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notiziario Aprile 2012 N°4 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO I^ parte - Sulla progressione del decadimento cognitivo lieve

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Indice
notiziario Aprile 2012 N°4 - EVIDENZE SUL DECLINO COGNITIVO I^ parte
Invecchiamento e declino cognitivo
Il DCL o declino cognitivo lieve
La β-amiloide può predire il declino cognitivo?
Sottotipi del decadimento cognitivo lieve
Il declino cognitivo lieve è più frequente negli uomini o nelle donne?
Natura del deficit di memoria del declino cognitivo lieve
La riserva cognitiva ne influenza il declino?
Sul tempo d’insorgenza del declino cognitivo
Dedifferenziazione terminale delle abilità cognitive
Sulla progressione del decadimento cognitivo lieve
Tutte le pagine

Sulla progressione del decadimento cognitivo lieve

Il concetto di riserva cognitiva ha interessato per anni gli studiosi nel campo della ricerca della demenza. A tale proposito si è da tempo pensato che gli elevati livelli d’istruzione e / o uno stile di vita attivo, soprattutto mentale, possano rendere l’individuo meno suscettibile al decadimento cognitivo, aumentando la riserva funzionale del cervello. La comprensione dei possibili meccanismi che si attuano in tal modo rappresenta un campo di grande interesse e importanza per gli eventuali trattamenti preventivi.
Hedden T, Gabrieli JD della Stanford University in una loro analisi concludevano, peraltro, che, pur essendoci un emergente consenso che anche gli adulti di età inferiore ai sessanta anni potessero verificare un relativo declino cognitivo, si riscontrava in letteratura scarsa evidenza a tale riguardo (Nat Rev Neurosci. 2004 Feb;5(2):87-96).
A J Mitchell dell’University of Leicester e M Shiri-Feshki, del Nottinghamshire Healthcare NHS Trust, Nottingham – UK hanno esaminato nella letteratura quindici studi a lungo termine con particolare attenzione all’ACR (annual conversion rate) del DCL in demenza, confrontandoli con i risultati degli studi che utilizzano più brevi periodi di osservazione (J Neurol Neurosurg Psychiatry 2008;79:1386-1391). In tutti i trial di coorte, in cui era completato il follow-up, la media dell’ACR verso la demenza era del 4,2% (95% IC 3,9% al 4,6%). Tale dato era  inferiore al tasso riportato dagli studi di durata inferiore ai cinque anni. La percentuale di conversione a demenza e alla malattia di Alzheimer diminuiva con i periodi di osservazione più lunghi, suggerendo che il rischio di progressione diminuirebbe con il tempo. In conclusione, un tasso di ACR del 10-15% apparirebbe solo in campioni clinici controllati nel corso di un periodo di osservazione breve. L’assunzione di persone anziane provenienti dai centri specialistici che, in particolare, coinvolgono coloro che si lamentano delle difficoltà cognitive, come i disturbi di memoria soggettivi, tenderebbe, invero, a fornire tassi di conversione elevati. Nei primi anni di follow-up, difatti, molti di quelli con il profilo di rischio più avverso tenderebbero alla progressione, ma anche all’abbandono o alla morte, lasciando una coorte di malati meno vulnerabili. Tuttavia, una relazione inversa temporale si manifestava anche in chi aveva completato il follow-up a lungo termine, suggerendo il coinvolgimento di altri fattori, come questioni di campionamento o eterogeneità del DCL stesso.
Ritchie LJ e Tuokko H dell’University of Manitoba, Winnipeg, Canada, con l’obiettivo di confrontare la capacità predittiva dei diversi modelli di decadimento cognitivo lieve (DCL), come marker di demenza incipiente in un campione longitudinale della popolazione canadese, hanno esaminato l'uso dei criteri esistenti e ben documentati di definizione del DCL utilizzando i dati del CSHA (Canadian Study of Health and Aging). Hanno, così, calcolato le caratteristiche demografiche, la media dei risultati dei test neuropsicologici e le frequenze di campionamento e i tassi di conversione per ogni classificazione. Hanno impiegato le analisi ROC (Receiver operating characteristic) per valutare il potere predittivo di ogni classificazione cognitiva. Le frequenze di campionamento più alte e i tassi di conversione si associavano con le definizioni di più domini di DCL. Gli unici criteri diagnostici per predire in modo significativo la demenza cinque anni più tardi erano la definizione CIND -2 (cognitive impairment no dementia). Le definizioni dei casi di DCL più restrittive non riuscivano ad affrontare gli aumenti variabili temporali del declino in tutti i diversi domini cognitivi nella progressione dal normale funzionamento cognitivo alla demenza (Am J Alzheimers Dis Other Demen. 2010 Nov;25(7):592-603. Epub 2010 Sep 21).
Mary Ganguli dell’University of Pittsburgh e collaboratori, per verificare i risultati del DCL in rapporto alle sue diverse definizioni, hanno eseguito uno studio di coorte con un anno di follow-up su 1.982 individui di sessantacinque anni e oltre. (Neurol 2011;68:761–767). I partecipanti erano classificati come affetti da DCL, secondo i criteri Mayo mnesici, quelli dell’International Working Group, quelli del CDR (Clinical Dementia Rating) = 0.5, e secondo una classificazione puramente cognitiva in amnesica e non amnesica. Per ogni definizione del DCL si evidenziavano tre possibili risultati:
1.      il peggioramento con progressione verso la demenza [CDR 1] o verso la grave compromissione cognitiva,
2.      il miglioramento con ritorno a un CDR = 0, o alla cognizione normale,
3.      la stabilità con CDR o stato cognitivo invariato.
Dopo oltre un anno, indipendentemente dalla sua definizione, una piccola percentuale di partecipanti progrediva fino a CDR> 1 (range, 0% -3%) o grave deficit cognitivo (0% -20%) a tassi più elevati rispetto ai coetanei cognitivamente normali. Una proporzione un po' più grande migliorava o tornava alla normalità (6% -53%), mentre la maggior parte rimaneva stabile (29% -92%). Con le definizioni focalizzate sui disturbi della memoria e su più domini cognitivi, proporzioni maggiori di soggetti progredivano verso la malattia, mentre un numero minore migliorava il CDR. Lo studio, secondo gli Autori, avrebbe teso a confermare l’eterogeneità del DCL e che esso negli anziani progredirebbe verso la demenza a tassi superiori al normale. Peraltro, i deficit di memoria e le menomazioni in più domini tenderebbero verso una maggiore progressione di malattia e un minore tasso di miglioramento.
John C. Morris della Washington University, per valutare l'impatto potenziale dei nuovi criteri riguardanti il deterioramento cognitivo lieve (DCL) sviluppati da un gruppo di lavoro sponsorizzato dal National Institute on Aging e dall’associazione di Alzheimer sulla diagnosi dell’Alzheimer (MD) molto mite e mite, ha progettato una revisione retrospettiva di valutazioni del danno funzionale tra le categorie diagnostiche (Arch Neurol. February 6, 2012. doi:10.1001). L’Autore ha considerato 17.535 soggetti con funzioni cognitive normali, con DCL, con MA o demenza di altro tipo. Le valutazioni funzionali degli individui normali, con DCL o con demenza MA, eseguite presso gli Alzheimer's Disease Centers e presentate al National Alzheimer's Coordinating Center, sono state ottenute in conformità con la definizione d’indipendenza funzionale, consentita dai criteri rivisitati. Quasi la totalità, il 99,8% delle persone con diagnosi attuale di demenza MA molto mite, e la grande maggioranza, il 92,7% di quelle con diagnosi di demenza MA lieve, sarebbero potute essere riclassificate come aventi DCL con i nuovi criteri in base al livello delle compromissioni nella valutazione pratica clinica dei domini di demenza per lo svolgimento delle attività strumentali della vita quotidiana nella comunità e a casa. Una percentuale rilevante di questi individui con demenza MA rispondeva anche alla versione riveduta del criterio d’indipendenza funzionale del DCL, come misurata attraverso il questionario di valutazione funzionale. In conclusione, la distinzione categorica tra DCL e le fasi più lievi di demenza della MA è stata intaccata dai nuovi criteri. La sovrapposizione risultante diagnostica supporta la premessa che il DCL, dovuto alla MA, rappresenta la prima fase sintomatica della stessa MA.
Hiroko H dell’Oregon Health & Science University e collaboratori nel loro editoriale hanno ribadito la non chiara relazione tra il terminale del declino cognitivo e una sottostante latente MA o altra malattia non sufficientemente grave da varcare la soglia clinica o se lo stesso potesse essere attribuibile a processi biologici presumibilmente legati alla mortalità imminente (Neurology April 10, 2012 vol. 78 no. 15 1110-1111).



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