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notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ - Genotipo e variazione della composizione corporea e della distribuzione del grasso

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Indice
notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ
La regolazione dell’omeostasi energetica e del peso corporeo
Fattori bioumorali dei segnali di appetito/fame nel controllo dell’alimentazione
Fattori bioumorali dei segnali di sazietà nel controllo dell’alimentazione
Altri particolari fattori bioumorali per il controllo dell’alimentazione
Genotipo e variazione della composizione corporea e della distribuzione del grasso
Dieta, esercizio e loro correlati psicosociali nella gestione del peso corporeo
Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo
Il freddo nella gestione del peso corporeo
L’interazione tra esercizio, appetito e assunzione del cibo
Le modificazioni compensative dell’appetito e dell’assunzione del cibo con l’esercizio fisico
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Genotipo e variazione della composizione corporea e della distribuzione del grasso

È noto che l'obesità è determinata principalmente dai fattori genetici e di stile di vita. Negli ultimi anni gli studi GWASs (genome-wide association studies) hanno identificato un gruppo di loci genetici associati con la BMI e il rischio di obesità. Tra questi il locus della massa grassa e del gene associato all'obesità (FTO) mostra l'effetto più forte. Al proposito, si sono accumulate evidenze sul coinvolgimento di questo locus nella regolazione ipotalamica dell’appetito e dell’assunzione delle calorie alimentari. In particolare, diversi studi hanno esaminato l'effetto dell'interazione FTO/dieta sul peso corporeo, ma con risultati non del tutto coerenti. Altre ricerche trasversali hanno dimostrato che i fattori dietetici, come il basso apporto di grassi, sono in grado di modificare l'effetto genetico del FTO sulla BMI o sulla distribuzione del grasso. Tuttavia, negli studi d’intervento randomizzati, anche se uno di essi ha trovato che un intervento di dieta mediterranea modificava l'associazione tra la variante FTO e le modificazioni del peso in una popolazione ad alto rischio cardiovascolare, il gene non è stato univocamente osservato per interazione della dieta. Queste ricerche, tuttavia, sono state in gran parte limitate dal campione di studio relativamente piccolo o dal breve periodo di follow - up. Inoltre, gli studi sperimentali sugli animali hanno suggerito che il FTO potrebbe influire in modo differenziato sulle varie composizioni del corpo e sulla distribuzione del grasso in diversi depositi. Pochi studi hanno, invece, valutato sistematicamente l'effetto della variante FTO su queste misure.
D’altro canto, studi su coppie di gemelli monozigoti (MZ) e dizigoti (DZ) hanno rappresentato un modo efficace d’indagine per quantificare il contributo delle influenze genetiche e ambientali alle variazioni in diversi caratteristiche alimentari.
Oltretutto, lo studio dei gemelli può essere utilizzato per controllare gli effetti genetici e, quindi, ulteriormente differenziare le influenze ambientali legate alle esperienze di vita, che sono condivise o non dalle parti. In effetti, i comportamenti alimentari includono caratteri relativi all’appetito, all’accettazione del cibo e ai modelli del pasto. Studi esistenti sui gemelli hanno segnalato, peraltro, la moderata o forte ereditabilità per le varie caratteristiche di appetibilità in entrambi i neonati e anche in bambini di età superiore. Interessante a tale proposito è considerare come la neofobia, caratteristica legata all’accettazione del cibo, mostra, per suo conto, una forte ereditarietà nei bambini di età compresa tra gli otto e gli undici anni. Fattori legati alla regolazione dell’assunzione del cibo o alla predisposizione del gusto potrebbero, quindi, spiegare l'importanza relativa della genetica nell'espressione di questi tratti alimentari.
Eppure, l’ambiente familiare e quello fuori di casa, man mano che i bambini crescono, possono esercitare influenze marcate su alcuni comportamenti alimentari durante l'infanzia, tra cui la modalità del mangiare con pasti e spuntini. Tuttavia, pochi studi sui gemelli hanno esaminato prima dell'età adulta i comportamenti specificamente connessi con i modelli alimentari nei pasti.
A proposito di quanto riportato, Xiaomin Zhang dell’Harvard School of Public Health, Boston, Massachusetts e collaboratori hanno testato l'effetto della variante FTO sulla perdita del peso in risposta agli interventi di dieta di due anni (Diabetes 61:3005–3011, 2012). Gli Autori, in particolare, hanno utilizzato i dati del grande studio POUNDS LOST per valutare se varie diete dimagranti potessero modificare l'effetto della variante FTO sulla perdita del peso e i cambiamenti a lungo termine nella composizione corporea e della distribuzione del grasso. Hanno, così, genotipizzato 742 adulti obesi, assegnati in modo casuale a una delle quattro diete diverse nelle proporzioni di grassi, proteine ​​e carboidrati, per il Rs1558902 FTO. Hanno, quindi, misurato con l’assorbimetria dual-energy x - ray e la tomografia computerizzata la composizione corporea e la distribuzione del grasso.
Hanno riscontrato che gli effetti delle modifiche significative d’intervento variavano (per tutte le interazioni: P < 0.05):

  • sui cambiamenti dei due anni in massa magra con le proteine ​​della dieta,
  • sulla percentuale totale del corpo intero di massa grassa,
  • sulla massa totale del tessuto adiposo,
  • sulla massa viscerale e superficiale del tessuto adiposo.

In risposta ad una dieta ricca di proteine, i portatori dell'allele di rischio avevano una maggiore riduzione del peso, della distribuzione della composizione corporea e del grasso.
Un effetto genetico opposto, invece, si osservava in risposta a una dieta ipoproteica nelle variazioni della distribuzione del grasso. Allo stesso modo, si osservavano a sei mesi significativi modelli d’interazione.
In conclusione, gli Autori affermavano che i loro risultati suggerivano che negli individui con l'allele di rischio della rs1558902 variante FTO una dieta ricca di proteine ​​poteva essere utile per la perdita del peso, per il miglioramento della composizione corporea e della distribuzione del grasso.
Dal loro canto, Lise Dubois dell’University of Ottawa, Canada e collaboratori hanno valutato il contributo dei fattori genetici e ambientali alle variazioni selettive comportamentali del consumo alimentare nell’infanzia precoce e tardiva (International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity 2013, 10:134). Gli Autori hanno tratto spunto del loro lavoro proprio in considerazione che i comportamenti alimentari dell'infanzia erano legati sia alla qualità della dieta e sia allo stato del loro peso. Una migliore comprensione delle loro determinanti avrebbe potuto, in effetti, favorire un migliore svolgimento degli interventi dietetici efficaci. Gli Autori, hanno,  così, ottenuto, quando i gemelli avevano 2,5 e 9 anni, le informazioni sui comportamenti alimentari con questionari somministrati ai genitori dei 692 bambini che partecipavano al Quebec Newborn Twin Study. Ottenevano e analizzavano le variabili dicotomiche, utilizzando modelli di equazioni strutturali, come parte di un disegno classico di studio sui gemelli. Si eseguivano analisi longitudinali univariate e bivariate per quantificare le fonti di variazione e covariazione attraverso le età per alcuni tratti del comportamento alimentare.
Si riscontrava un’ereditabilità, da moderata a forte, per i tratti relativi all’appetito, come il mangiar troppo, non abbastanza e troppo in fretta. Le stime di analisi univariata variavano da 0,71 (IC 95%: 0.49 - 0.87) a 0.89 (0.75 - 0.96) nei bambini più piccoli e da 0,44 (0,18 - 0,66) a 0,56 (0,28 - 0,78) in quelli più grandi. Le analisi bivariate longitudinali indicavano correlazioni genetiche attraverso le età, da modeste a moderate (rA variabile da 34 a 58). Tra i 2,5 e i nove anni le influenze comuni genetiche spiegavano dal 17 al 43% la correlazione fenotipica per i comportamenti relativi all’appetito. Nei bambini di nove anni i tratti di accettazione alimentare, come il rifiuto del cibo e di essere esigente, avevano stime di ereditabilità alte, corrispondenti allo 0.84 (0.63 - 0.94) e allo 0.85 (0.59 - 0.96) rispettivamente.  In quelli più piccoli, invece, l'ambiente condiviso, ossia in comune, contribuiva maggiormente alla varianza fenotipica. Le variazioni dei comportamenti correlati ai modelli del pasto, in gran parte, si spiegavano con le influenze ambientali condivise.
In conclusione, durante l'infanzia le predisposizioni genetiche spiegavano gran parte delle variazioni dei caratteri relativi all’appetito. Man  mano che i bambini crescevano, però, i loro comportamenti diventavano più sensibili alle influenze ambientali esterne alla casa. Eppure, per alcuni tratti le influenze ambientali condivise dai gemelli sembravano avere la più grande importanza relativa. Questa scoperta supportava il notevole potenziale del contesto familiare nello sviluppo delle sane abitudini alimentari durante l'infanzia.



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