VITAMINA “D” E SALUTE
La vitamina “D”, essenziale micronutriente liposolubile scoperto nel 1922 in una ricerca per curare il rachitismo, svolge un ruolo molto importante nel nostro organismo, non solo per il metabolismo osseo, ma anche per tutte le sue normali funzioni.
Essa è storicamente deputata a mantenere un adeguato livello del calcio e del fosforo sierici. Pertanto, è determinante per la formazione e robustezza delle ossa. In sua mancanza, difatti, sono assorbiti solo il 10-15% del calcio e circa il 60% del fosforo degli alimenti. L'interazione dell'1,25 OH D con i propri recettori intestinali aumenta l'efficienza dell'assorbimento del calcio dal 30 al 40% e circa dell'80% quello del fosforo.
Nel corso dgli anni, nei riguardi della salute si sono succedute molte ipotesi e teorie a favore e contro le proprietà benefiche di questo composto. In particolare, la luce del sole, come elioterapia, sin dai tempi di Ippocrate, padre della medicina occidentale, è stata considerata parte dell’armamentario delle cure mediche. Nel primo novecento, questo rimedio è stato, poi, usato per trattare molti disturbi, come la tubercolosi, il rachitismo dei bambini e le ferite da guerra. La sua importanza è esplosa, però, soprattutto quando il danese Niels Ryberg Finsen nel 1903 fu insignito del Premio Nobel per aver sviluppato il trattamento con i raggi ultravioletti (UV) contro la tubercolosi. Tutte le forme di vitamina “D” sono secosteroidi con condivisione di una stretta somiglianza strutturale e funzionale con gli steroidi, le cui implicazioni complete devono essere ancora pienamente stimate. Peraltro, la sovrapposizione tra steroidi e secosteroidi costituisce la chiave per comprendere la Patogenesi di Marshall, che tende a spiegare come una vitamina possa essere in grado di esercitare effetti palliativi a breve termine e, invece, al lungo danni. Secondo tale principio, ai pazienti con Patogenesi di Marshall si dovrebbe consigliare di evitare il consumo della vitamina, a causa dei suoi effetti immunomodulatori.