Vit. “D” e PAD (arteriopatia ostruttiva periferica)
Pur tuttavia, bisogna considerare che i livelli bassi di vitamina si associano, in modo particolare, con l’obesità, il diabete mellito e l’ipertensione, condizioni che aumentano il rischio di PAD, così che, persistendo l’inversa correlazione tra i suoi livelli plasmatici e la PAD, anche dopo aggiustamento per questi fattori di rischio, bisogna invocare ulteriori meccanismi a loro estranei.
Peraltro, lo stato vitaminico è significativamente correlato alla forza muscolare e una carenza può, di certo, causare una miopatia, più marcata nei muscoli prossimali. Vi sono evidenze che la vitamina possa mediare la sintesi proteica e l’accumulo cellulare di adenosina trifosfato, della troponina C e dell’actina, aumentando nei muscoli striati l'espressione della proteina sarcoplasmatica. In tal modo, essa potrebbe avere un ruolo fondamentale nel ridurre il rischio di PAD. Altro coinvolgimento della vitamina “D” in rapporto all’aterosclerosi è derivato da studi recenti sui linfociti e sui macrofagi, che svolgerebbero un ruolo iniziale nella generazione degli ateromi.
S’ipotizza, difatti, chele cellule Th1 inizino la produzione in eccesso di IFN-γ, potente stimolatore dell’attività dei macrofagi, che, così attivati, secernono l’IL-1β, IL-6 e il TNF-α. Queste citochine reclutano monociti aggiuntivi aumentando l'ossidazione delle LDL e generando la MMP (matrix metalloproteinase), che può destabilizzare la placca, favorendone la rottura e la trombosi. Al contrario, il sottogruppo dei linfociti TH2, definito fenotipo antiaterogeno, produce IL-10, citochina buona, che sopprime l'attivazione dei macrofagi e la proliferazione delle Th1.
Peraltro, la vitamina “D” inverte il processo fibrotico indotto dall’AZCT (5'-azacitidina) nelle cellule mesenchimali multi potenti. In sua mancanza una lesione innesca la cascata infiammatoria, con possibilità di un processo fibrotico e la progressiva cicatrizzazione. La 1,25 (OH) D, forma attiva della vitamina, induce un fenotipo di segnale antifibrotico VDR-mediato nelle cellule mesenchimali multi potenti, caratterizzato da una diminuita espressione dei marcatori profibrotici, come il TGF-β1, l’inibitore del PAI-1, attivatore del plasminogeno 1, la miostatina e un aumento dell'espressione dei marcatori antifibrotici come il BMP2, bone morphogenic protein 2, e il BMP77, la follistatina, il MMP8, portando a una riduzione efficace dell’espressione del collagene, marcatore finale di una condizione fibrotica.
La vitamina “D” ricopre un ruolo, non solo lungo i multipli percorsi che regolano le prime fasi dell’aterogenesi di per sé, ma anche in corso di calcificazione vascolare. Recenti scoperte, derivate da sperimentazioni su un modello murino, hanno suggerito che la somministrazione di calcitriolo e paracalcitolo, a dosaggi sufficienti a correggere l’iperparatiroidismo secondario, sono protettivi contro la calcificazione aortica, mentre i dosaggi più elevati ne stimolato la calcificazione. Di certo, dosaggi protettivi della vitamina sopprimono l'espressione genica osteoblastica aortica.
Michal Melamed dell’Albert Einstein College of Medicine, Bronx, New York e collaboratori, sempre sulla base delle evidenzedelle relazioni negative tra i bassi livelli di vitamina “D” e ilsistema cardiovascolare, considerando la quasi ubiquitarietà dei VDR e i più alti tassi di malattia coronarica e ipertensione nelle popolazioni più distanti dall'equatore, per la minore esposizione al sole, hanno esaminato i dati di 4.839 partecipanti al NHANES 2001-2004(National Health andNutrition Examination Survey) per valutare la corrispondenza dell’insufficienza vitaminica con la PAD (Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology.2008; 28: 1179-1185).
La prevalenza dellaPAD, definita dall’indice caviglia-braccio <0,9, attraverso i quartili di 25 (OH) D, dal più basso al più alto, si rilevava nell’8,1 - 5,4 - 4,9 e 3,7% (p trend <0,001).
Dopo aggiustamento multivariato per caratteristiche demografiche, comorbidità, livello di attività fisica e misure di laboratorio, il rapporto di prevalenza di PAD per il più basso rispetto al più altoquartile di 25 (OH) D, corrispondenti a <17,8 e ≥ 29,2 ng / ml, rispettivamente, era 1,80 (intervallo di confidenza 95%: 1,19, 2,74). Per ogni 10 ng / mL di livello più basso di 25 (OH) D, il tasso di prevalenza multivariato, aggiustato della PAD era 1,35 (intervallo di confidenza 95%: 1,15, 1,59).
In conclusione, i bassi livelli sierici di 25 (OH) D erano associati a una maggiore prevalenza di PAD. Difatti, i casi del quarto quartile solo nel 3,7% presentavano la malattia, mentre quelli del più basso nell’8,1%.