Il DCL o declino cognitivo lieve
Il termine Il DCL o declino cognitivo lieve è entrato in uso dal 2000 circa ed è basato in gran parte sui lavori di Ron Petersen della Mayo Clinic, Rochester, Minnesota e collaboratori. In un primo studio prospettico, di coorte longitudinale di settantasei soggetti, confrontati con 234 controlli sani e 106 pazienti con lieve malattia di Alzheimer (AD), gli Autori hanno misurato le funzioni cognitive con diversi strumenti diagnostici (Arch Neurol. 1999;56:303-308). La distinzione principale tra i soggetti di controllo e quelli con il DCL o declino cognitivo lieve si otteneva nella zona della memoria, mentre le altre funzioni cognitive erano comparabili. Tuttavia, quando i soggetti con DCL o declino cognitivo lieve erano confrontati con i malati di Alzheimer molto lieve, le prestazioni della memoria erano simili, ma questi ultimi presentavano maggiore compromissione degli altri domini cognitivi. Le prestazioni nel tempo dimostravano anche che nei soggetti con DCL si riducevano con un tasso superiore a quello dei controlli, ma meno rapidamente rispetto ai pazienti con malattia di Alzheimer lieve. Gli Autori, così, concludevano che i pazienti che soddisfacevano ai criteri per il DCL potevano essere differenziati dai controlli sani e da quelli con AD molto lieve, appartenendo a un’entità clinica indipendente.
Gli AA, difatti, considerando che il deterioramento cognitivo dovesse caratterizzare le prime fasi della demenza nell’anziano e sulla base delle evidenze di uno stato di transizione tra i cambiamenti cognitivi del normale invecchiamento e la malattia di Alzheimer (MA), hanno delineato il DCL come condizione clinica tra la senescenza normale e la MA (Arch Neurol. 2001;58:1985-1992). In tale caso le persone sperimentano la perdita di memoria in misura maggiore di quanto ci si aspetterebbe per l’età, senza soddisfare i criteri della MA clinicamente probabile. Pur tuttavia, nel tempo tali soggetti potrebbero progredire con un ritmo molto accelerato verso una forma di MA clinicamente probabile, rispetto ai sani di pari età. Di conseguenza, questa condizione è stata riconosciuta idonea per un eventuale intervento terapeutico, stimolando l’interesse di un gruppo di esperti in tutto il mondo nei settori della neurologia, psichiatria, geriatria, neuropsicologia, neuroimaging, neuropatologia. Così che oggi la lieve insufficienza cognitiva è ritenuta una condizione ad alto rischio di sviluppo della MA clinicamente probabile, indicando, come accennato, quelle persone che hanno, solitamente ma non sempre, lievi sintomi progressivi con cambiamenti peggiorativi nelle abilità mentali e della memoria. In un’analisi definitiva, negli ultimi dieci anni si è costatato, peraltro, che un gran numero di questi malati, ma certamente non tutti, tende a progredire verso la demenza di Alzheimer. Pertanto, si è sempre più sviluppato l’interesse nei riguardi del DCL con la costituzione anche di due serie di criteri di gruppi di lavoro a essa dedicati: il primo fondamentalmente clinico, relativo all’uso dei fornitori senza accesso agli strumenti avanzati di analisi d’immagine o di CSF (cerebro spinal fluid), il secondo, adeguato alla ricerca e alla descrizione dei biomarcatori per il loro uso sperimentale e per l’impostazione clinica.
Comunque, l'ultima serie di criteri per la definizione del deterioramento cognitivo lieve, secondo Petersen nel 1999, si basa su quattro livelli di certezza, secondo la presenza e la natura dei risultati dei biomarker:
1. Preoccupazione nei riguardi di un cambiamento dello stato cognitivo identificato dal paziente, da un informatore o da un clinico esperto.
2. Compromissione della performance cognitiva che dovrebbe risultare inferiore a quanto previsto per l'età e l'istruzione con una gradualità di peggioramento nel tempo.
3. Conservazione d’indipendenza nelle capacità funzionali, ma meno efficienti e con più errori nelle attività quotidiane.
4. Assenza di demenza, ma con variazioni sufficientemente miti senza alcuna evidenza di compromissione sociale o lavorativa.