Insonnia e depressione
Disturbi del sonno e depressione sono spesso cattivi compagni, i primi rappresentando generalmente uno dei segni della seconda e non causa da soli, salvo che associati ad altra malattia medica o a problemi personali. Pur tuttavia, l'incapacità per un lungo periodo del sonno regolare rappresenta, di certo, un indizio importante per lo sviluppo della depressione. In tal caso, s’innesca una cascata di sintomi, come fatica, irritabilità, problemi della memoria e della concentrazione, perdita d’interesse nelle attività, tra cui le sociali, incapacità di trarre piacere da esse, riduzione della libido. Questo complesso d’inconvenienti sfocia con il tempo nella depressione. L'insonnia, quindi, può rendere neurobiologicamente più vulnerabili alla depressione e rappresentare, come dimostrato da Perlis M. L.dell’University of Pennsylvania, un suo precursore precoce di circa cinque settimane, peraltro, aggravandosi con il suo ingresso (Behavioral Sleep Medicine, (2006)4,104-113.). C’è da ricordare che, sulla base dei suoi studi, Perlis ha raccomandato un’attenta e adeguata cura dell’insonnia, soprattutto con il trattamento comportamentale durante i periodi di remissione della depressione. Ma anche negli episodi di depressione franca il trattamento comportamentale, specificamente destinato all’insonnia, può accelerare il recupero totale del malato, aumentando i risultati delle cure standard. L’autore, difatti, ha dichiarato: "Forse siamo in grado di proteggere le persone, prestando attenzione alla loro insonnia. Se è un fattore di scatenamento e ce ne liberiamo, possiamo sbarazzarci del rischio depressione".
Il dato merita sicura attenzione solo se si considera che probabilmente più dell’80% delle persone che soffrono di depressione presentano i problemi del sonno. Generalmente, esse dormono meno del solito e lamentano: difficoltà di addormentarsi per il turbinio di pensieri nella mente, risvegli durante la notte, risvegli anticipati di mattina e difficoltà di poter tornare a dormire. Pur tuttavia, anche in caso di un numero ragionevole di ore di sonno, spesso si svegliano la mattina con la sensazione di non aver riposato, sentendosi stanche per tutto il giorno. Occasionalmente, in circa il 15% dei casi dormono troppo, trovando difficoltà a scendere dal letto, spendendo, in tal modo, gran parte della giornata, senza per questo sentirsi meno stanche. Di certo, un sonno disturbato rende le persone meno efficaci il giorno successivo perché (vedi notiziari dedicati all’argomento) vengono a vanificarsi quei processi importanti che aiutano, per così dire, a ricaricarsi di energia. Peraltro, la depressione, associata ai disturbi del sonno, aumenta il rischio di suicidio.
In definitiva, il modello del sonno del depresso differisce da quello normale per: aumento del tempo impiegato per addormentarsi, riduzione del sonno totale, il sonno profondo è assente o molto scarso, il sonno REM si verifica all'inizio della notte, i risvegli notturni sono frequenti e possono durare abbastanza a lungo, tanto da mantenere costante l’attenzione del paziente. La persona si sveglia presto il mattino e non riesce a riprendere sonno, anche se si sente molto stanca. Vengono, peraltro, falsati tutti i meccanismi fisiologici legati alla buona funzione del sonno e alla normalità di tutto l’organismo. Si avrebbero anche alterazioni del sogno, consequenziali a quelle della fase REM.
Tutto quanto si congiunge al fatto che, dopo oltre tre decenni dal 1980, l'insonnia è oggi giorno considerata non più un sintomo, ma un disordine, una distinta entità nosologica.
Di conseguenza, l’insonnia, quando è cronica, tende a essere incessante, invalidante, costosa, pervasiva e perniciosa e fornisce la giustificazione dell’obiettivo primario del trattamento. Nei riguardi della funzione intellettiva, numerosi studi hanno documentato la compromissione della performance cognitiva nei pazienti con insonnia, costituendo questo dato, di fatto, uno dei suoi attributi enunciati dall’American Academy of Sleep Medicine nel 2005. Per quanto riguarda, invece, la funzione sociale, il disturbo determina un diminuito interesse e una ridotta soddisfazione, derivante dalle relazioni interpersonali e interazioni sociali, con minori capacità nelle prestazioni e ridotta produttività, più alto tasso di assenteismo e di costi. Vi sono anche i riflessi legati alla maggiore suscettibilità ad altre malattie, tra cui le cardiovascolari, sino al possibile rischio di morte.
Pigeon WR dell’University of Rochester NY, USA e collaboratori, proprio per confermare il ruolo dell’insonnia persistente come fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo depressivo maggiore (DDM) di nuova insorgenza e della sua ricorrenza, hanno eseguito uno studio longitudinale su 1.801 anziani elaborando i dati del progetto IMPACT (Important Achievements of Clinical Trials), una ricerca interventistica policentrica (SLEEP 2008;31(4):481-488). I soggetti, con disturbo depressivo maggiore e / o distimia e con oltre sessanta anni d’età, sono stati raggruppati in insonni persistenti, intermedi e senza insonnia. In generale, l’insonnia persistente presentava probabilità di depressione dall’1,8 alle 3,5 volte maggiori, rispetto alla sua assenza. I risultati erano più consistenti nei pazienti trattati con le cure tradizionali per la depressione e in quelli con DDM, rispetto a quelli con la sola distimia. Secondo gli autori, queste conclusioni suggerirebbero che l’insonnia persistente, oltre ad essere un fattore di rischio per un episodio depressivo, può avere il ruolo di perpetuare la malattia in alcuni pazienti anziani e, soprattutto, in chi riceve cure standard per la depressione in ambito delle cure primarie. La cura rinforzata della depressione maggiore, invece, può in parte mitigare gli effetti persistenti dell'insonnia sulla depressione.
Hyong Jin Cho dell’University of California e collaboratori, considerando che tra gli anziani con precedente depressione risultava non chiaro il ruolo del sonno nel predire le recidive, hanno svolto uno studio prospettico di due anni su una coorte di una comunità di 351 anziani di età dai sessanta anni e oltre, di cui 145 con una storia di depressione maggiore o non, in remissione completa e 206 senza qualsiasi precedente storia di malattia mentale (Am J Psychiatry 2008; 165:1543–1550).
Durante il follow-up ventitré soggetti, il 16,9%, con precedente depressione sviluppavano episodi depressivi, mentre nel gruppo di controllo solo una persona, lo 0,5%. All'interno del primo gruppo, la recidiva di depressione era preannunciata da disturbi del sonno, indipendentemente dai sintomi depressivi, da altre malattie croniche e dall’uso di farmaci.