I DISTURBI D’ANSIA
Per il paziente
Introduzione
L’ansia, è uno stato fisiologico e psicologico caratterizzato da componenti cognitive, somatiche, emotive e comportamentali che si combinano insieme per creare le sensazioni dolorose che noi giudichiamo rabbia, paura, apprensione o preoccupazione. In seguito ad un qual si voglia intenso stress o a uno stato di allarme persistente, l’organismo in genere si mobilita con cambiamenti, che in casi estremi possono compromettere l’omeostasi, quale controllo di uno stato bilanciato, coerente e stabile. La voce inglese stresspropriamente significa "sforzo, spinta". Ha lo stesso etimo dell'italiano "strizzare” e deriva, attraverso il francese antico, dal latino "districtia". Rappresenta un cosiddetto prestito "di ritorno", come "shock" e "sport". Etimologicamente sarebbe una stretta, una strizzata, un'angustia o un'angoscia. Derivando dall'inglese distress, "stress" ne è la forma aferetica, così come sport lo è da diporto. Nel 1440 stress eral'accento tonico di una parola o l'enfasi nel pronunciarla, nel 1843 una tensione o pressione fisica applicata su qualsiasi oggetto materiale, nel 1968 anche un sovraccarico di un organo o una pressione mentale.
Nel 1971 Hans Selye descrisse anche una sindrome di adattamento, come l’insieme delle reazioni non specifiche di difesa dell’organismo dinanzi agli stress (traumi, tossici, infezioni, emozioni, agenti atmosferici, ecc.), che tendono a turbare l’omeostasi. Nella sindrome di adattamento gli agenti stressanti scatenano un’iniziale reazione d’allarme caratterizzata da manifestazioni neurovegetative e metaboliche con ruolo preminente del surrene, seguita da una fase di difesa con attivazione dei meccanismi di compenso, che possono essere sufficienti a mantenere il normale equilibrio. Se, però, la condizione persiste, l’adattamento può esaurirsi con progressione verso la malattia. Lo stress, pertanto, può essere definito come la risposta fisiologica agli stimoli, di natura fisica, chimica, biochimica, meccanica, emozionale o sociale, che agiscono sull’organismo. Esso, così, assume un ruolo importante per la difesa, l’adattamento, la sopravvivenza, diventando, però, causa di alterazioni somatiche particolari senza possibilità di recupero quando presente troppo a lungo e troppo intensamente. La legge di Yerkes Dodson evidenzia, a riguardo, come con l’aumento del livello d’impegno richiesto dallo stress, aumenta anche il rendimento della persona, mentre, superato un certo punto, si realizza una sua progressiva riduzione. Invero, nella prima parte della curva si colloca l’eustress, in altre parole lo stress favorevole, mentre nella seconda il distress, in altre parole quello cattivo.
Si possono a tale riguardo configurare due possibilità di personalità:
- vulnerabile allo Stress con atteggiamento pessimistico, scarsa capacità di risoluzione dei problemi, possibile trauma anamnestico dei nei primi anni di vita, amigdala preimpostata alle minacce, programmato per lotta o fuga;
- resistente allo stress, con esercizio fisico e supporto sociale regolari, percezione di controllo, sfida, impegno, prevedibile.
L'ansia, sentimento universale sgradevole di tensione e apprensione, paura o disagio, reazione a uno stress, si accompagna a una varietà di sintomi fisici, affettivi, cognitivi e comportamentali che hanno effetti sia positivi sia negativi. Il panico è la sua forma più esasperata e rappresenta la più comune malattia psichiatrica (10%). L’ansia, non di meno, aiuta a gestire ogni situazione di tensione al lavoro, in ufficio, a studiare più alacremente per un esame, a rimanere concentrati in un discorso importante. In generale, essa torna utile per fronteggiare ogni difficoltà. Quando diventa un’eccessiva, irrazionale paura di situazioni della vita quotidiana, però, assume la valenza di un disturbo invalidante.
L'ansia, a differenza dalla paura, non è la reazione a un pericolo reale ma è la risposta somatica di chi si prepara ad affrontare una minaccia secondo la risposta definita,’combatti o fuggi' per la sensazione dell’incombere di un pericolo imminente.
L’ansia, in effetti, è quella condizione caratterizzata da una sensazione di pauranon connessa ad alcuno stimolo specifico, distinguendosi, quindi, dalla paura vera e propria per il fatto di essere aspecifica, vaga o derivata da un conflitto interiore. Essa corrisponde a una complessa combinazione di emozioni negative che includono paura, apprensione e preoccupazione, essendo spesso accompagnata da sensazioni fisiche come palpitazioni, dolori al petto e/o respiro corto, nausea, tremore interno. Può esistere, però, anche come disturbo cerebrale primario oppure può essere associata ad altri problemi medici, inclusi altri disturbi psichiatrici. La sua componente cognitiva comporta l’aspettativa di un pericolo diffuso e incerto, mentre sul piano somatico l’organismo si prepara ad affrontare la minaccia con una reazione d’emergenza che condiziona l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della sudorazione, con spostamento del flusso sanguigno verso i più importanti gruppi muscolari. Aumentano anche le funzioni del sistema immunitario mentre diminuiscono quelle digestive. I segni somatici, visibili esternamente, possono implicare il pallore della pelle, il sudore, il tremore e la dilatazione pupillare. L’ansia sul piano emotivo provoca un senso di terrore o panico con nausea e brividi, mentre, su quello comportamentale, può determinare atteggiamenti volontari e/o involontari finalizzati alla fuga o al sottrarsi alla fonte dell’ansia. Nel caso di un’ansia cronica e duratura si determina un forte impatto sulla vita di una persona e si realizza un Disturbo d’Ansia.
Infine, il ruolo dell’anidride carbonica (CO2) è seriamente discusso. Sotto altro profilo l’ansia può risultare come reattiva a una tensione emotiva di una circostanza, come la paura o il dubbio di morte o di conflittualità. Può, peraltro, essere inscritta in ambito di altra malattia psichiatrica, come il disturbo d'ansia generalizzato (GAD), il disturbo di panico, il disturbo fobico, il PTSD, la depressione maniacale, il disturbo psicotico, il disturbo di personalità ansiosa. L’ansia può pure essere correlata a una malattia non psichiatrica o al suo trattamento, per scarso controllo del dolore, per disturbi metabolici correlati (ad esempio l'ipoglicemia), per il delirio, per una sepsi. Infine, può essere indotta da sostanze come i corticosteroidi (desametazone, prednisolone), la metoclopramide, le proclorperazine (neurolettici antiemetici), i broncodilatatori, o come effetto di sospensione di benzodiazepine, oppioidi, alcol.
L'ansia da normale diventa allarmante quando i sintomi sono così intensi e duraturi da portare la persona a una condizione molto dolorosa e stressante, tanto da non impedire di svolgere i compiti di tutti i giorni. I disturbi d'ansia sono più volte descritti come "nevrosi", distinta dalla "psicosi“ in cui la persona perde il contatto con la realtà con illusioni o idee aberranti. I sintomi della neurosi, invece, sono simili alle esperienze che tutte le persone hanno, anche se in forma più grave. Essi sono, in genere: lo stress emotivo, il disagio, la paura, il nervosismo, l’apprensione o il timore, l’ipervigilanza, la sensazione di mente vuota, l’irritabilità, i tremori e i tic, la tensione generalizzata e l’irrequietezza, la tendenza a prevedere sempre il peggio, l’inquietudine, l’incapacità a rilassarsi, il mal di testa, i problemi e la difficoltà di concentrazione, la faticabilità, i dolori muscolari, quelli addominali, la tensione muscolare, lo scarso appetito, i disturbi del sonno con la difficoltà ad addormentarsi e l’insonnia, i sintomi somatici da regolazione del sistema nervoso autonomo. I sintomi somatici del Sistema Nervoso Autonomo sono, difatti, la secchezza della bocca, la respirazione veloce, il respiro corto, il battito cardiaco irregolare, il batticuore, le vertigini, la sensazione di debolezza o svenimento, l’eccitazione, l’iperidrosi, la paura, l’iperattività della colecisti e dell’intestino, la minzione frequente/diarrea, i disturbi di stomaco. Si possono configurare ipertensione, tachicardia, obesità, eiaculazione precoce con riduzione del desiderio e della potenza sessuale, aumento del rischio di accidenti cardiovascolari, anche per errori coagulativi.
Alla base di tutto ciò vi sono circuiti neurali che coinvolgono l'amigdala e l'ippocampo, la cui attivazione può intervenire come risposta immediata allo stress che, se prolungato, può provocare ulcere orali o piaghe da freddo e rendere più suscettibili i polmoni alle malattie da raffreddamento e alle infezioni.
I disordini d’ansia, secondo il National Institute of Mental Health (NIMH) 2009, sono: l’attacco di panico, l’agorafobia senza storia di attacco di panico, il disordine di panico con e senza agorafobia, la fobia specifica, la fobia sociale, la GAD (generalized anxiety disorder, il PTSD (post-traumatic stress disorder), l’OCD (obsessive, complulsive, disorder), l’ASD (acute stress disorder), il disordine d’ansia dovuto a una condizione medica generale, il disordine d’ansia indotto da sostanze, il disordine d’ansia NOS (non otherwise specified).
Il disturbo di panico (DP) corrisponde a ricorrenti attacchiche, a causa dell’intensità dei sintomi fisici, provoca sensazione di morte imminente e necessità di abbandonare la situazione coinvolgente. Essi possono anche includere significativi cambiamenti comportamentali dominati dalla preoccupazione e l’angoscia di avere altri attacchi, definiti dal DSM-IVR attacchi di anticipazione. Il disturbo di panico non è sinonimo di agorafobia ma si può accompagnare a essa.La parola “panico”, che essenzialmente definisce una delle forme dell'angoscia, deriva, invero, dal nome Pan, l’antico, potente e selvaggiodio greco, dall'espressione terribile, raffigurato con zampe irsute e zoccoli, corna caprine, busto umano, volto barbuto. Egliesprimeva, proprio durante il panico, il sentimento che lo ispirava. Il dio, infatti, si adirava con chi lo disturbava, emettendo urla terrificanti.
L’agorafobia è l’intensa ansia nei luoghi aperti o in situazioni specifiche, come il trovarsi soli, o anche pensando a esse, con la possibilità di passare a un attacco di panico e con la sensazione di perdita del controllo. Il soggetto sviluppa nel tempo la tendenza a evitare i luoghi e le situazioni scatenanti con necessità di essere accompagnato da altra persona.
La fobia specifica è il timore per un oggetto o per una definita situazione con tendenza a evitarli. L’oggetto può essere un cane, un insetto, un qualsiasi animale, il sangue, le iniezioni, gli spazi chiusi, come nella claustrofobia, i luoghi elevati, l’aereo o altro. L’individuo, nell’incontro con l’oggetto o con la situazione di riferimento, avverte timore, come per l’imminenza di qualcosa di spiacevole con possibilità di perdere il controllo e d’induzione di un attacco di panico.
La fobia sociale è l’ansia e l’angoscia per situazioni sociali o prestazioni di qualsiasi tipo o specifiche, preoccupazione di essere al centro dell’interesse generale con il tentativo di evitare la situazione scatenante.
Il GAD è l’angoscia e l’ansia per lunghi periodi con l’associazione dei sintomi di molte altre forme di stress.
Il PTSD corrisponde a una varietà di espressioni sintomatologiche, dall’ansia alla depressione, che ricorrono dopo un grave evento traumatico, in cui il soggetto è stato esposto, con minaccia diretta o indiretta di danni gravi o di morte vissuta da solo, come stupro, assalto, o in compagnia, come in combattimento militare. I pensieri, le conversazioni o le attività che ricordano l’evento evocano la sensazione di sperimentarlo nuovamente, anche nei sogni, per cui il soggetto si sforza di dimenticare.
L’OCD è l’ossessione incontrollabile di un’idea o di un pensiero intrusivo, con distrazione dell’attenzione e difficoltà allo svolgimento dei propri compiti. Si tratta di compulsioni, cioè azioni con l’obbligo di eseguirle, anche se contrarie al buon senso, azioni percepite come vincolanti al fine di eliminare la sofferenza (distress), causata, talvolta, dall’idea compulsiva di prevenire un evento orribile.
Epidemiologia dei disturbi d’ansia
I disturbi d'ansia sono patologie psichiatriche molto comuni e i dati ECA (Epidemiologic Catchment Area), diffusi in USA nel febbraio 2010, riportavano che nel giro di sei mesi il 6% degli uomini e il 13% delle donne soffrivano di ansia. In particolare, la prevalenza di qualunque disturbo d’ansia negli statunitensi era pari al 16.4%, del disturbo di panico all’1.6%, della fobia sociale al 2.0%, dell’ansia generalizzata (GAD) al 3.4%, dell’agorafobia al 4.9%, della Fobia Semplice all’8.3%, del disturbo Ossessivo Compulsivo al 2.4%, del disturbo post traumatico da stress al 3.6%. La prevalenza, invece, per qualunque disturbo dell'umore era pari al 7.1%, per l’episodio di depressione maggiore al 6.5%, per la depressione maggiore unipolare al 5.3%, per la distimia all’1.6 %, per il disturbo bipolare I all’1.1 %, per il Bipolare II allo 0.6 %.Nonostante questi dati, però, meno del 30% dei casi era sotto trattamento, con notevole impatto sulla persona, sulla società, sull’economia individuale e della collettività. Ciò era da imputarsi, soprattutto, al mancato riconoscimento clinico o alla diagnosi errata in sede di cure primarie. In definitiva, pur con i limiti della sottostima derivanti da quanto premesso, il 26,2 per cento degli americani di età oltre i 18 anni, circa un adulto su quattro, soffriva in un determinato anno di un disturbo mentale previsto dalDSM-IV.
L’European Study on the Epidemiology of Mental Disorders’ (ESEMeD) (Acta Psychiatr Scand 2004: 109(Suppl. 420): 21–27), ha riportatola prevalenza dei disturbi mentaliin Italia, Belgio, Francia, Germania, Olanda e Spagnacome da seguente tabella.
Da essa risulta che poco più di un italiano su cinque aveva sofferto di un disturbo mentale nel corso della sua vita, mentre uno su quindici di un disturbo mentale nei 12 mesi precedenti e che circa l’11% aveva dichiarato un disturbo affettivo o un disturbo d’ansia nella sua vita, mentre in percentuale minore un disturbo da abuso/dipendenza da alcool. Nei riguardi delle fobie specifiche, il 6% circa rispondeva ai criteri diagnostici nel corso della vita, mentre poco meno del 3% nei 12 mesi precedenti. Oltre la depressione e le fobie specifiche, altri disturbi, abbastanza comuni nel corso della vita, erano risultati la distimia e il disturbo dell’ansia generalizzata.
Nel confronto con gli altri Paesi dello studio e in particolare la Francia, la prevalenza per tutti i disturbi mentali degli italiani si rilevava, peraltro, tendenzialmente più bassa.
Eziologia dei disturbi d’ansia
L’eziologia dei disordini d’ansianon è ancora esattamente chiara e s’ipotizzano nei suoi confronti fattori multipli. La causa genetica è considerata in ragione della ricorrenza da 3 a 5 volte superiore nelle famiglie. Sono anche evocate condizioni chimiche e metaboliche del cervello, la personalità e le esperienze di vita, gli stress psicologici passati e presenti, inclusi gli eventi catastrofici, il ruolo learning (apprendimento nello sviluppo dei disturbi d'ansia), il processo di condizionamento, le condizioni non genetiche ma intervenute durante le prime fasi successive all’ontogenesi, i vari eventi stressanti della vita, i disordini neurotrasmettitoriali in alcune parti del cervello e principalmente del noradrenergico, del GABA e del serotoninergico. Peraltro, gli squilibri della serotonina e della noradrenalina avrebbero un ruolo nel disturbo di panico. Difatti, la prima è ritenuta diffusamente coinvolta nella sua patogenesi. Per la seconda va considerato che i farmaci antidepressivi hanno successo nel modularla e che la stimolazione del locus coeruleus, ricco di noradrenalina, promuove il panico nelle scimmie.
In effetti, il malfunzionamento delle strutture cerebrali, come l'amigdala e le ghiandole a secrezione adrenalinica, può provocare un’alterata produzione di determinati prodotti chimici, possibile causa dei sintomi fisici. Studi d’imaging hanno dimostrato, invero, che i malati presentano un’attività GABA cerebrale del 10-20% inferiore rispetto ai controlli. D’altro canto, l’Arc catFISH (fluorescence in situ hybridization), tecnica di diagnostica per immagini altamente sofisticata, ha recentemente permesso d’identificare i neuroni dei mammiferi implicati nella paura. Attraverso questo metodo Sabiha K. Barote collaboratori dell'Università di Washington(PLoS ONE2009; 4 (7)) hanno potuto rintracciare tutti i tipi d’attivazione nel cervello dei ratti, individuando il nucleo basolaterale dell'amigdala come centrale nelle dinamiche di codifica della paura. L’amigdala, pertanto, a forma di mandorla, situata bilateralmente negli emisferi cerebrali, è oramai riconosciuta come centro di coordinazione dei circuiti della paura e comunica con una varietà di strutture anatomiche, tra cui il talamo, fulcro dei messaggi sensoriali, e la corteccia prefrontale, organo esecutivo delle nostre funzioni.
Disturbi d’ansia e cardiopatia
L’associazione dei disturbi d’ansia con le malattie cardiovascolari è stata recentemente valutata e vale ricordare alcuni recenti studi d’interesse clinico. Nardi AE e collaboratori della Federal University di Rio de Janeiro,hanno, infatti, rilevato che una dose orale di caffeina determinava maggiore sensibilità agli attacchi di panico ed alle recidive nei soggetti da loro esaminati già affetti dal disturbo o con depressione maggiore, rispetto ai normali o ai solo depressi (Compr Psychiatry. 2007 May-Jun;48(3):257-63.).
Annelieke M Roest e collaboratori dell’Università di Tilburg dei Paesi Bassi hanno, invece, eseguito, per la prima volta, una meta-analisi sull’associazione dell’ansia con l'incidenza della malattia coronarica, utilizzando i dati provenienti dagli Stati Uniti, Europa e Asia.
Hanno in tal modo rilevato, anche dopo aggiustamento multivariato, che le persone ansiose avevano un rischio di coronaropatia maggiore di circa il 25% e un rischio di morte cardiaca quasi del 50% più alto in un periodo di follow-up medio di 11,2 anni (J Am Coll Cardiol 2010; 56:38-46).
Imre Janszky e collaboratori del Karolinska Institute di Stoccolma in Svezia hanno, a loro volta, esaminato quasi 50.000 svedesi, chiamati al servizio militare e seguiti per una media di 37 anni (J Am Coll Cardiol 2010; 56: 31-37), rilevando che l’ansia, diagnosticata da uno psichiatra, costituiva una maggiore probabilità di soffrire di cardiopatia coronarica o infarto miocardico acuto, mentre la depressione non ne era per niente fattore predittivo.
Elisabeth J. Martens e collaboratori del Dipartimento di Psicologia Medica presso l'Università di Tilburg in Olanda (Arch Gen Psychiatry. 2010;67(7):750-758) hanno, infine, di recente descritto che i pazienti con malattia coronarica stabile e disturbo d'ansia generale presentavano un 74% di rischio di altri eventi cardiovascolari, come ictus, infarto miocardico e morte, nettamente maggiore rispetto a quelli con sola malattia coronarica.Tali risultati, di certo, devono condurre a riconoscere i disturbi d’ansia come un importante fattore di rischio cardiovascolare modificabile ed essere di monito al clinico di non trascurare di indagare sui sentimenti e sullo stato dell’umore dei propri pazienti nella sua pratica professionale.
La terapia
È bene ribadire che il medico, e in particolare la psicoterapia, intervengono efficacemente nella guarigione solo come strumenti di aiuto all’identificazione del circolo vizioso in cui è caduto il malato, alla motivazione al cambiamento, aiutandolo in definitiva a modificare il suo rapporto con l’ambiente. La guarigione, in effetti, è opera del paziente e il medico, gli psicoterapeuti, gli psicofarmaci sono solo un sostegno al cammino verso la guarigione. Il medico non ordina un trattamento, lo propone all’interno di una presa in carico più ampia, semplifica la terapia, la collega alle attività di routine, l’adatta al suo stile di vita e ai suoi valori, considerando che per alcuni l’assunzione dei farmaci è un segno di grave compromissione, mentre per altri una mancanza di forza. Ne deriva, però, spesso un effetto placebo che per il disturbo di panico è stato valutato intorno al 30/40%, per la depressione maggiore al 30/40%, per il disturbo d’ansia generalizzato al 30/45%, per la schizofrenia in fase acuta al 25%, per il disturbo ossessivo compulsivo al 0/20%.
Allo stato attuale, si può, peraltro, affermare che le diverse strategie di cura dell’ansia e dell’attacco di panico oggi disponibili, con il sostegno anche di una famiglia e di amici acculturati che possono dissipare l’irrazionale, immediata e incoercibile paura, permettono di ottenere risultati positivi nella maggior parte dei pazienti.
L’ottimale ed efficace trattamento ha anche dimostrato di compensare i costi delle cure mediche sino al 94%, non tralasciando d’interessarsi di altri problemi emotivi di accompagnamento, qualora presenti, come la depressione, l'alcolismo e la tossicodipendenza. La ristrutturazione cognitiva, la terapia cognitiva, l’esposizione auto percettiva, i farmaci, i gruppi di sostegno e le tecniche di rilassamento sono i principi di terapia dettati dall’American Psychological Association nel2007e le attuali linee guida raccomandano più di tutto la pratica cognitivo-comportamentale, combinata con uno degli interventi psicofarmacologici.
Nella lista dei farmaci gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) hanno sino ad ora dimostrato una superiorità d’azione e vengono, quindi, considerati gli agenti di prima scelta, seguiti dai triciclici, dalle benzodiazepine ad alta potenza e dagli IMAO, inibitori delle Mono-Amino-Ossidasi.I betabloccantisono indicati soprattutto per controllare l’irregolarità del battito cardiaco e per modulare la condizione simpatico mimetica. Da notare che le benzodiazepine, pur dimostratesi utili sui sintomi, producono, però, inconvenienti tanto da doverle sostituire quasi regolarmente con gli SSRI, soprattutto negli attacchi di panico ricorrenti e nella profilassi a lungo termine. Al contrario, gli antidepressivi, in particolare i triciclici, dimostrano maggiori vantaggi anche perché provvisti di una pur debole proprietà anti-ansia. Pur tuttavia, a carico degli SSRI si sono documentati sintomi di astinenza e, soprattutto all'inizio del trattamento, casi di esacerbazioni dei sintomi e addirittura attacchi di panico in soggetti sani.Le raccomandazioni vigenti, sulla base delle evidenze scientifiche, consigliano come primo agente, per il rapido controllo della sintomatologia ansiosa, una benzodiazepina a breve tempo di dimezzamento, seguita da un serotoninergico portato lentamente a dose terapeutica.
Sulla base delle incertezze di efficacia e di sicurezza dei farmaci è aumentato, peraltro, nel disturbo di panico con o senza agorafobia il valore della CBT (terapia cognitivo-comportamentale), forma provata di psicoterapia psicodinamica. In effetti, un certo numero di studi clinici randomizzati ha dimostrato che la CBT permette di raggiungere lo stato indenne dal panico nel 70-90% dei casi, anche in un periodo relativamente breve da sei a otto settimane, migliorando l'efficacia dei farmaci, riducendo il rischio di recidiva per chi li ha interrotti, proponendosi, così, come alternativa ai non responder ai farmaci stessi. L'obiettivo della CBT è di aiutare un paziente a riorganizzare i processi di pensiero e i pensieri ansiosi, per quanto riguarda l'esperienza che provoca il panico.
In conclusione, la paura e l'ansia sono normali reazioni a eventi stressanti della nostra vita, ma il panico è una grave condizione che colpisce senza motivo o preavviso, causando attacchi improvvisi neuropsichici, così pure sintomi fisici, come sudorazione e sensazione di cuore in gola. La persona, colta da un attacco di panico, presenta una paura di risposta sproporzionata alla situazione, spesso senza l’imminenza di un pericolo. Nel tempo sviluppa una costante angoscia di avere un altro attacco, con detrimento funzionale quotidiano e della qualità generale della vita. Il panico occorre, spesso, insieme con altre gravi condizioni come la depressione, l'alcolismo o la tossicodipendenza. L’attacco di panico non può essere impedito.Tuttavia, ci sono alcuni espedienti che possono ridurne lo stress e i sintomi, come evitare categoricamente il consumo di prodotti che contengono caffeina, come caffè, tè, cola e cioccolato. Opportuno e necessario, a tale proposito, consultare il medico o il farmacista prima di assumere qualsiasi farmaco o rimedio, soprattutto per quei prodotti a base di erbe da banco (OTC), potendo contenere sostanze chimiche che possono aumentare i sintomi dell'ansia. Non bisogna, peraltro, dimenticare norme comportamentali salutari e corrette, come il praticare un esercizio fisico regolare e di adottare una dieta sana ed equilibrata.
Messaggio per il paziente con ansia o disturbo di panico
(modificato da F. Galassi, M. Ciampelli. “La terapia integrata del disturbo di panico” E-pub 2004)
- Gli attacchi di panico sono una "naturale" reazione di paura che dura poche decine di secondi. La durata dello stato ansioso dipende da ciò che si pensa o s’immagina ("ora muoio, sto impazzendo, che mi succede") che consequenzialmente fa provare ansia).
- L'ansia ha sempre una curva che prevede una salita e una discesa naturale. Alla fine passa da sola senza dover fare nulla.
- Gli attacchi di panico sono reazioni di difesa, geneticamente determinate, che servono per la sopravvivenza personale, poiché permettono di affrontare meglio una situazione, aumentando le proprie capacità di prestazione (concentrazione, attenzione, performance).
- Le stesse sensazioni possono essere vissute in modo totalmente diverso. Difatti, molte persone vivono sensazioni di panico ("voglio provare adrenalina") positivamente e continuano a ricercarle.
- Il panico non è pericoloso, deriva da come una persona interpreta le cose e le circostanze che le succedono intorno.
- Le varie situazioni, infatti, non sono oggettivamente pericolose. È il soggetto ansioso che ha imparato a viverle come tali e deve, per questo, educarsi a interpretarle come effettivamente sono.
- Nessuno dei sintomi, sperimentati durante l'attacco, indica che la persona è pericolosamente malata o sta per diventare pazza. Si tratta di spiacevoli fastidi che possono essere tollerati fino a che non vanno via.
- Evitare le situazioni che provocano paura non serve a nulla. Anzi, pensando in modo catastrofico e rimandandole, si peggiora la propria ansia.
- Il sottrarsi è parte integrante del panico. Pertanto, è molto importante addestrarsi a riconquistare il "territorio" perduto.
- È importante imparare ad accettare l'ansia, non combatterla. L'ansia fa parte del nostro costrutto psico-fisico. Combatterla è come combattere contro una parte di sé. Rimanere a osservarla e accettare l'ansia è il modo più rapido per eliminarla.
- E' importante imparare a osservare l'ansia, guardandola senza giudizio, né buono né cattivo, osservando i livelli massimi e minimi e le situazioni che la fanno aumentare o diminuire, rimanendo distaccati e diventando buoni osservatori di se stessi.
- Imparare ad agire con l'ansia, normalizzando la situazione, convincendosi di essere "sani". Ritirandosi dalla situazione, l'ansia si abbasserà ma il disturbo peggiorerà. Si può rallentare, continuando a fare le cose che si stavano facendo. Non fermandosi, sia l'ansia sia la paura si ridurranno e sarà possibile, in poco tempo, riprendere a fare quello che già si stava facendo.
- Riuscire a distrarsi dall'ansia, utilizzando tutte le tecniche di distrazione che conosciamo. Ci si può concentrare sui particolari e sui dettagli di ciò che ci circonda. Magari il descriverli a voce alta farà passare il breve momento ansioso e già dopo poco tempo ci si potrà sentire meglio.
- Cercare di essere ottimisti e aspettarsi il meglio. Ciò che più l'uomo teme, raramente accade. Le più famose società di assicurazioni hanno guadagnato miliardi sfruttando la generale tendenza all’ansia per eventi che raramente si verificano. Esse sono pronte a scommettere con chiunque che le disgrazie previste non accadranno mai. Non le chiamano scommesse ma assicurazioni e cioè una scommessa basata sul calcolo delle probabilità.
- Affrontare le situazioni difficili con piccoli passi, ponendosi piccoli obiettivi. Le situazioni, di cui si ha paura, devono essere affrontate gradualmente senza fretta e, frammentando le situazioni difficili, si riesce a risolvere meglio ogni loro piccola parte con soddisfazione dei risultati ottenuti.
- Non essere sorpresi quando si sperimenta l’ansia, ma di come ci si pone nei suoi confronti. La vita prevede sempre la presenza di ansia. Va, difatti, abbandonata la convinzione magica di averla sconfitta in modo definitivo. Considerando sempre prossima l'ansia nel proprio futuro, ci si mette in una buona condizione di accettarla senza essere abbattuti.
- Continuare ad applicarsi costantemente per rendere abituali certe nostre azioni che ci sembrano straordinarie, rinforzando la nostra sensazione di capacità di affrontare gli ostacoli della vita.
- Conoscere i potenziali effetti negativi dei farmaci in uso.
- Fornire il consenso informato per i farmaci psicotropi.
- Discutere con il proprio medico sui rischi e sui benefici dei farmaci.
- Informarsi sulle cause biologiche probabili e psicosociali dell’ansia.
- Evitare sostanze ansiogene come la caffeina, bevande energetiche, altri stimolanti o droghe OTC.
- Educarsi alla diagnosi del disturbo di panico e al riconoscimento degli stimoli trigger per evitare distorsioni cognitive che possono aiutare ad amplificare l'ansia.
- Discutere con il proprio medico sul consumo di alcol e sull'uso di droghe ricreative perché possono influire sul corso del disturbo di panico. Anche se alcune sostanze possono sembrare utili per evitare l'angoscia di un attacco acuto, spesso compromettono il piano di trattamento a lungo termine.
- Ottenere il supporto della famiglia e degli amici che, se disponibili, possono ridurre al minimo eventuali comportamenti di evasione, assicurando l'adesione agli appuntamenti di terapia, alla compliance farmacologica e alla comprensione e gestionedella natura dei sintomi di ansia con soluzioni ragionevoli senza attivare comportamenti disfunzionali o consumodi sostanze non prescritte dal medico.
In fine, è opportuno proporre al paziente un termometro dell’ansia, quale quello rappresentato in figura, da utilizzare come diario dello stato d’ansia attuale e nel tempo utile per una rappresentazione grafica.
Taratura da 0 a 100, secondo il grado d’ansia da assente alla più grave, con diario orario delle sensazioni, fastidi fisici, pensieri che incombono.
Commenti
Interessanti anche i suggerimenti che riescono a non "demonizzare" il disturbo d'ansia come una psicopatologia senza uscita, ma come qualcosa che ci appartiene e che possiamo affrontare.
In situazioni contenute o acute ma che fanno parte di alcuni momenti della nostra vita forse dovremmo riuscire a nuotare meglio nel mare agitato.
nel ringraziarla per l’attenzione dedicata al nostro sito e in particolare alla trattazione dell’ansia, non possiamo che condividere con lei i contenuti dell’analisi critica sapientemente riportata che denotano, peraltro, una sua competenza particolare e qualificata sull’argomento. Tutto quanto da lei riportato sottintende chiaramente l’obiettivo principale delle nostre azioni e pubblicazioni rivolte, come da lei mirabilmente indicato, a “riuscire a nuotare meglio nel mare agitato” della malattia.
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