BREVE STORIA DELL'ELETTRICITA'
I primi studi sui fenomeni elettrici e magnetici risalgono al 600 A.C. quando i filosofo greco
Talete di Mileto
(624-546 a.C.) studiò le proprietà elettriche dell'ambra. Corpi leggeri erano attratti dall'ambra gialla, una resina fossile, precedentemente strisciata su di un altro corpo. Fenomeno simile a quello della calamita, minerale composto di un protossido con un sesquiossido di ferro, che attraeva potentemente a sé questo metallo. I Greci chiamarono "ηλεκτρον" (eléktron) l'ambra e "μαγνήτης" (magnétes) la calamita. Le caratteristiche dell'ambra furono esaminate anche dallo scrittore latino
Plinio il Vecchio
nella sua "Naturalis Historia".
Tuttavia, le ragioni di questi fenomeni sono state poco comprese fino al 1600 quando
William Gilbert
, più interessato al magnetismo - per cui suggeriva che la Terra si comportava come un gigantesco magnete - rileggendo l'opera dei Greci, si rese conto che le forze attrattive e repulsive, derivate dallo sfregamento dell'ambra, erano molto simili alle forze attrattive e repulsive esercitate dai magneti.
Tali proprietà, ritenute esclusive dell'ambra e della calamita, portarono Gilbert a denominare il nuovo campo di studio "elettricità", parola derivata dal nome greco dell'ambra, e "magnetismo" quello dell'altra. Tuttavia, come più tardi si è riconosciuto, ambedue i fenomeni non risiedono unicamente nell'ambra o nella calamita, né producono esclusivamente attrazioni, ma anche repulsioni. Per di più, il principio per cui in occasione di un temporale si producono i terrificanti fenomeni elettrici è quello stesso che attrae i corpi leggeri verso l'ambra. Anzi, come si è successivamente dimostrato, il magnetismo stesso non é in sostanza diverso dall'elettricità.
Nel corso dei tempi si è constatato che molte altre sostanze, oltre l'ambra, hanno la proprietà di produrre effetti elettrici.
Otto von Guericke
, nel 17° secolo, sperimentò il primo generatore elettrostatico basato sull'effetto dello sfregamento di una sfera di zolfo. Oltre ad essere in grado di attirare piccoli pezzi di carta, essa inaspettatamente produceva un crepitio e minute scintille. Per la prima volta si dimostrava che l'energia elettrica poteva essere prodotta e che non era un fluido che si trasferiva da un oggetto all'altro per effetto dello sfregamento. Il dispositivo di Guericke fu ampiamente utilizzato e sviluppato dagli scienziati del tempo, essendo uno dei primi metodi di produzione di elettricità. Più tardi, si trovò il modo di immagazzinarla in una bottiglia, detta di Leyda, dal nome della località tedesca Leiden, ove fu inventata. Questo dispositivo ha rappresentato il precursore dell'accumulatore di corrente. Nel 1752
Benjamin Franklin
intuì il collegamento tra le piccole scintille della sfera di zolfo e l'enorme fragore del fulmine.
In ragione di questo esperimento, la contrazione di un muscolo, stimolato da una corrente elettrica, è definita ancor oggi "galvanismo" per riferirsi alla produzione di corrente elettrica derivata dal contatto di due metalli in un ambiente umido.
Da notare che nel settecento l'interesse per il fenomeno dell'elettricità si diffuse soprattutto come curiosità e gioco nei salotti, per attrarre o respingere o fare scintille e, talvolta, come immaginario metodo di cura. Difatti, la quantità molto scarsa di energia elettrica, prodotta dalle macchine di frizione, non era di alcuna utilità pratica.
Quasi tutte le nostre conoscenze attuali sull'energia elettrica si sono ottenute nel corso degli ultimi 200 anni.
Alessandro Volta
nato a Como nel 1745, segnò con le sue scoperte il punto di svolta nello studio dell'energia elettrica. Nominato professore di fisica nel 1978 presso l'Università di Pavia, cominciò a ripetere gli esperimenti di Galvani. Interpretò che le contrazioni muscolari della rana non provenivano dall'animale, ma erano indotte dalla corrente che scorreva tra i due diversi metalli collegati alla sua carne umida e salata. Questo dato lo portò a sviluppare il primo dispositivo di produzione chimica della corrente elettrica. Realizzò nel 1799 la "pila voltaica", il predecessore della batteria elettrica. Si trattava di una pila verticale di dischi di metallo (zinco con rame o argento), separati gli uni dagli altri da dischi di cartone imbevuti di soluzione salina. Volta proseguì nelle sue ricerche, sviluppando molti nuovi dispositivi. Inventò l'elettroforesi, un precursore del condensatore, un dispositivo per rilevare corrente elettrica debole e l'elettrometro, strumento di meteorologia per misurare l'elettricità atmosferica. Per i suoi riconosciuti meriti, nel 1801 fu chiamato a Parigi per dimostrare la sua scoperta all'Accademia delle Scienze e Napoleone stesso dichiarò la sua presentazione un trionfo, conferendogli una medaglia d'oro e avviando l'annuale "Premio Volta". Peraltro, l'unità di misura elettrica, "Volt", è così denominata in suo onore.
Il primo effetto importante della corrente elettrica a essere scoperto fu l'elettrolisi, ossia la sua capacità di separare i composti chimici nei loro elementi.
Humphry Davy
(1778-1829), professore di chimica alla
Royal Institution
di Londra, utilizzò la pila voltaica per gettare le basi qualitative dell'elettrochimica. Isolò il potassio elementare e in seguito il sodio, il bario, il calcio, lo stronzio, il magnesio, il boro e il silicio.
Successivamente Davy intuì che l'elettricità poteva essere usata per produrre luce. Collegando i terminali di una batteria di grandi dimensioni a due pezzi di carbone di legna appena separati tra loro, produsse una brillante luce bianca: la prima lampada ad arco.
Verso la fine del 1813, Davy intraprese un tour di diciotto mesi in Europa con il giovane
Michael Faraday
, una stella destinata a rapida ascesa. Difatti, Faraday, che lo seguì nelle sue lezioni di chimica e fisica, prese presto il suo posto presso la Royal Institution. Ed alcuni mormorarono con malizia che la più grande scoperta di Davy fu proprio Michael Faraday. Si può commentare, comunque, che Davy, come chimico era superiore, mentre, come scienziato, Faraday era incomparabile.
All'inizio del 19° secolo due chimici inglesi, Carlisle e Nicolson, sperimentarono il collegamento delle due estremità di una pila voltaica a due fili di platino immersi in provette contenenti acido diluito.
Si formarono, così, tante bollicine a livello dei fili, composte da una parte da ossigeno e dall'altra d'idrogeno. I chimici, pertanto, conclusero legittimamente che l'acqua era stata scomposta nei suoi elementi dalla corrente elettrica. Con le celle di Volta si poteva ottenere facilmente e continuamente energia elettrica al servizio della scienza in tutto il mondo, ma rimaneva la grande difficoltà di approntare il metodo della sua misurazione. Fino al 1820 gli unici strumenti elettrici di misura erano basati sulle forze attrattive e repulsive tra le cariche elettriche fisse.
Nel 1819
Hans Oersted
scoprì una nuova caratteristica dell'energia elettrica. Dal momento che già Gilbert aveva intuito che elettricità e magnetismo erano connessi tra loro in qualche modo, Hans Oersted dimostrò che, posizionando sopra una bussola magnetica un filo che conduceva corrente elettrica, si otteneva la deviazione dell'ago, comprovando che il filo si comportava come una calamita. Oersted provò, difatti, nel 1820 che il filo era circondato da un campo magnetico.
In seguito,
André-Marie Ampère
, con una splendida serie di esperimenti, dimostrò in maniera completa le leggi della forza esercitata dai fili che portavano la corrente, ponendo le basi alle precise misurazioni elettriche realizzate con il galvanometro l’amperometro e il voltmetro.
L’elettricità divenne in tal modo una scienza esatta e
Georg Ohm
e più tardi
Gustav Kirchhoff
furono in grado di indicare in un circuito elettrico la relazione tra corrente, tensione e resistenza.
Michael Faraday
(22 Settembre 1791 - 25 agosto 1867), scienziato britannico di origini molto umili, lasciò la scuola all'età di dodici anni e fu essenzialmente un autodidatta fino all’età di 20 anni, epoca in cui iniziò a seguire le lezioni di Humphry Davy. Riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, sulla scia di Oersted, contribuì, in maniera significativa, all’evoluzione dell'elettromagnetismo e dell'elettrochimica. Raggiunse rilievo scientifico proprio con la prima legge dell’elettrochimica, sviluppata nel 1834, nella quale si afferma che “la massa di sostanza che si deposita sugli elettrodi è proporzionale alla quantità di carica che passa nella cella”. Da notare che questi fenomeni fisici hanno molte applicazioni pratiche, soprattutto a livello di galvanotecnica come la zincatura, la ramatura e la nichelatura. Lo scienziato inventò anche la prima forma di un dispositivo che sarebbe diventato il
“becco Bunsen”
, utilizzato quasi universalmente nei laboratori di ricerca scientifica, come semplice ed efficace fonte di calore. Nel 1821 fu in grado di realizzare, con grandi bobine di filo e potenti elettromagneti il primo motore elettrico semplice.
Da allora, molti scienziati intuirono che, se una corrente elettrica poteva produrre un effetto magnetico, era possibile anche il contrario, ossia che un magnete potesse essere usato per produrre corrente. Faraday, dopo dieci anni di studi, riuscì a dimostrare come un cavo di corrente fosse in grado di produrla in un altro cavo viciniore. Questo effetto, conosciuto come induzione elettromagnetica, portò direttamente alla realizzazione della dinamo, secondo il principio che, quando una bobina di filo è fatta ruotare in un campo magnetico, si genera corrente nel filo stesso.
In conclusione, Faraday, che non si considerava un elettrochimico, ma filosofo naturale, dedicò la sua vita a dimostrare l'interconnessione delle forze naturali. La sua ricerca è stata rivolta soprattutto all’elettrochimica, esplorando il collegamento tra la chimica e le forze elettriche della batteria voltaica.
Johann Wilhelm Ritter
(1776-1810), nato in Polonia, iniziò la sua carriera come farmacista. Nel 1796 si dedicò presso l’Università di Jena allo studio delle scienze, dove realizzò la prima batteria a secco, lavorando con il cloruro d'argento. Scoprì lo spettro dell’ultravioletto stabilì nel 1798 il collegamento esplicito tra galvanismo e reattività chimica. Affascinato dagli esperimenti di eccitazione elettrica del muscolo, Ritter eseguì esperimenti sul proprio corpo con tensioni molto elevate. Senza dubbio, questi esperimenti portarono alla sua morte prematura all'età di 33 anni.
John Frederic Daniell
(1790-1845), nato a Londra e nominato professore di chimica al King's College, rivolse le sue ricerche allo sviluppo di potenti batterie elettriche nel periodo in cui cominciarono ad apparire i sistemi commerciali telegrafici con apparecchi Morse. La batteria di Daniell in rame, nel 1836, divenne lo standard per i sistemi telegrafici inglesi e americani. Nel 1839 Daniell sperimentò la fusione dei metalli con una batteria da settanta celle. Produsse un arco elettrico, così ricco di raggi ultravioletti, che realizzò in un istante una condizione di sole artificiale. Questi esperimenti causarono, però, un grave danno per suoi occhi ed anche degli spettatori.
In definitiva, Daniell dimostrò che lo ione del metallo, piuttosto che il suo ossido, trasportava una carica elettrica in una soluzione di elettrolisi metallo-sale. In seguito,
Thomas Alva Edison
, inventore e scienziato americano, sviluppando questo meccanismo, costruì un generatore elettrico capace di rendere molto più grandi le quantità di energia elettrica, rispetto alle semplici cellule di Volta. Difatti, le forze che agiscono tra due bobine di filo, una fissa e una mobile, permettevano a quella mobile di ruotare.
Thomas Alva Edison, nato l’11 febbraio 1847, fu uno degli inventori più famosi dei suoi tempi con quasi 1093 brevetti al suo attivo e nel 1879 produsse la sua invenzione più straordinaria: la lampadina elettrica incandescente che rivoluzionò il mondo intero. A Dearborn, nel Michigan, si può visitare l’interessante Museo Henry Ford che contiene la raccolta più grande e più spettacolare al mondo di lampadine. Divenne ormai evidente che l'elettricità rappresentava una forma speciale di energia. Il generatore elettrico consentiva di convertire l’energia meccanica in elettrica. Così pure, in ragione del fatto che un filo di corrente diveniva caldo per la trasformazione dell'energia elettrica, determinata dalla resistenza del filo, in energia termica, si ponevano le basi di tutti gli apparecchi elettrici di riscaldamento. Fu Edison ad aprire la strada moderna alla lampadina, facendo passare una corrente attraverso un sottile filamento di carbonio, racchiuso in un bulbo di vetro, ottenendo così un bagliore bianco-caldo.
In seguito
James Clerk Maxwell
, nato il 13 giugno del 1831 a Edimburgo, sintetizzò le osservazioni precedenti nella così detta equazione di Maxwell, dimostrando che l'elettricità, il magnetismo e persino la luce sono tutte manifestazioni del campo elettromagnetico.
Nel 1887,
Heinrich Hertz
, fisico tedesco, realizzò e rilevò queste onde e da questa scoperta nacque l'idea, sviluppata ampiamente da
Guglielmo Marconi
, che le onde elettromagnetiche potessero essere utilizzate per trasmettere messaggi senza fili, attraverso l'aria. In tal modo, nacque il telegrafo senza fili e, nel 20° secolo, i sistemi per trasmettere segnali audio e televisivi. Nel 1897
J.J. Thomson
scoprì l'elettrone, l'elemento dell’energia elettrica. Deviando una corrente elettrica attraverso il vuoto per mezzo di un forte campo elettrico, dimostrò che essa era composta di minuscole cariche negative elettriche, gli elettroni. In seguito,
Robert Millikan
, nel 1911, fornì la prova che l'elettrone era dotato della più piccola quantità di carica possibile e che le minuscole particelle, presenti in tutta la materia, si distinguevano per la quantità di elettricità di cui erano dotate.
Commenti
Ho creato un museo elettrico virtuale che mi farebbe piacere una vostra visita on line.
Cordiali saluti nino vadalà.
www.museolaluce.com
su googlle: museo nino vadalà
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