambedue le componenti dell’immagine del corpo, in particolare, facendo diminuire la componente della body-image investment (f2 = 0,32 vs f2 = .22). Il comportamento alimentare era previsto positivamente dai cambiamenti del body-image investment (p <.001) e in misura minore della body-image evaluation (p <.05). Il trattamento aveva anche effetti significativi nei dodici mesi di cambiamento del comportamento alimentare, interamente mediati dal body-image investment e parzialmente dalla body-image evaluation (effetto rapporti: 0,68 e 0,22 rispettivamente).      
In conclusione, i risultati suggerivano che migliorando l'immagine del corpo, in particolare riducendo la sua rilevanza nella vita personale, si sarebbe potuto svolgere durante il controllo del peso un ruolo di maggiore rafforzamento sull’autoregolamentazione alimentare. Di conseguenza, gli interventi futuri sulla perdita di peso avrebbero potuto ottenere migliore risultato affrontando in modo proattivo le questioni riguardanti l’immagine del corpo, come parte dei protocolli. Avrebbero potuto, infatti, svolgere un ruolo nel rafforzamento dell’autoregolamentazione del mangiare durante il controllo del peso.



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