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notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ - Altri particolari fattori bioumorali per il controllo dell’alimentazione

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Indice
notiziario Gennaio 2014 N.1 BASI FISIOPATOLOGICHE, PSICOLOGICHE E CLINICHE NEL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ
La regolazione dell’omeostasi energetica e del peso corporeo
Fattori bioumorali dei segnali di appetito/fame nel controllo dell’alimentazione
Fattori bioumorali dei segnali di sazietà nel controllo dell’alimentazione
Altri particolari fattori bioumorali per il controllo dell’alimentazione
Genotipo e variazione della composizione corporea e della distribuzione del grasso
Dieta, esercizio e loro correlati psicosociali nella gestione del peso corporeo
Immagine del corpo e autogestione del peso corporeo
Il freddo nella gestione del peso corporeo
L’interazione tra esercizio, appetito e assunzione del cibo
Le modificazioni compensative dell’appetito e dell’assunzione del cibo con l’esercizio fisico
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Altri particolari fattori bioumorali per il controllo dell’alimentazione

Anche per i nutrienti ematici è stato riconosciuto un ruolo nella fisiopatologia dell’alimentazione, come per il glucosio, gli acidi grassi, i vari aminoacidi, il lattato e i corpi chetonici. Sono stati implicati anche i neurotrasmettitori, quali la noradrenalina, la dopamina, la serotonina, il GABA (acido gamma amino butirrico) e lo NO (ossido nitrico).
Il controllo centrale è stato riconosciuto per la serotonina, il neuropeptide Y, gli oppioidi, gli endocannabinoidi, le oressine, l’AGRP, il CART, il POMC.
Quello periferico dei segnali della fame è stato individuato nella grelina, mentre quello dei segnali della sazietà nella leptina, nella resistina, nell’adiponectina, nell’insulina, nella colecistochinina, nel GLP-1, nel PYY, nell’amilina, nell’ossintomodulina.
I segnali oressigeni sono, peraltro, mediati dal NPY (Neuropeptide Y), dall’ART/AgRP, dal MCH (Melanin Concentrating Hormone), dagli endocannabinoidi, dall’anandamide, dagli oppioidi endogeni, dalle β-Endorfine, dalle dinorfine, dalle encefaline, dalla grelina.

In tutto ciò, l’ipotalamo è ormai considerato da qualche tempo la centralina della regolazione dell’omeostasi energetica con la capacità di rispondere proporzionalmente con gli impulsi di riduzione o meno dell’assunzione del cibo alle riserve del grasso corporeo. In particolare, è stato anche identificato il coinvolgimento dei nuclei dell’ipotalamo morfologicamente ben definiti, come l’APO (Area PreOttica), il LH (Lateral Hypothalamus), il DMN (DorsoMedial Nucleus), il PFH (PeriFornicolal Hypothalamus), il VMH (VentroMedial Hypothalamus), l’ARC (Arcuatus Nucleus) e il PVN (ParaVentricular Nucleus).
A proposito di quanto riportato, va segnalato che sono stati rilevati anche nel cervello, e più specificamente nell'ipotalamo, i recettori per l’adiponectina, la cui funzione è ancora da chiarire completamente. Pur tuttavia, si considera oramai che essa abbia la funzione di regolare l'omeostasi energetica. L’adiponectina è secreta, soprattutto, dal tessuto adiposo, ma anche dalla placenta durante la gravidanza. L'adiponectina, secreta nel flusso sanguigno in concentrazioni più abbondanti nel plasma rispetto a molti ormoni, è presente in circa 5-10 mg / mL, rappresentando circa lo 0,01% di tutte le proteine plasmatiche. A tale riguardo, presenta un dimorfismo sessuale essendo a livelli più elevati nelle femmine, rispetto ai maschi. I suoi livelli negli adulti sono inversamente correlati con la percentuale del grasso corporeo. In effetti, la sua concentrazione plasmatica è inversamente correlata con l’adiposità nei roditori, nei primati e anche negli esseri umani. Aumenta significativamente nei roditori dopo restrizione alimentare ed anche negli obesi dopo la perdita di peso indotta da una dieta ipocalorica o dalla chirurgia bariatrica. La sua somministrazione periferica nei roditori ha dimostrato di attenuare l’aumento del peso corporeo attraverso il maggiore consumo di ossigeno, senza modificare l’assunzione del cibo. Il suo effetto periferico sulla spesa energetica sembra, comunque, essere mediato dall'ipotalamo, dal momento che induce l’espressione precoce del gene c - fos nel nucleo PVN e che può coinvolgere il sistema della melanocortina. Sotto tale punto di vista, le riduzioni dell’adiponectina potrebbero forse contribuire alla patogenesi dell’obesità. Le evidenze, sino ad ora ottenute, hanno dimostrato anche che i suoi livelli plasmatici correlano negativamente con insulino-resistenza e che può ridurre il peso corporeo determinando una migliore sensibilità all'insulina e una diminuzione dei livelli dei lipidi nei roditori. L’adiponectina è, quindi, un ormone proteico che modula una serie di processi metabolici. Regola, in particolare, il metabolismo del glucosio e degli acidi grassi. L'ormone svolge un ruolo nella soppressione delle alterazioni metaboliche che possono sfociare nel diabete di tipo 2, nell'obesità, nell’aterosclerosi, nella steatosi epatica non alcolica (NAFLD). I suoi livelli, infatti, sono ridotti nei pazienti diabetici, rispetto ai non diabetici, e la riduzione del peso aumenta in modo significativo i suoi livelli circolanti. È da considerare anche come un fattore di rischio indipendente per la sindrome metabolica. L’adiponectina, inoltre, in combinazione con la leptina, ha dimostrato nei topi di invertire completamente la resistenza all'insulina. Questi roditori knock- out dimostrano, inoltre, grave resistenza all'insulina indotta dalla dieta e una propensione all’aterogenesi per danno intimale vascolare. L’adiponectina, in effetti, esercita alcuni dei suoi effetti di riduzione del peso tramite il cervello. Tutto ciò in modo simile all'azione della leptina con la quale esegue azioni complementari con effetto sinergico.
Per altro verso, l’adiponectina, aumentando le spese energetiche, può fornire protezione contro l’insulino-resistenza e l’aterogenesi, possibilmente in virtù di una regolazione dell'assunzione del cibo, della la gluconeogenesi e della lipogenesi. Degno di nota è che nei modelli dei roditori con obesità e anche in persone obese con diabete mellito di tipo II i tiazolidinedioni, agonisti del PPARγ (peroxisome proliferator-activated receptor gamma), possono aumentare i livelli circolanti dell’adiponectina. Sta di fatto, che l'espressione transgenica cronica dell’ormone provoca effetti simili a quelli del trattamento cronico con tiazolidinedioni, suggerendo che parte degli effetti insulino-sensibilizzanti di questi farmaci può essere mediata da un aumento dei livelli dell’adiponectina. L’AdipoR1 è il recettore dell’adiponectina, altamente espresso nel muscolo scheletrico, con una forte affinità per il gAcrp30 (globular domain of Acrp30) e una bassa per il ligando full-length. L’AdipoR2 è, invece, il recettore altamente espresso nel fegato e mostra legame preferenziale al ligando full-length.
Altra sostanza da considerare è la resistina che, prodotta dal tessuto adiposo, è un ormone peptidico ricco di cisteina derivato dal tessuto adiposo ed è codificata nell'uomo dal gene RETN. È una citochina il cui ruolo fisiologico è stato oggetto di molte polemiche, soprattutto per quanto riguarda il suo coinvolgimento nell'obesità e nel diabete mellito di tipo II.  Sembra, in effetti, che aumenti la resistenza all'insulina. Essa è aumentata nei roditori obesi e nell'uomo rientra nei valori normali dopo la perdita del peso. Topi knockout mostrano, peraltro, una maggiore tolleranza al glucosio sotto una dieta ricca di grassi. Topi transgenici che iperesprimono una forma dominante negativa della resistina mostrano un’aumentata adiposità con elevati livelli di adiponectina e leptina, nonché una maggiore tolleranza al glucosio e una sensibilità all'insulina. La resistina, inoltre, ha dimostrato di causare alti livelli del colesterolo LDL con aumento del rischio di cardiopatie. Aumenta, in effetti, la produzione delle LDL nelle cellule epatiche umane e degrada anche i loro recettori LDL epatici. Come risultato, il fegato ha minore capacità di eliminare il colesterolo cattivo. La resistina accelera, quindi, l'accumulo delle LDL nelle arterie, con le conseguenze dell’aterosclerosi. In altri termini, la resistina impatta negativamente gli effetti delle statine, i farmaci principalmente usati per la riduzione del colesterolo nel trattamento e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Pur tuttavia, anche se la resistina può contribuire allo sviluppo dell’insulino-resistenza e del diabete nell'obesità, il suo ruolo nella patogenesi di quest’ultima malattia resta ancora da ben definire.
Altra sostanza è la bombesina, tetradecapeptide originariamente isolato dalla pelle degli anfibi e ampiamente distribuito nell'intestino dei mammiferi. I suoi livelli plasmatici sono stati dimostrati aumentati drasticamente dopo la poppata. Essa ha una struttura simile al GRP (gastrin-releasing peptide) dei mammiferi e alla neuromedina B. Stimola il rilascio della gastrina dalle cellule G dello stomaco. Insieme alla colecistochinina è la seconda maggiore fonte dei segnali negativi di feedback che frenano il comportamento alimentare. Attiva tre diversi recettori G accoppiati a proteine ​​note, come la BBR1, -2, e -3, anche nel cervello. Le sue iniezioni periferiche o centrali riducono l’assunzione alimentare non bloccata dalla vagotomia, con effetto indipendente dalla CCK. Il topo knock-out del recettore-3 della bombesina è moderatamente obeso a 6-8 settimane di età, ma diviene significativamente iperfagico a solo dodici settimane dopo aver sviluppato l'obesità. Da notare è che la bombesina è anche un marcatore tumorale per il carcinoma a piccole cellule del polmone, del cancro gastrico e del neuroblastoma.



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