Dieta, esercizio e loro correlati psicosociali nella gestione del peso corporeo
Anche se la prescrizione universale per ridurre il sovrappeso e combattere l’obesità resta quella di sostituire le diete ad alto contenuto di calorie e di grassi con un'alimentazione più sana e con l’aumento delle spese energetiche con l’esercizio, non si segnalano ancora soddisfacenti risultati nei meriti. In genere, agli individui vengono fornite informazioni sulle opportune pratiche alimentari e sulla necessità di rompere la sedentarietà, ma mancano spesso solide basi teoriche per il cambiamento comportamentale. Eventuali miglioramenti, comunque se avvengono, sono in gran parte transitori. Sebbene l'uso dei metodi cognitivo-comportamentali abbia mostrato risultati leggermente migliori sulle modifiche dello stile di vita, è ancora rara l’evidenza che possa produrre la perdita di peso anche dal 5 al 10% del peso corporeo iniziale. Ancora più difficile, peraltro, è il riscontro del mantenimento dei risultati oltre il breve termine. Tali conclusioni portano a suggerire la scarsa motivazione nell’aderire alle raccomandazioni delle linee guida con i 150 minuti di moderata intensità di esercizio o di attività fisica a settimana. Risulterebbe, infatti, che circa il 40% degli europei non ha interesse a essere fisicamente attivo, prediligendo di dedicarsi nel tempo libero ad altri impegni.
Due ordini di fattori, in verità, motivano questa mancanza di motivazione. Innanzitutto, le persone possono non essere sufficientemente interessate all’esercizio, oppure non sono portate a valutarne i risultati, tanto da farne una priorità nella loro vita. Molti, in effetti, sono sobbarcati da tante richieste competitive sul loro tempo, riguardanti l’istruzione, la carriera e gli obblighi familiari, a scapito del tempo e delle risorse che dovrebbero investire nell’attività fisica regolare.
In secondo luogo, alcune persone possono sentirsi non sufficientemente capaci di intraprendere una qualsiasi attività fisica. Si sentono, insomma, non abbastanza in forma fisicamente, o abbastanza esperti, oppure possono avere barriere e limitazioni legate al loro stato di salute. In ogni modo, sia si tratti di scarso interesse, sia di bassa competenza percepita, i dati di partecipazione indicano che molte persone sono demotivate o amotivate, non avendo intenzione di essere più attivi fisicamente. Oppure sono insufficientemente motivate a fronte di altri interessi o richieste contemporanee. Pur tuttavia, oltre a coloro che sono demotivati, un'altra condizione di persistenza breve all’esercizio si realizza in quelle persone che esprimono la motivazione personale di esercitarlo inizialmente regolarmente, ma poi lo interrompono nel percorso. In particolare, una percentuale significativa di persone ha la motivazione di partecipare all’attività come per un obbligo, piuttosto che per propria volontà. In effetti, forme controllate di motivazione, non autonome perché mancano di volizione, sono predominanti quando l'attività è percepita principalmente come un mezzo per un fine. Esse sono tipicamente associate con motivi o obiettivi, come quelli di migliorare l'aspetto o la ricezione di una ricompensa tangibile. Una possibile ipotesi è, quindi, che la stabilità della propria motivazione sia almeno parzialmente dipendente da qualche sua caratteristica qualitativa, in particolare il grado di un’autonomia percepita o di un locus interno di causalità percepita. Cioè, il livello di autocritica riflessiva e la volontà associata a un comportamento, o una classe di comportamenti dovrebbero associarsi a una maggiore persistenza dell’esercizio. Un approccio utilitaristico a esso e alla sua motivazione, come la presenza in palestra o in altri club sportivi in cui l’esercizio è prescritto esternamente, potrebbe, peraltro, essere parzialmente responsabile dell'elevato tasso di abbandono. In realtà, la pervasività delle pressioni sociali e mediche verso la perdita di peso, in combinazione con i metodi prescritti all'esterno, può, invero, essere poco adatta a promuovere l’aumento costante dei livelli di attività fisica nella popolazione. In somma, un gran numero d’individui è sia demotivato, sia non sufficientemente motivato a essere fisicamente attivo. Oppure è motivato da condizioni esterne che non possono determinare un’azione prolungata. Questo sottolinea la necessità di guardare più da vicino gli obiettivi e le caratteristiche dell’autoregolamentazione associate alla partecipazione regolare all’esercizio e all'attività fisica. La SDT (Self-determination theory) si pone in una posizione unica tra le teorie di motivazioni umane nell’esame degli effetti dei tipi differenziali qualitativamente diversi delle motivazioni che possono essere alla base dei comportamenti. Originatasi da una prospettiva umanista, e, quindi, fondamentalmente centrata sulla realizzazione dei bisogni, dell’auto-realizzazione e della concretizzazione del potenziale umano, la SDT è una completa macro - teoria della personalità umana e del comportamento motivato in continua evoluzione. La SDT distingue i tipi di motivazione in intrinseci ed estrinseci, regolamentati dal proprio comportamento.
Gli intrinseci sono definiti dalle proprie soddisfazioni che causano l’attività. La persona motivata intrinsecamente sperimenta le sensazioni di godimento, l'esercizio delle proprie competenze, la realizzazione personale e l'eccitazione emotiva. Per diversi gradi lo sport ricreativo e l’esercizio fisico possono certamente essere eseguiti per divertimento o per la sfida di partecipare a un'attività.
Al contrario, la motivazione estrinseca si riferisce a un'attività stimolata da ragioni strumentali, o per ottenere qualche risultato al di fuori delle proprie intrinseche attitudini. Per esempio, ciò si realizza in tutte le condizioni estrinsecamente motivate, quando una persona svolge un'attività al fine di una ricompensa tangibile o sociale o per evitare la disapprovazione.
La SDT, tuttavia, concettualizza qualitativamente i diversi tipi di motivazione estrinseca che si differenziano nei termini della relativa autonomia. Alcune motivazioni estrinseche sono relativamente eteronome, rappresentando ciò che nella SDT sono descritte come forme di motivazione controllate. Ad esempio, i comportamenti regolati esternamente sono quelli eseguiti per conformarsi alle contingenze esterne di ricompensa e di punizione. Anche controllate sono le motivazioni estrinseche basate sui regolamenti introiettati, in cui il comportamento è guidato dall’auto approvazione. Nell’ambito della SDT è previsto che le forme controllate di motivazione estrinseca possano regolamentare o motivare, per il breve ma non per il lungo termine, il comportamento. Eppure non tutte le motivazioni estrinseche sono controllate. In effetti, nel caso di una persona che svolge un’attività, non perché è divertente di per sé o soddisfacente per motivazione intrinseca ma piuttosto perché ha un valore e un'utilità personale, si può configurare una forma più autonoma di regolamentazione comportamentale. In particolare, nella SDT le forme individuate e integrate di regolamentazione comportamentale sono definite come quelle in cui le proprie azioni sono approvate autonomamente e, quindi, valutate personalmente.
Inoltre, la SDT introduce il concetto dei bisogni di base psicologica come centrali per comprendere sia le soddisfazioni sia i supporti necessari per l'alta qualità delle forme autonome di motivazione. In particolare, la SDT sostiene che ci sono bisogni psicologici di base per l'autonomia, la competenza e la connessione, tutte concepite come nutrimenti essenziali e universali per la salute psicologica e lo sviluppo della motivazione interna. Peraltro, la soddisfazione di questi bisogni di base risulta in un maggior senso di vitalità e di benessere. D’altro canto, l’impegno nello sport e nell'esercizio fisico, come in ogni altra attività, può essere più o meno favorevole per la realizzazione dei propri bisogni psicologici. Per esempio, le esperienze di competenza variano in caso di successo o di fallimento ai compiti fisici impegnativi o in funzione delle risposte nel caso di un professionista del fitness. Le percezioni di connessione personale con altri, ad esempio con un collega o con membri di una classe di fitness o di programma di perdita di peso, possono variare notevolmente in funzione del contesto interpersonale. I sentimenti di autonomia, rispetto al sentirsi controllato, differiscono in funzione degli stili di comunicazione nelle impostazioni dell’esercizio. Secondo la SDT, infatti, il necessario compimento in ogni contesto è strettamente associato con le caratteristiche di quell’ambiente sociale. Ovverossia, se altre importanti persone supportano le esigenze di autonomia, come l’assumere la prospettiva del cliente / paziente, il sostenere le proprie scelte, riducono al minimo la pressione. Così pure, avviene se le stesse supportano la relazionalità, come il creare un empatico e positivo ambiente, il mostrare un riguardo incondizionato, o ancora se sostengono una competenza come il limitare le risposte negative, il fornire in modo ottimale compiti impegnativi. Il concetto di necessità di sostegno spiega, così in gran parte, le differenze individuali nello sviluppo e nella promulgazione delle motivazioni di tutta la vita. Di conseguenza, la progettazione degli interventi di modifica del comportamento di salute, che aumentano i bisogni di base della soddisfazione dei partecipanti, rappresenta una questione di grande interesse per gli studi in ambito della SDT, compresa l’area dell’esercizio e dell'attività fisica.
Infine, la SDT propone anche che le persone abbiano tendenze disposizionali, denominate orientamenti di causalità. Esse descrivono il modo con cui preferenzialmente ci si orienta nell’ambiente con i conseguenti caratteristici modelli motivazionali e comportamentali. Sebbene alcuni possano essere più inclini a cercare e seguire le loro indicazioni interne di preferenza nella scelta del corso dell'azione, altri possono tendere ad allinearsi più naturalmente con le direttive e le norme esterne. Altri ancora, invece, possono rivelare di essere generalmente amotivati, più passivi e non rispondere agli eventi interni o esterni che potrebbero energizzare le loro azioni. Anche se quest’argomento non è stato esplorato a lungo nelle ricerche, questi orientamenti possono manifestarsi ed essere misurati nell’esercizio e nel contesto dell’attività fisica. In proposito, è stata sviluppata l’exercise causality orientation scale per misurare le differenze individuali nell’orientamento nei riguardi dell’esercizio.
Alcuni Autori suggeriscono, a tale proposito, che qualsiasi approccio comportamentale possa essere efficace, concentrandosi sulla prevenzione. L'esercizio fisico, in vero, è il più robusto predittivo del mantenimento della perdita di peso. Tuttavia, gli individui obesi e sedentari possono completare solo volumi minimi di sforzo fisico e l'adesione ai programmi è in genere bassa. Un intervento cognitivo - comportamentale può essere efficace perché migliora in parte lo stile di vita, come ad esempio l’indurre all'assunzione giornaliera di frutta e verdura, che a sua volta può contribuire a promuovere un aumento del volume dell’allenamento settimanale. D’altro canto, il maggiore esercizio fisico potrebbe portare ai migliori comportamenti alimentari. Pur tuttavia, la determinazione del fondamento psicologico di tali rapporti potrebbe informare in modo sostanziale la teoria sulla perdita di peso e sullo sviluppo del trattamento. Ad esempio, un aumento del volume dell’esercizio può indurre una migliore alimentazione perché migliora l'umore, mentre contemporaneamente una dieta salutare potrebbe avere proprietà di miglioramento dell’umore. Queste proposte sono coerenti, sia con la teoria sociale cognitiva e sia con la teoria dell’auto-efficacia. L’auto-efficacia e l'autoregolamentazione, come mezzi interni per controllare o modificare i propri comportamenti, potrebbero, peraltro, essere altre variabili adeguate del compenso psicosociale.
Inoltre, una maggiore comprensione di tali rapporti potrebbe essere facilitata attraverso l'analisi degli effetti di reciprocità, che è un'estensione dell'analisi della mediazione tradizionale. Più in particolare, tali analisi potrebbero aiutare a stabilire se i cambiamenti nelle variabili psicosociali, come l'auto- efficacia, l'umore e l'autoregolamentazione, abbiano rapporti reciproci con l’esercizio fisico e i cambiamenti nel mangiare. In effetti, il miglioramento dell’auto-efficacia potrebbe essere coerente con il maggiore esercizio fisico, mentre quest’ultimo potrebbe produrre la maggiore auto-efficacia.
In conformità a quanto riportato, Pedro J Teixeira della Technical University of Lisbon – Portugal e collaboratori hanno compiuto una revisione completa e sistematica dei dati empirici della letteratura sulle relazioni tra i costrutti fondamentali della SDT e l'esercizio fisico e i risultati comportamentali dell’attività fisica (Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity 2012, 9:78).
La motivazione è un fattore critico nel sostegno dell’esercizio duraturo, a sua volta associato a importanti risultati di salute. Di conseguenza, gli Autori, sostenendo la ricerca sulla motivazione dell’esercizio nella prospettiva dell’autodeterminazione, hanno ribadito la notevole crescita d’interesse degli ultimi anni della teoria SDT. Si includevano, quindi, nel lavoro sessantasei studi empirici pubblicati fino al giugno 2011. In tutti gli studi l'esercizio effettivo o auto-riferito, comprese le presenze, era stato analizzato come variabile dipendente. I risultati, riassunti sulla base dell’analisi quantitativa delle prove, mostravano un sostegno costante per una relazione positiva tra le forme più autonome di motivazione e l'esercizio. In effetti, una regolamentazione che predicesse l'adozione dell’esercizio iniziale / a breve termine mostrava un trend più forte della motivazione intrinseca. Quest’ultima, invece, era più predittiva dell’adesione all’esercizio a lungo termine. La letteratura era anche coerente sul dato che la soddisfazione della competenza e le motivazioni più intrinseche annunciavano positivamente la partecipazione all’esercizio in tutta una serie di campioni e d’impostazioni. Inoltre, erano presenti evidenze differenziate nei riguardi del ruolo degli altri tipi di motivazioni, come la salute / il fitness, e quelle legate al corpo, ma anche alla natura specifica e alle conseguenze della regolamentazione introiettata. La maggior parte degli studi impiegava progetti descrittivi, e, quindi, non sperimentali. I risultati, però, erano simili agli studi osservazionali trasversali, prospettici e sperimentali.
In conclusione, la letteratura forniva nel complesso una buona evidenza per il valore della TDS a comprendere il comportamento verso l’esercizio. Dimostrava, infatti, l'importanza dei regolamenti autonomi, individuati e intrinseci nel promuovere l'attività fisica. Tuttavia, secondo gli Autori, permanevano alcune incongruenze e le evidenze, per quanto riguardava le relazioni tra gli specifici costrutti della SDT e l’esercizio fisico, non erano tutte univoche. Gli Autori riportavano anche particolari limitazioni concernenti le varie associazioni esplorate in letteratura al fine di migliorare l'applicazione della SDT alla promozione dell’esercizio e dell'attività fisica.
Dal loro canto, James J Annesi e Kandice J Porter della Kennesaw State University, USA hanno condotto una ricerca sui due trattamenti comportamentali per la perdita del peso che si concentravano sul sostegno dell’esercizio fisico e della sana alimentazione (International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity 2013, 10:133).
Il primo, in effetti, enfatizzava i metodi di autoregolamentazione per il controllo del mangiare.
Il secondo sottolineava l'educazione alimentare.
Gli Autori sceglievano un'impostazione che incorporasse gli adulti gravemente obesi, perché i risultati potessero essere particolarmente applicabili a questo gruppo che sperimentava i notevoli rischi per la salute. Per quanto riguardava i risultati correlati al trattamento, si prevedeva che:
a) il volume dell’esercizio fisico, l’assunzione della frutta e verdura, l’umore e l'esercizio fisico e l’auto-efficacia e l'autoregolamentazione, connessi al mangiare, potessero nelle ventisei settimane dello studio migliorare significativamente,
b) l’autoregolamentazione sul mangiare e sull’assunzione della frutta e verdura potesse essere significativamente maggiore nel gruppo, sottolineandone i metodi.
Per quanto riguardava i rapporti all'interno delle variabili, s’ipotizzavano i seguenti effetti reciproci:
a) i cambiamenti associati al trattamento dell’assunzione della frutta e verdura fossero mediati e potessero essere mediati da quelli riguardanti il volume dell’esercizio fisico,
b) i cambiamenti dell’umore, dell’auto-efficacia per il consumo controllato e dell’autoregolamentazione per il consumo potessero mediare ed essere mediati dal cambiamento nella frutta e verdura con il cambiamento nell’esercizio come predittivo variabile,
c) i cambiamenti dell’umore, dell'auto-efficacia dell’esercizio e della sua autoregolamentazione potessero entrambi mediare ed essere mediati dal cambiamento del volume dell’esercizio, con frutta e verdura come predittivi.
Gli Autori si attendevano, così, che i risultati potessero portare a una migliore comprensione del rapporto tra il maggiore esercizio fisico e una migliore alimentazione. Inoltre, come teoria basata sulle variabili psicosociali che influenzavano questo rapporto, si potesse, infine, mirare a migliorare i trattamenti della perdita di peso.
In definitiva, una migliore comprensione delle interrelazioni tra il miglioramento dell’esercizio fisico e della dieta, insieme alle loro correlate psicosociali di auto-efficacia, umore e autoregolamentazione, sarebbero potute essere utili per l'architettura dei migliori trattamenti della perdita di peso.
Gli studiosi arruolavano, così, volontari adulti con grave obesità e indice di massa corporea [BMI] di 35-50 kg/m2, di età di 43,0 ± 9,5 anni, nello 83% donne, assegnandoli in modo casuale a sei sessioni mensili di sostegno cognitivo-comportamentale per l’esercizio fisico in coppia sia con un gruppo di educazione cognitivo comportamentale alimentare (n = 145) o di un miglioramento dell’alimentazione (n = 149). Dopo la specificazione dei modelli di mediazione, utilizzando una procedura corretta da bias di bootstrapping, si valutava l’analisi di una serie di effetti reciproci:
a) gli effetti reciproci delle variazioni dell’esercizio e dell’assunzione di frutta e verdura, derivanti dai trattamenti,
b) gli effetti reciproci delle variazioni delle tre variabili psicosociali testate, cioè l’auto-efficacia, l'umore, l’autoregolamentazione a cambiare frutta e verdura, derivanti dalla variazione del volume dell’esercizio fisico,
c) gli effetti reciproci delle variazioni delle tre variabili psicosociali e il cambiamento dell’esercizio, derivanti dal cambiamento nella frutta e verdura.
L’analisi di mediazione suggeriva un effetto reciproco tra le variazioni di volume dell’esercizio e della frutta e verdura. Dopo l'iscrizione delle variabili psicosociali si riscontravano anche gli effetti reciproci tra il cambiamento nel consumo di frutta e verdura e quello dell’umore, dell’auto-efficacia per il controllo alimentare e dell’autoregolamentazione per il mangiare e il cambiamento del volume dell’esercizio e il cambiamento dell’umore e dell’esercizio, relativi all’autoregolamentazione.
In conclusione, i risultati avevano implicazioni per la teoria comportamentale della perdita di peso e del trattamento. In particolare, essi suggerivano che i trattamenti si sarebbero dovuti concentrare e far leva sugli effetti di trasferimento da ciascuno all'altro dei comportamenti di perdita di peso primari (esercizio fisico e mangiare sano). I risultati sulle correlazioni psicosociali di questi processi comportamentali avrebbero potuto anche avere applicazioni pratiche.