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notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I° - Folati omocisteina e depressione

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Indice
notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I°
Note introduttive sulla depressione
Epidemiologia della depressione
Eziopatogenesi della depressione
Geni e depressione
Ambiente, relazione genitoriale e depressione infantile/adolescenziale
Differenze di genere nella depressione
Senescenza e depressione
Stress, sistema immunitario e depressione
Religiosità e depressione
Quali gli effetti della religione, spiritualità o filosofia di esistenza nei bambini in pericolo di vita?
Insonnia e depressione
Nutrizione e depressione
Folati omocisteina e depressione
β-bloccanti e depressione
Mefedrone e depressione
Tutte le pagine

Folati omocisteina e depressione

L'omocisteina, aminoacido prodotto dall’organismo, è un normale sottoprodotto del metabolismo delle proteine, ​in particolare della metionina. Deve gran parte della sua importanza clinica a Kilmer S. McCully del Pathology Department at Massachusetts, il quale nel 1969 associò i suoi livelli elevati nel sangue, maggiori di dieci micromoli / litro, all’aterosclerosi e all’aumentato rischio di attacchi cardiaci, ictus, formazione di coaguli di sangue e forse anche morbo di Alzheimer (AmericanJournal of Pathology56:111-128, 1969). Lo stesso McCully rilevò che i bambini con l’omocistinuria, malattia genetica rara e caratterizzata per l’appunto da livelli di omocisteina molto alti, morivano in età molto giovane per aterosclerosi avanzata.
Tuttavia, solo nel 1992, a seguito degli studi all’Harvard University si ebbe la dimostrazione che i livelli di omocisteina, solo sopra il 12% della media, determinavano un rischio 3,4 volte maggiore di attacchi cardiaci, rispetto a quelli normali. Contemporaneamente, anche l'European Journal of Clinical Investigation dimostrava che il 40% delle vittime d’ictus aveva elevati livelli di omocisteina, rispetto al solo 6% dei controlli. Ne derivò la conclusione dello Journal of American Medical Association del 1995 che l'omocisteina era un forte fattore indipendente di rischio d’ictus.
Pur tuttavia, già nel 1962 Herbert V, del Mount Sinai School of Medicine in New York e pioniere degli studi dei folati nell’anemia megaloblastica, riportava l’evidenza a sostegno di un'associazione tra la carenza dei folati e i sintomi depressivi (Trans Assoc Am Physicians 75:307-320, 1962). Dopo quattro mesi di dieta carente di folati sviluppò insonnia, irritabilità, stanchezza e smemoratezza, sintomi che diminuirono con il reinserimento dei folati. In effetti, nei pazienti con grave carenza di folati, tanto da produrre anemia megaloblastica, i sintomi depressivi sono stati descritti come la complicanza neuropsichiatrica più comune, seguita dalla demenza e dalla neuropatia periferica. In diverse coorti la carenza di folati, generalmente definita dai valori plasmatici <= 2.5ng/mL o valori RBC <200ng/mL, sono stati trovati nel 15% -  ​​38% dei pazienti con depressione. D’altro canto, nei depressi i bassi livelli sierici di B12 (<200pg/mL) sono stati trovati meno frequentemente (dal 12 al 14%), per cui la bassa B12 non sembra poter distinguere i malati anche se, quando associata all’anemia macrocitica, sia accompagnata da disturbi dell'umore nel 20%, rispetto al 56% della deficienza dei folati.
I meccanismi biochimici, attraverso i quali i folati possono influenzare lo stato neuropsichico, sono quelli che coinvolgono una via essenziale per molte reazioni di transmetilazione all'interno del sistema nervoso centrale, tra cui il metabolismo delle sostanze neuro attive, come i neurotrasmettitori monoaminici e la melatonina, la formazione dei fosfolipidi di membrana e la sintesi, riparazione e ricombinazione degli acidi nucleici. Il folato svolge un ruolo fondamentale nella 1-ciclo del carbonio, è prima convertito in MTHF (5-metiltetraidrofolato) e si combina poi con l'omocisteina per produrre L-metionina, secondo una reazione catalizzata dalla metionina sintetasi, vitamina B12-dipendente. La metionina, prodotta attraverso questo ciclo e anche fornita direttamente ma in quantità insufficiente dalla dieta, si combina con l'adenosina trifosfato (ATP) in una reazione catalizzata dalla metionina adenosina transferasi (MAT), per formare S-adenosil-metionina (SAMe, o ademetionina). La SAMe, a sua volta, è ampiamente distribuita in tutto il sistema nervoso centrale, come intermediario di oltre trentacinque reazioni di transmetilazione.
L’iperomocisteinemia è presente in circa il 5 - -12% della popolazione generale, ma in condizioni specifiche, come negli alcolisti, a causa di una disvitaminosi di accompagno, o in pazienti con malattia renale cronica, potrebbe essere più frequente. L'omocistinuria classica, invece, da deficit genetico di cistationina beta-sintetasi (Cbs) è una malattia ereditaria con carattere autosomico recessivo multisistemica, caratterizzata dal coinvolgimento degli occhi, dello scheletro, del sistema nervoso e dell'apparato vascolare. Nel 51% dei casi è presente anche una malattia psichiatrica significativa dal punto di vista clinico.
Generalmente i livelli di omocisteina sono più alti negli uomini e negli anziani. In particolare, nell’originale coorte del Framingham Heart Study, composta di 1.160 adulti sopravvissuti sino ai sessantasette e novantasei anni di età, un alto livello di omocisteina maggiore di quattordici micromol / litro era presente nel 29,3% dei soggetti. I livelli sierici di omocisteina aumentano dopo carico di metionina e in mancanza nutrizionale di vitamina B12, di acido folico, di B6,
nelle malattie renali e nelle alterazioni genetiche della MTHFR (metil-tetraidro-folato reduttasi) e CBS (cistationina beta-sintetasi), essenziali per il metabolismo dell’aminoacido. Anche la gastrite atrofica, le malattie infiammatorie intestinali, l’uso incongruo di lassativi, di farmaci come diuretici e anticonvulsivanti, tutti fattori che interferiscono con l'assorbimento delle sostanze nutritive, possono determinare l’iperomocisteinemia.
Nei rapporti con la depressione rimane da chiarire i meccanismi con cui l’iperomocisteinemia la possa determinare. Dai rilievi ottenuti da numerosi studi, sembrerebbe importante il ruolo intermediario della malattia vascolare causata dall’iperomocisteinemia. Non a caso si combina con essa il frequente riscontro d’ictus, spesso anche associato alle malattie cardiache. La depressione, in effetti, suole comparire facilmente come un sintomo e nello stesso tempo come un rischio per le malattie cardiovascolari con patogenesi anche se ancora non chiara ma possibilmente riconducibile a piccoli infarti cerebrali multipli e a farmaci come anticonvulsivanti e diuretici.
Comunque, il rilievo diretto dei metaboliti dei neurotrasmettitori ha permesso di avvalorare l’ipotesi della loro alterazione operata dall’omocisteina, dato confortato dalla dimostrazione degli effetti antidepressivi del folato e della S-adenosilmetionina, cofattore e metabolita intermedio del processo metionina-omocisteina. I pazienti depressi con iperomocisteinemia, peraltro, avrebbero nel siero livelli significativamente più bassi di folati ed anche nei globuli rossi e nel liquido cefalorachidiano, in cui vi sarebbero anche bassi livelli di SAMe (S-adenosilmetionina), di acido 5-idrossindolacetico, di acido omovanillico e di MHPG (3-metossi-4-idrossifenilglicole). Peraltro, la S-adenosilmetionina, un intermediario nella via metabolica dell’omocisteina, ha dimostrato proprietà antidepressive superiori al placebo e paragonabili allo standard dei triciclici. E ancora, i bassi livelli sierici di folati sono stati associati alle peggiori risposte nei trattamenti e alle recidive. Infine, nel morbo di Parkinson il trattamento con L-Dopa, che per la metabolizzazione richiede un gruppo metilico dalla S-adenosilmetionina, comporta livelli più alti di omocisteina, rispetto alla non cura. Il farmaco potrebbe determinare, così, un furto di metili, impedendo così la rimetilazione dell’omocisteina in metionina, con il risultato degli alti livelli della prima. Un altro potenziale meccanismo dell'omocisteina sui trasmettitori è l’inibizione dell'enzima necessario per catalizzare la reazione di metilazione tra le catecolamine e la SAMe.
Coppen A del MRC Neuropsychiatric Research Laboratory e collaboratori hanno analizzato i dati della letteratura relativi alla depressione maggiore e ai folati e vitamina B12, trovando entrambe queste sostanze a livelli bassi  (J Psychopharmacol. 2005 Jan;19(1):59-65). Stesso risultato è stato riscontrato nei pazienti con i disturbi ricorrenti dell'umore, trattati con litio, ed anche negli alcolisti. Da notare, peraltro, che i bassi livelli di folati possono determinare una scarsa risposta agli antidepressivi e che il trattamento con acido folico è indicato per migliorare la loro azione. L’aumento dell'omocisteina plasmatica, riconosciuto marker funzionale sia per il folato sia per la vitamina B12, è stato riscontrato anche nei depressi e in uno studio norvegese di grandi dimensioni è risultato associato al maggiore rischio di depressione, ma non di ansia. Nella depressione, quindi, si può affermare la sostanziale evidenza di una diminuzione dei folati, comune nel sangue o siero o globuli rossi, della vitamina B12 e di un corrispettivo aumento dell’omocisteina plasmatica. Inoltre, in rinforzo a quanto riportato, bisogna annotare che il polimorfismo MTHFR C677T, che altera il metabolismo dell'omocisteina, è dimostrato tra i pazienti depressi. Pertanto, sulla base dei dati riportati, gli autori hanno suggerito di tentare di migliorare il risultato del trattamento antidepressivo con dosi orali di 800 microgrammi il giorno di acido folico e di 1 mg il giorno di vitamina B12.
Dal loro canto, Marshal Folstein della Tufts University di Boston e collaboratori (Am J Psychiatry 164:6, June 2007) hanno avvalorato l’ipotesi etiologica dei fattori genetici e ambientali nell’elevazione dei valori di omocisteina e sue consequenziali alterazioni vascolari cerebrali e dei trasmettitori, che portano alla depressione.
Salah Gariballa dell’United Arab Emirates University, considerando che l’iperomocisteinemia può determinare un’alterazione dei neurotrasmettitori con consequenziale depressione, avendo anche in precedenza dimostrato che la supplementazione alimentare di vitamine del gruppo B aveva assicurato un beneficio statisticamente significativo sui sintomi, ha arruolato 2.136 pazienti acuti anziani, parte di uno studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, incaricandoli ad assumere ogni giorno supplementi nutrizionali orali di vitamine del gruppo B o di un placebo per sei settimane (Age Ageing (2011) 40 (6): 702-705). Le concentrazioni di omocisteina totale media diminuivano del 22% tra i pazienti trattati con gli integratori, rispetto al gruppo placebo, con differenza media di 4,1 mmol / l (IC 95%: 0,14-8,03), P = 0,043. Le concentrazioni di omocisteina totale erano divise in quattro quartili e i punteggi analizzati contro la depressione. Nel primo quartile, rispetto al quarto, le concentrazioni di omocisteina si associavano a sintomi di depressione più bassi al termine del periodo di supplementazione (punteggio depressione geriatrica r = -0,20, p = 0,042).
Dal loro canto, Guixiang Zhao e collaboratori del Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta, sempre sulla scia dell’evidenza che la carenza di folati può essere causa dei sintomi depressivi, hanno voluto esaminare la prevalenza e la probabilità di utilizzo di acido folico o integratori vitaminici tra gli adulti con depressione e ansia, rispetto a quelli senza queste condizioni (Nutrition Journal 2011, 10:102). Dai dati della Behavioral Risk Factor Surveillance System Survey 2006, relativi a 46.119 partecipanti dai diciotto anni in su di età, hanno stimato la prevalenza aggiustata e l’odds ratio con gli intervalli di confidenza al 95% per l'assunzione di acido folico e vitamine tra quelli con depressione mai diagnosticata (n = 8, 019), ansia mai diagnosticata (n = 5, 546) o con marcati sintomi depressivi (n = 3, 978), definiti con un punteggio di gravità ≥ 10 sulla Patient Health Questionnaire-8 diagnostic algorithm.
Nel complesso, le donne erano più inclini degli uomini verso gli integratori di acido folico 1-4 volte / die (50,2% vs 38,7%, p <0,001) e vitaminici (62,5% vs 49,8%, p <0,001). Dopo aggiustamento multivariato, gli uomini con depressione o ansia mai diagnosticate erano 42% e 83% rispettivamente propensi verso gli integratori di acido folico <1 volta / die, mentre 44 e 39% verso quelli dell’acido folico 1 - 4 volte / die e 40 e il 46% verso quelli vitaminici, rispetto agli uomini senza queste condizioni (P <0,05 per tutti i confronti). Le donne con depressione mai diagnosticata avevano più probabilità del 13% di assumere supplementi di acido folico 1-4 volte / die e 15% quelli vitaminici rispetto alle donne senza questa patologia (p <0,05 per entrambi i confronti). L'uso di acido folico e integratori vitaminici non differiva significativamente in rapporto all’elevata gravità dei sintomi depressivi in entrambi i sessi.
Sulla base dei loro risultati gli autori concludevano che la prevalenza e la probabilità di assunzione di acido folico e vitamine variavano sensibilmente nell’ansia dell’uomo e tra i due sessi nella depressione, ma non nella sua forma grave.
Dagher RK, Shenassa ED dell’University of Maryland, considerando che la depressione post-partum era un disturbo mentale prevalente con scarsi studi sull’associazione con i comportamenti di salute prenatale, hanno esaminato il fumo di sigaretta, l’assunzione di caffeina e di vitamine durante la gravidanza in rapporto ai sintomi dopo 8 settimane dal parto (Arch Womens Ment Health. 2012 Jan 4). Utilizzando un disegno dello studio prospettico di coorte dal 2005 al 2008, hanno reclutato 662 donne, di almeno diciotto anni d’età, con un’intervista nel follow-up a otto settimane dopo il parto, ottenendo un tasso di risposta del 79% con 526 puerpere. L'analisi di regressione gerarchica ha mostrato che il fumo di sigarette, in qualsiasi momento durante la gravidanza, e il non prendere vitamine nel primo trimestre erano significativamente associati ai sintomi depressivi peggiori che si aggravavano in caso di caratteristiche del bambino come irritabilità, rifiuto delle poppate, per stress da responsabilità genitoriale.



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