Dieta e tossicità degli inquinanti ambientali
Nel 2011 l’EPA (Environmental Protection Agency) degli Stati Uniti ha definito il rischio come la probabilità degli effetti nocivi per la salute umana o per i sistemi ecologici derivante dall’esposizione a un fattore di stress ambientale. Siccome l'uso dei prodotti chimici e le emissioni inquinanti sono da qualche tempo in progressivo aumento, per gli uomini è divenuta corrispondentemente sempre più frequente la possibilità dell’esposizione ambientale non solo a un numero continuamente maggiore di potenziali sostanze tossiche, ma anche alle loro maggiormente dannose miscele. A tale riguardo, i policlorobifenili, i ritardanti di fiamma bromurati e le altre molecole organometalliche sono solo alcune delle sostanze disperse nell’ambiente. In seguito, esse si accumulano nei tessuti e scatenano potenti reazioni infiammatorie che sono alla base delle malattie come l’aterosclerosi, il diabete e il cancro.
Recenti studi hanno sostanzialmente sostenuto che le pratiche alimentari malsane hanno capacità indipendente nel compromettere la salute, aumentando, così, ulteriormente la vulnerabilità di una persona agli stress chimici. Al contrario, l'intervento con le pratiche alimentari sane può contribuire alla salute e alla stabilità metabolica, riducendo, quindi, potenzialmente la vulnerabilità alle malattie causate dagli inquinanti ambientali.
In effetti, le malattie croniche legate all'alimentazione costituiscono oggi in tutto il mondo la principale causa di morbilità e mortalità. Esse, peraltro, determinano un onere sanitario sempre più crescente, soprattutto per le complicanze correlate all'obesità. L'organizzazione mondiale della sanità ha, a tale riguardo, rilevato che una cattiva alimentazione e l'inattività fisica sono i fattori di rischio principali per le tre malattie primarie non trasmissibili, ossia quelle cardiovascolari, il cancro e il diabete. Gli studi hanno anche reso evidente che queste patologie, come la maggior parte delle altre malattie croniche, possono essere evitate o attenuate dai sani stili di vita alimentari, coerenti con la tradizionale dieta mediterranea. Questa dieta include, difatti, alti rapporti di grassi mono-insaturi/saturi e di acidi grassi omega-3/omega-6, oltre a un’ampia offerta di frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Tutti alimenti anti-infiammatori, ricchi di antiossidanti.
Pur tuttavia, la complessa interazione sul rischio di malattia tra l’alimentazione e l’inquinamento ambientale è condizionata non solo dai nutrienti che possono modulare gli insulti ambientali, ma anche dal cibo che può costituire la fonte delle sostanze sane, come pure dei contaminanti. A tale riguardo, recenti risultati di studi indicano che gli obesogeni, oltre a un bilancio energetico positivo indotto dalla dieta, possono contribuire al determinismo dell’obesità e dei problemi di salute. Difatti, gli obesogeni sono sostanze chimiche ambientali che possono agire sinergicamente con i nutrienti specifici, accelerando le disfunzioni metaboliche o interferendo con i meccanismi che regolano il numero degli adipociti e il bilancio energetico. Determinano, in tal modo, la compromissione della salute associata all'obesità. Gli obesogeni, in effetti, sono stati descritti come dei perturbatori endocrini che causano effetti indesiderati sulla salute con azione sull’equilibrio ormonale delle specie viventi. I primi elementi portati sotto accusa sono stati i POP (Persistent Organic Pollutants), base degli insetticidi come il DDT (para-diclorodifeniltricloroetano), oggi vietato ma che si ritrova ancora nell’atmosfera sotto forma di diossine. A tale proposito, interessante è risultata la conferma del legame tra i ftalati e il BPA (bisfenolo A) con i livelli degli ormoni tiroidei. Questi composti chimici sono presenti nei solventi, nei plastificanti e nei comuni prodotti per la casa. L’esposizione ai ftalati nella prima infanzia è stata associata ad alterazioni nella concentrazione degli ormoni, così come a un aumento delle allergie e dei sintomi dell’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività). Tutto ciò porta di conseguenzaq a considerare attentamente un intervento sulla dieta, puntando necessariamente a diminuire i cibi imballati nei materiali plastici.
Bernhard Hennig dell’University of Kentucky Superfund Research Program, Lexington – USA e collaboratori, nell’intento di meglio valutare i rischi sulla salute umana derivati dalle diverse variabili che devono essere considerate tutte insieme al fine di migliorare e prevenire le malattie croniche, hanno voluto commentare il ruolo della nutrizione come variabile critica degli esiti di malattia associati all'esposizione degli inquinanti ambientali (Environ Health Perspect. 2012 June; 120(6): 771–774). In effetti, l’eziopatogenesi delle malattie croniche è materia pur sempre complessa. Tuttavia, oltre che dalla vita sedentaria e dalle cattive abitudini alimentari, può essere influenzata dall’esposizione agli inquinanti ambientali. Gran parte delle evidenze emergenti suggerisce, infatti, che la nutrizione può modulare la tossicità degli inquinanti ambientali in grado di alterare i rischi connessi con le esposizioni alle sostanze tossiche.
Sulla base di queste premesse, gli Autori hanno riportato un corpo convincente di ricerca che indicava come la nutrizione potesse rivestire il ruolo di modulatrice della vulnerabilità agli insulti ambientali. In tal modo, la nutrizione andrebbe considerata per l'uomo come un elemento essenziale nella valutazione del rischio di salute. Essa, in effetti, può servire sia come agonista sia come antagonista della salute. È il caso degli impatti associati con l'esposizione agli inquinanti ambientali da parte degli alimenti ad alto contenuto di grassi o, per altro verso, dei cibi ricchi di antiossidanti. Le pratiche alimentari e le loro scelte possono aiutare a spiegare la grande variabilità osservata per l'uomo nella valutazione del rischio.
In conclusione, gli Autori, alla luce della loro disamina sull’argomento, fornivano raccomandazioni sulle pratiche di nutrizione e di dietetica perché nel prossimo futuro dovessero essere incorporate nella ricerca ambientale e nello sviluppo dei paradigmi della valutazione del rischio.
Gli interventi alimentari salutari potrebbero, in effetti, essere un approccio efficace per ridurre i rischi delle malattie associate a molti insulti tossici ambientali e dovrebbero essere considerati una variabile nel contesto della valutazione del rischio cumulativo e, se del caso, un potenziale strumento per la successiva riduzione del rischio stesso.
Molteplici fattori di stress possono sinergizzare il rischio di esposizione a un singolo agente tossico o a una miscela di sostanze inquinanti. Al contrario, la comprensione e il tentativo di eliminare i fattori degli stress non chimici nel contesto della valutazione del rischio cumulativo potrebbero ridurre il rischio da stress chimici o da sostanze inquinanti. Perciò, la questione del rischio cumulativo per l’uomo dovrebbe includere i risultati complessivi di salute, associati alla dieta o alla nutrizione, così come le altre scelte di vita. In effetti, le preferenze di nutrizione e di dietetica possono modulare gli insulti chimici correlati con l'esposizione agli inquinanti ambientali. Ciò è particolarmente importante perché la nutrizione può sia esacerbare sia attenuare molti indicatori di malattia, come lo stress ossidativo e l'infiammazione, legati ai rischi per la salute associati con l'esposizione. Inoltre, l'esposizione agli inquinanti ambientali può essere cronica e per tutta la vita, fornendo, in tal modo, le opportunità per le sostanze chimiche tossiche di contribuire allo sviluppo della malattia dall’inizio dell'infanzia sino alla vita adulta. In tal modo, è plausibile che gli individui nutrizionalmente compromessi, come nel caso delle cattive abitudini alimentari, siano più vulnerabili per tutta la durata della loro vita alle sostanze chimiche pericolose. Al contrario, una dieta ricca di antiossidanti e di nutrienti anti-infiammatori può migliorare la salute e ridurre la vulnerabilità a ulteriori stress chimici. Perciò, l'intervento della sana alimentazione dovrebbe essere considerato il più precocemente possibile. Allo stato delle attuali conoscenze, ne deriva che la nutrizione deve essere inclusa come variabile critica nelle metodologie di valutazione del rischio e che tale integrazione dovrebbe rilevarla come strumento d’intervento efficace per ridurre i rischi per la salute connessi alle sostanze tossiche ambientali. In realtà, la nutrizione sana potrebbe sensibilmente tamponare l’organismo contro gli agenti chimici, biologici e fisici da stress, cui gli esseri umani sono esposti quotidianamente.
In definitiva, i comportamenti alimentari positivi, mettendo chiaramente la nutrizione all'interno del paradigma di valutazione del rischio, possono potenzialmente ridurre i rischi per la salute connessi con le sostanze pericolose. Ne deriva che la nutrizione salutare potrebbe potenzialmente ridurre in modo significativo i costi del risanamento a lungo termine contro i rischi incerti legati agli inquinanti ambientali, a protezione della salute umana.