Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2011 notiziario Novembre 2011 N°10 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOVASCOLARI - Vit. “D”, arteriosclerosi

Pubblicità - Annunci Google

notiziario Novembre 2011 N°10 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOVASCOLARI - Vit. “D”, arteriosclerosi

E-mail Stampa
Indice
notiziario Novembre 2011 N°10 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Le malattie non trasmissibili nel mondo
Morti globali attribuite ai 19 principali fattori di rischio, in rapporto al livello del reddito dei paesi
Le malattie non trasmissibili in Italia
Tassi di mortalità dai 35 - 74 anni per 100.000 abitanti per malattie cardiovascolari (mcv), malattia coronarica (sca), ictus e decessi totali (dt) in alcuni paesi del mondo
Tasso delle morti per malattie cardiovascolari negli Stati Uniti
Tasso delle morti per malattie cardiovascolari in Europa
Vit. “D”, arteriosclerosi
Vit. “D” e PAD(arteriopatia ostruttiva periferica)
Vit: “D” e calcificazione (calcium score) coronarica
Vit. “D” e infarto del miocardio
Vit. “D” e scompenso cardiaco
Vit. “D” scompenso e morte cardiaca improvvisa
Vit. “D” e trapianto di cuore
Vit. D, PTH e aterosclerosi carotidea
Vit. “D” e ictus
Tutte le pagine

Vit. “D”, arteriosclerosi

La vitamina “D”ha anche effetti sui sistemi microendocrini dell'apparato cardiovascolare, alcuni dei quali rilevati solo di recente. L'aterosclerosi è una delle principali cause della malattia arteriosa periferica, essendo il fumo il fattore di rischio dominante. La 1α, 25 (OH) 2D3, ormone steroideo rivolto a regolare più di sessanta geni, traslocato nelle cellule, si lega al VDR, recettore della vitamina “D” con alta affinità, membro della superfamiglia dei recettori nucleari.

Il VDR è un polipeptide di 427 aminoacidi strutturato in tre domini funzionali:

  1. il C-terminale LBD (ligand binding domain), che lega l’ormone a livello del suo anello A, contenente il gruppo 1α-idrossilato,
  2. il DBD, (DNA binding domain-), organizzato in due moduli zinco-nucleati (zinc finger), responsabili dell’interazione ad alta affinità con le specifiche sequenze di DNA delle regioni promotrici del gene bersaglio, VDRE, elementi che rispondono alla vitamina “D”,
  3. lo N-terminale, per i processi di trascrizione.

Il complesso, una volta formatosi, interagisce con gli elementi di risposta alla vitamina nella regione promotrice dei geni bersaglio, alterando, in questo modo, i tassi di espressione genica. La 1α, 25 (OH) 2D3, così, influenza un certo numero di geni, rilevanti per la parete arteriosa, tra cui il fattore di crescita vascolare endoteliale, la metalloproteinasi della matrice di tipo 9, la miosina e le proteine ​​strutturali, come l'elastina e il collagene tipo I. Inoltre, è emersa evidenza di una via alternativa per la 1α, 25 (OH) 2D3 nell’alterare la transattivazione del gene, attraverso proteine intracellulari leganti la stessa vitamina. L'uso recente degli analoghi della 1α, 25 (OH) 2D3, come agenti immunomodulatori, si basa, difatti, sulla loro capacità d’influenzare l'espressione genica nelle cellule del sistema immunitario e dell’espressione delle citochine di altre cellule.

Peraltro, in comune con altri ormoni steroidei, la 1α, 25 (OH) 2D3 induce una serie di effetti che occorrono troppo rapidamente per coinvolgere l'espressione genica. Questi includono un aumento del calcio intracellulare e dei livelli di cGMP, l'attivazione della protein chinasi C e le variazioni del metabolismo fosfoinositide.Gli effetti sono mediati dai recettori plasmatici di una o più membrane, ma il loro ruolo nella maggior parte dei tipi cellulari non è chiaro.

Un esempio,rilevante per la parete arteriosa, comprende la stimolazione delle cellule muscolari lisce vascolari (VSMC) e la loro migrazione attraverso l'attivazione della fosfatidilinositolo 3-chinasi. Il VDR, insomma, regola la trascrizione del DNA in mRNA, prodotta dalla RNA polimerasi II, che trasduce l’informazione ai ribosomi per la sintesi proteica, una volta migrata nel citoplasma.

Il VDR lega la 1,25(OH)2D3 nel dominio LBD (Ligand BindingDomain) in quattro fasi successive con cambi conformazionali nel recettore, favorendo, così, il legame eterodimerico con il recettore dell’acido retinoico X (RXR) a livello del LBD e la traslocazione nel nucleo. Il nuovo complesso 1,25(OH)2D3-VDR/RXR si lega mediante il DBD (DNA-Binding Domain) alle sequenze specifiche del VDRE. Si producono, quindi, modifiche conformazionali del DNA genomico. Infine, il VDR richiama le proteine nucleari co-attivatrici e/o co-repressive in sostegno alla modulazione della trascrizione genica. L’equilibrio finale tra co-attivatori e co-repressori, alla presenza di stimoli fisiologici o patologici, stabilisce, infine, il controllo della trascrizione genica. Classicamente, quindi, la 1α, 25 (OH) 2D3 mantiene l'omeostasi del calcio e dei fosfati, avendo come target principali l'intestino e l'osso. Pur tuttavia, la sua azione comprende una ben più vasta gamma di tessuti bersaglio non classici, compreso il cuore e la parete arteriosa con specifiche, importanti implicazioni funzionali. Difatti, sembra che essa possa causare l'arresto del ciclo cellulare e inibire la proliferazione della maggior parte dei tipi cellulari, tra cui i linfociti. Inoltre, la 1α,25(OH)2D3 provoca l’apoptosi delle cellule endoteliali tumorali, interferisce con il fattore di crescita vascolare endoteliale e sopprime l’angiogenesi. D’altro canto, la vitamina agisce anche suimacrofagi e sui linfociti di una parete arteriosa malata. La calcificazione della parete arteriosa rappresenta la condizione premonitrice degli eventi cardiovascolari ed è possibile che la vitamina “D” rivesta un suo ruolo nella patogenesi. Tal evento patologico segue, in effetti, due distinti modelli:

1) la calcificazione media, come nella sclerosi di Mönckeberg, che si realizza nell'invecchiamento, nell’insufficienza renale cronica e nel diabete,

2) la calcificazione dell'intima, che si osserva nell’aterosclerosi.

Il secondo è quello più considerato per il particolare valore prognostico delle arterie coronarie e dell’arco aortico. Pur tuttavia, più diffuso e intenso si concentra con l'età nella media della parete, senza caratteri occlusivi o associati alla placca aterosclerotica. Diversi studi hanno messo in risalto la relazione inversa tra 1α, 25 (OH) 2D3 sierica e la calcificazione arteriosa, ma, a tutto oggi, non vi sono evidenze definitive nei meriti. C'è, invece, una crescente indicazione di un’associazione paradossale tra l'osteoporosi e le calcificazioni vascolari, forse legata alla correlazione trai comuni polimorfismi del gene VDR e la malattia. Peraltro, studi sull’aterosclerosi, soprattutto quella che suole accompagnare l’insufficienza renale e/o il diabete mellito, hanno permesso di considerare un ruolo della vitamina ”D” attraverso la sua inibizione sul PTH, sull’infiammazione, sull’apoptosi cellulare e sull’angiogenesi. D’altra parte vi sono evidenze, anche da studi sugli animali, che la 1α, 25 (OH) 2D3 abbia la capacità di aumentare la resistenza vascolare, incrementando, così, la sensibilità alla noradrenalina delle arterie di resistenza. Nel loro insieme, questi studi suggerirebbero che l'ipertensione induce o sensibilizza il VDR della membrana, modulando le concentrazioni di calcio intracellulare.

In conclusione, oltre al suo ruolo nell’omeostasi del calcio e del fosforo, la vitamina “D” avrebbe un importante ruolo in molti processi fisiologici e patologici, rilevanti per la malattia arteriosa periferica, essendo, di certo, essenziale per lo sviluppo e la regolare attività dei vasi. La 1α, 25 (OH) 2D3 influenza la migrazione, la proliferazione e l'espressione genica del VSMC (vascular smooth muscle cell), l’elastogenesi e l’immunomodulazione, tutti processi coinvolti nella patogenesi della malattia aterosclerotica e aneurismatica arteriosa. Peraltro, essa ha altri effetti non genomici sulla contrattilità dei vasi nell’ipertensione essenziale ed è probabile che abbia anche un ruolo fondamentale nell’associazione paradossale tra l’osteoporosi e la calcificazione vascolare stessa.

A fronte di tutto quanto riportato, bisogna, però, anche riportare che proprio di recente Adam Gepner dell’University of Wisconsin e collaboratori hanno presentato all'AmericanHeart Association Scientific Sessions 2011 i risultati di un loro studio, peraltro piccolo, su 114 donne in postmenopausa con livelli sierici di 25-OH-vitamina D tra > 10 e <60 ng / ml, randomizzate a 2500 UI di vitamina D3 oppure a placebo per quattro mesi. I casi con bassi livelli di vitamina avevano, invero, maggiore probabilità di avere una moltitudine di fattori di rischio cardiovascolare, rispetto a quelli con livelli significativamente più elevati al basale, ma non si riconoscevano differenze su più end-point surrogati, tra cui la funzione endoteliale, la rigidità arteriosa, la proteina C-reattiva (PCR) e la pressione sanguigna. Gli autori esprimevano, pertanto, la loro perplessità sulla tanta diffusione della convinzione di grande panacea per tutti i tipi di condizioni attribuita alla vitamina “D”. Si hanno, difatti, altri agenti efficaci a ridurre il rischio delle malattie cardiovascolari e, quindi, risulterebbe incongrua ed ingiustificata  la prescrizione d'integratori e ancor più di megadosi da parte dei medici senza certezza di verifica.

Lo studio VITAL, attualmente in corso su 20.000 pazienti, sta valutando l’azione cardiovascolare della vitamina “D” e dei grassi Omega-3 e, di certo, offrirà i suoi risultati nel 2016 o 2017. Lo studio clinico randomizzato indaga, in effetti, se l'assunzione di 2000 UI di vitamina D3 il giorno o 1 g di acidi grassi omega-3 riducono il rischio di sviluppare il cancro, malattie cardiache e l’ictus nelle persone che non hanno una precedente storia di queste malattie.



Chi è online

 59 visitatori online

ULTIMO AGGIORNAMENTO SITO:

Articoli: Martedì 11 Luglio 2023 Homepage: 27/03/2023

Statistiche

Tot. visite contenuti : 2761665
Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2011 notiziario Novembre 2011 N°10 - VITAMINA “D” E MALATTIE CARDIOVASCOLARI - Vit. “D”, arteriosclerosi