Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2011 Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO - Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche

Pubblicità - Annunci Google

Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO - Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche

E-mail Stampa
Indice
Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO
La vit. “D” nell’anziano
Gli anziani a maggior rischio d’inadeguati livelli di Vit. “D”
Apporti dietetici di riferimento per il calcio e la Vit. “D”
Integratori alimentari e tasso di mortalità nelle donne anziane
La vit. “D” nell’anziano fragile
Vit. “D” e fragilità in donne e uomini anziani
Vit. “D”, mobilità e forza muscolare nelle donne anziane
La vit. “D” e rischio di caduta negli anziani
Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche
Relazione tra Vit. “D” e iperglicemia nell’anziano
Vit. “D”, funzione delle cellule β e glicemia
Vit. “D”, diabete, malattie cardiovascolari e morte per qualsiasi causa
Tutte le pagine

Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche

L'osteoporosi, comune e progressiva malattia cronica metabolica dell'osso ad eziologia multifattoriale, è soprattutto riscontrabile negli anziani ed in particolare nelle donne bianche. È stata anche definita "ladro silenzioso" per il fatto che è di per sé asintomatica e diventa clinicamente evidente quando si verifica una frattura. Può  colpire l'intero scheletro ma, soprattutto l’anca, il polso e la colonna vertebrale. Si tratta di una malattia sistemica, caratterizzata da ridotta massa ossea e deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, con suo conseguente aumento di fragilità. Nonostante i suoi effetti negativi sulla qualità di vita dei pazienti e i suoi costi, è una condizione spesso sottovalutata ed anche sotto trattata, come riportato, ad esempio, dal sondaggio Gallup della National Osteoporosis Foundation che rivelava una mancata consultazione con il proprio medico sull’argomento da parte del 75% di tutte le donne di età compresa tra i 45-75 anni. È importante ribadire che l'osteoporosi è una malattia prevenibile e che, quindi, lo sono  anche le sue devastanti conseguenze fisiche, psico-sociali ed economiche. La prevenzione e il riconoscimento delle cause secondarie di osteoporosi sono le misure di prima linea per ridurre l'impatto della malattia, istruendo ed educando la popolazione soprattutto femminile, che ignara e non consapevole dei fattori di rischio non modifica lo stile di vita e i comportamenti. L'assistenza medica comprende, di massima, il calcio, la vitamina “D” e i farmaci antiosteoporotici, come i bisfosfonati e l’ormone paratiroideo.


L’osteoporosi è definita generalmente da una BMD (densità minerale ossea) di almeno 2,5 deviazioni standard sotto la media per un 30enne dello stesso sesso. Il numero di unità di deviazione standard di massa ossea dal picco si chiama T-score. La DXA (Dual x-ray absorptiometry), una speciale forma di raggi X a bassa dose, rappresenta il metodo preferito per misurare la BMD, generalmente a livello dell'anca e della colonna lombare vertebrale, i siti più comuni delle fratture osteoporotiche.
Derivano, di fatto, dalle complicazioni osteoporotiche ricoveri ospedalieri per una media di 20-30 giorni, riduzioni della qualità della vita in circa il 50% dei pazienti, limitazioni permanenti all’attività fisica, necessità di cure di lunga durata del 20% circa dei casi e morte fino al 20% un anno dopo la frattura.
Laura Masi dell’University of Florence ha rimarcato come le fratture da fragilità ossea siano, invero, il segno distintivo dell’osteoporosi e come in molte regioni del mondo comportino, per l’invalidità consequenziale, un importante contributo ai costi di cure mediche (Clin Cases Miner Bone Metab. 2008 Jan-Apr; 5(1): 11–13). Oltre i cinquanta anni, una donna su due e un uomo su quattro nella loro vita sono destinati ad avere fratture correlate all'osteoporosi. In tal modo, ogni anno si verificano oltre 1,5 milioni di fratture, di cui 300.000 dell'anca con mortalità complessiva del 15-30% entro i primi sei mesi, più elevata negli  uomini rispetto alle donne.  Quelle vertebrali sono circa 700.000,  250.000 quelle del polso e più di 300.000 quelle di altre sedi. Peraltro, nelle donne caucasiche di cinquanta anni il rischio di vita per le fratture da fragilità ossea si avvicina al 40% e negli uomini al 13% e il rischio di future fratture vertebrali aumenta con la numerosità prevalente, indipendentemente dall’età e dalla BMD. Come detto, la diagnosi di osteoporosi si desume generalmente dalla valutazione della densità minerale ossea a livello dell'anca, mediante la DXA. L'identificazione dei diversi fattori di rischio, invece, quali l'età, la precedente frattura di fragilità, il fumo, la menopausa precoce, l’eccesso di alcol, la limitata attività fisica, il basso peso corporeo, la storia familiare di fratture dell'anca e l'uso di farmaci come i corticosteroidi, l’ipertiroidismo è stata ampiamente utilizzata nelle strategie di case finding. Negli Stati Uniti circa 9.000.000 di donne e 3.000.000 di uomini soffrono di osteoporosi e per tale condizione nel 2005 si sono contati due milioni circa di fratture, con costi annuali diretti superiori ai $ 17 miliardi,  esclusi, quindi, gli indiretti. Nelle donne caucasiche il rischio di vita per una frattura dell'anca è stato valutato di circa il 18% e negli uomini del 6% e rispettivamente per l’avambraccio di circa il 16 e il 5%, per almeno una frattura vertebrale di circa il 16 e il 2,5%. Da notare, peraltro, che la maggior parte delle fratture vertebrali non viene diagnosticata clinicamente, ma può causare un forte dolore con limitazioni all'attività fisica.
La vitamina “D”, principalmente usata per promuovere la salute delle ossa e prevenire l'osteoporosi, in seguito a diversi e recenti studi randomizzati, è stata posta, tuttavia, nel dubbio non solo di efficacia, ma anche come fattore di significativo aumento del rischio sia di cadute sia di fratture. Alcune meta-analisi hanno rilevato, difatti, la riduzione del rischio di frattura dal 13 al 26% con 700 - 800 UI il giorno mentre altri la sua inefficacia.
B Abrahamsen dell’University of Southern Denmark, Odense, Denmark e collaboratori dello studio DIPART (vitamin D Individual Patient Analysis of Randomized Trials), per definire nelle fratture il ruolo e l'influenza dei regimi di dosaggio della vitamina “D”, singolarmente o combinata al calcio, hanno selezionato dalla letteratura sette importanti studi clinici, randomizzati con un totale di 68.517 partecipanti di età media di 69,9 anni, con un range dai quarantasette ai centosette anni, nel 14,7% uomini (BMJ 2010;340:b5463).

I risultati dei trial che avevano utilizzato la vitamina “D” con il calcio mostravano una riduzione del rischio complessivo di fratture, con un hazard ratio 0,92, intervallo di confidenza al 95%,86-0,99, p = 0,025. Per la frattura dell'anca tutti gli studi mostravano HR 0,84, IC 95%= 0,70-1,01, p = 0.07, mentre nell’utilizzo di dieci microgrammi di vitamina con il calcio 0,74, 0,60-0,91, p = 0,005. Invece, con la vitamina “D” da sola, in dosi giornaliere di 10 oppure 20 μg, non si riscontravano effetti significativi. Non si rilevava, peraltro, alcuna interazione tra storia della frattura e risposta al trattamento, né alcuna interazione con l'età, il sesso o la terapia ormonale sostitutiva. Quest’analisi, in conclusione, indicava che la vitamina “D” somministrata da sola in dosi di 10-20 μg non era efficace a prevenire le fratture, mentre in combinazione con il calcio riduceva le fratture dell'anca, quelle totali e probabilmente le vertebrali, indipendentemente dall'età, dal sesso o da fratture precedenti.
Kerrie M. Sanders dell’University of Melbourne e collaboratori, per determinare se una singola dose annuale, in autunno o in inverno per via orale, a donne anziane potesse migliorare l'aderenza alle cure e ridurre il rischio di cadute e di fratture, hanno controllato, dall’autunno all’inverno da tre a cinque anni, in doppio cieco con 500.000 UI di colecalciferolo e con placebo, 2.256 donne residenti in comunità, dai settanta anni e oltre, ad alto rischio di frattura (JAMA. May 12 2010;303(18):1815–1822).

Gli autori registravano, così, 171 fratture nel gruppo della vitamina vs le 135 del gruppo placebo e 837 partecipanti del primo gruppo cadevano 2.892 volte, con un tasso di 83,4 per 100 persone-anno, mentre nel secondo gruppo solo 769 per 2.512 volte, con un tasso di 72,7 per 100 persone-anno, secondo un rapporto del tasso d’incidenza [RR], 1.15, intervallo di confidenza 95% [IC], 1,02-1,30, p = .03). L'incidenza RR di frattura nel gruppo della vitamina era 1.26 (95% IC, 1,00-1,59, p = 0,047), rispetto al gruppo placebo (tassi per 100 persone-anno, 4,9 vitamina D vs 3,9 del placebo). Peraltro, nei primi tre mesi della somministrazione l'incidenza RR di caduta nel primo gruppo, rispetto il secondo, era 1,31 e durante i successivi 9 mesi 1,13 con un test di omogeneità P = .02. Peraltro, la 25OHD media sierica di base era 49 nmol / L e meno del 3% delle partecipanti aveva livelli inferiori ai 25 nmol / L. Dopo la somministrazione di circa 120 nmol / L, i livelli a un mese erano circa 90 nmol / L e a tre e dodici mesi rimanevano più elevati, rispetto al gruppo placebo. In rapporto a quanto sopra il CTAF (California Technology Assessment Forum) ha voluto dare una risposta al valore dei trial sull'uso della vitamina “D” per prevenire le fratture osteoporotiche, in rapporto alla crescente evidenza, interesse e controversie sulla sua carenza e sull'uso degli integratori per la prevenzione di una miriade di malattie. Lo IOM (Istituto di Medicina) ha esaminato, così, la letteratura recente e nel 2011 ha aggiornato, come riportato in precedenza, le raccomandazioni dietetiche di assunzione della vitamina e calcio.
Jeffrey A. Tice dell’University of California, nominato a eseguire la revisione sistematica nei meriti, ha identificato venticinque studi randomizzati o pseudo-randomizzati sui risultati di frattura con il trattamento con la vitamina “D”. Il campione dei pazienti, di età dai 53 (pochi) agli ottantacinque anni (la maggior parte), con stato di vita indipendente o in istituti per anziani, variava significativamente da uno studio all'altro. Inoltre, gli interventi differivano in modo significativo, essendo, sia la vitamina D2 sia ​​la D3, utilizzate a dosi dalle 400 UI il giorno sino alle 500.000 UI una volta l'anno. In alcuni studi era effettuata la combinazione con il calcio, che, utilizzando la meta-regressione, appariva l'unica caratteristica che cambiava in modo significativo l'effetto della vitamina sull’incidente di frattura. Difatti, la vitamina da sola era inefficace, mentre con il calcio riduceva le fratture totali del 14% e quelle dell'anca del 18%, con tendenza, ma senza un’evidenza statisticamente significativa, verso un maggiore beneficio per i pazienti istituzionalizzati e con più bassa 25 (OH) D basale. Peraltro, la forma e la dose della vitamina utilizzata non cambiavano l'efficacia della combinazione. Tutti i trial del calcio in combinazione con la vitamina usavano un programma giornaliero di dosaggio e non vi erano interazioni per età, sesso o per storia di precedente frattura. Sulla base di questi studi, ma anche secondo altre recenti meta-analisi, si dovrebbe considerare con le integrazioni di 400 - 800 UI di vitamina “D” giornaliera e di 1000 - 1200 mg di calcio l’efficacia per la riduzione di circa il 14% delle fratture. I maggiori benefici in assoluto deriverebbero agli individui  ad alto rischio di fratture, come coloro di età superiore ai settanta anni o quelli con precedenti fratture osteoporotiche. Possono comparire in alcuni pazienti stitichezza, gonfiore addominale ed elevati livelli sierici di calcio, ma con incidenza quasi uguale a quella dei gruppi di controllo. Così pure, i calcoli renali, pur essendo possibili, rappresenterebbero una condizione avversa di poco interesse. Per quanto riguarda, invece, il possibile eccesso di eventi cardiovascolari con la supplementazione del calcio e i suoi alti livelli sierici, nei trial di calcio più vitamina “D” non si rilevava un aumento della mortalità totale. Invece, si dimostrava una tendenza verso una minore mortalità nei pazienti trattati con vitamina “D”. Da questa prima revisione del 16 febbraio 2011 del California Technology Assessment Forum ne deriva, quindi, la raccomandazione dell'uso della vitamina “D” combinata con il calcio, secondo il criterio CTAF TA 1 e 5 per la sicurezza, efficacia e miglioramento dei risultati sulla salute.
Nei meriti la BCBSA (Blue Cross Blue Shield Association) non ha condotto una valutazione, la CMS (Centers for Medicare e Medicaid Services) non ha assunto una specifica posizione, la COA (California Orthopaedic Association) ha in programma di fornire una raccomandazione, l’AACE (American Association of Clinical Endocrinologists) ha pubblicato nel dicembre 2010-Vol.16-Suppl 3 le linee guida per la diagnosi e il trattamento dell'osteoporosi postmenopausale, la NOF(National Osteoporosis Foundation) ha osservato che la vitamina “D” svolge un ruolo importante nel proteggere le ossa, l’AAD (American Academy of Dermatology) ha raccomandato sempre di mantenere un valore di sicurezza  per la vitamina “D” attraverso una dieta sana, piuttosto che esporsi al sole, l’IOM (Institute of Medicine) ha pubblicato un rapporto il 30 Novembre 2010, sottolineando che le evidenze  scientifiche indicano che il calcio e la vitamina “D” giocano un ruolo chiave sulla salute delle ossa, l’ODS (Office of Dietary Supplements) ha pubblicato il “The Dietary Supplement Fact Sheet, Vitamin DL Health Professional Fact Sheet”,  disponibile on line su: http://ids.od.nih.gov/factsheets/VitaminD_pf.asp.



Chi è online

 86 visitatori online

ULTIMO AGGIORNAMENTO SITO:

Articoli: Martedì 11 Luglio 2023 Homepage: 27/03/2023

Statistiche

Tot. visite contenuti : 2719980
Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2011 Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO - Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche