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Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO - La vit. “D” e rischio di caduta negli anziani

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Indice
Notiziario Dicembre 2011 N°11 - VITAMINA “D” E INVECCHIAMENTO
La vit. “D” nell’anziano
Gli anziani a maggior rischio d’inadeguati livelli di Vit. “D”
Apporti dietetici di riferimento per il calcio e la Vit. “D”
Integratori alimentari e tasso di mortalità nelle donne anziane
La vit. “D” nell’anziano fragile
Vit. “D” e fragilità in donne e uomini anziani
Vit. “D”, mobilità e forza muscolare nelle donne anziane
La vit. “D” e rischio di caduta negli anziani
Vit. “D” e prevenzione delle fratture osteoporotiche
Relazione tra Vit. “D” e iperglicemia nell’anziano
Vit. “D”, funzione delle cellule β e glicemia
Vit. “D”, diabete, malattie cardiovascolari e morte per qualsiasi causa
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La vit. “D” e rischio di caduta negli anziani

Circa il 30% dei residenti in comunità con più di sessantacinque anni sperimenta una o più cadute ogni anno e il 15% due o più. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le lesioni, derivate da tali incidenti, costituiscono nel mondo la terza causa di anni vissuti con disabilità, potendone derivare lesioni gravi, come fratture e traumi cranici. Pur tuttavia, anche senza conseguenze fisiche, la caduta nell’anziano tende a procurare gravi problemi psicosociali con restrizione dell'attività e aumento della dipendenza. Peraltro, circa il 5% delle cadute si complica con una frattura e il 90% di quelle dell'anca deriva da una caduta. Diversi studi sono stati incentrati sull’effetto protettivo della supplementazione di vitamina “D” e calcio, soprattutto in ragione del miglioramento sulla salute delle ossa e sulla massa e forza muscolare.
Bischoff-Ferrari HA dell’Harvard Universitye collaboratori, sulla base di cinque studi su 1.237 partecipanti, hanno dimostrato che la vitamina “D” riduceva il corretto rapporto dell’OR (odds ratio) di caduta del 22% (corretto OR, 0,78; intervallo di confidenza al 95% [IC] 0,64-0,92), rispetto ai pazienti trattati con calcio o placebo (JAMA 2006, 291:1999). Dalla differenza d’insieme del rischio, il numero necessario da trattare (NNT) era di 15 (IC 95%, 8-53). Del pari quindici pazienti avrebbero dovuto ricevere il trattamento vitaminico per evitare la caduta. Includendo ulteriori cinque studi e coinvolgendo 10.001 partecipanti con un’analisi di sensibilità ed effetto minori, ma ancora significativi per dimensione, lo RR corretto era 0,87, IC 95%, 0,80-0,96. L'analisi dei sottogruppi suggeriva che l’effetto della dimensione era indipendente dalla supplementazione del calcio, del tipo di vitamina “D”, della durata della terapia e del sesso, ma che le ridotte dimensioni del campione offrivano risultati statisticamente non significativi per la supplementazione del calcio, del colecalciferolo e tra gli uomini. In conclusione, la supplementazione di vitamina “D” sembrerebbe ridurre oltre il 20% il rischio di cadute tra gli individui più anziani ambulatoriali o istituzionalizzati con salute stabile. 
Per loro conto, Marieke B. Snijder dell’Universiteit Amsterdam e collaboratori, sulla base della  particolare frequenza delle cadute negli anziani, principali cause di morbilità e mortalità, hanno voluto svolgere per un anno un’indagine prospettica sull'associazione tra la 25 (OH) D sierica e il rischio di recidiva di tale condizione.

Sono stati, così, inclusi 1.231 soggetti di ambo i sessi, di età dai sessantacinque anni e oltre, partecipanti al LASA (Longitudinal Aging Study Amsterdam). La bassa 25 (OH) D, inferiore ai 10 ng / ml, si associava a un aumentato rischio di caduta e, dopo aggiustamento per età, sesso, livello d’istruzione, regione, stagione, attività fisica, fumo e assunzione di alcol, l'odds ratio (intervallo di confidenza 95%) era 1,78 (1,06-2,99) per i soggetti con due cadute o più, rispetto a coloro senza cadute o caduti una sola volta.  L’OR era 2,23 (1,17-4,25) per i soggetti caduti tre o più volte, rispetto a quelli caduti due volte o meno. Si registrava anche un particolare effetto statisticamente significativo, legato all’età, per cui le analisi, stratificate per il gruppo inferiore ai settantacinque anni e maggiore o uguale a tal età, mostravano associazioni particolarmente forti nei più giovani con odds ratio (95% intervallo di confidenza) di 5.21 (2,03-13,40) per due o più cadute e 4,96 (1,52-16,23) per tre o più (The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism August 1, 2006 vol. 91 no. 8 2980-2985).
Anche Mohammad Hassan Murad della Mayo Clinic Minnesota e collaboratori hanno compiuto una revisione sistematica con lo scopo di riassumere le prove esistenti sull'uso della vitamina “D” sul rischio di cadute. Gli autori hanno, così, selezionato ventisei studi eleggibili di qualità moderata con 45.782 partecipanti, soprattutto anziani e donne (The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism October 1, 2011 vol. 96 no. 10 2997-3006). L’uso della vitamina si associava a una riduzione statisticamente significativa del rischio di cadute, con un odds ratio per almeno una caduta di 0,86 e intervallo di confidenza 95%, 0,77-0,96. Questo effetto era più evidente nei pazienti che erano carenti di vitamina “D” al basale e negli studi in cui era stato somministrato il calcio con la vitamina. La qualità delle prove era da bassa a moderata a causa dell’eterogeneità e bias della pubblicazione. In conclusione, la vitamina “D” in combinazione con il calcio riduceva il rischio di cadute, mentre negli studi senza la combinazione con il calcio non raggiungeva la significatività statistica. La più forte evidenza derivava dai trial con iscrizione di donne anziane.



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