Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2013 notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare - Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne

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notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare - Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne

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Indice
notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare
La recente proposta di valutazione del rischio cardiovascolare
Densità del calcio delle coronarie e rischio cardiovascolare
Le recenti linee guida sullo stile di vita per la prevenzione cardiovascolare
Importanza del sale nella dieta
Consumo del sale nelle regioni europee
Eventi cardiovascolari e farmaci effervescenti contenenti sodio
Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo
Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne
Tutte le pagine

Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne

In appendice a quanto riportato, è interessante quanto commentato all’American Heart Association 2013 Scientific Sessions da Noel Bairey Merz del Cedars Sinai Medical Center, Los Angeles, CA sulle indicazioni della terapia con le statine nella prevenzione primaria delle donne, secondo le nuove raccomandazioni di abbandonare gli obiettivi del colesterolo e di concentrarsi, invece, sui quattro gruppi dei pazienti, compresi quelli senza malattia cardiovascolare esistente, ma con rischio a dieci anni > 7,5%. In effetti, se il beneficio delle statine in prevenzione secondaria è fermamente stabilito, sia negli uomini sia nelle donne con riduzione di circa il 30% l'anno del rischio di eventi cardiovascolari con il trattamento, lo stesso non può asserirsi in caso di prevenzione primaria, in cui il dato rimane controverso. A tale proposito, però, è bene ricordare che Samia Mora del Brigham and Women Hospital, Boston - MA e collaboratori, proprio per chiarire la controversia sulla terapia con le statine nelle donne senza malattia cardiovascolare, hanno analizzato i risultati specifici per sesso per giustificarne l'uso nello studio JUPITER (Justification for the Use of Statins in Prevention: An Intervention Trial Evaluating Rosuvastatin). I partecipanti allo JUPITER includevano 6.801 donne e 11.001 uomini di età > 60 e > 50 anni rispettivamente, con PCR ad alta sensibilità > 2 mg / L e colesterolo delle lipoproteine a bassa densità < 130 mg / dL, randomizzati a rosuvastatina 20 mg, rispetto al placebo. Gli studi della metanalisi erano eseguiti con le statine contro il placebo, randomizzati prevalentemente o esclusivamente in prevenzione primaria nelle donne e con risultati sesso-specifici (20.147 donne, eventi CVD > 276, età media 63-69 anni). Nello JUPITER i tassi assoluti della malattia cardiovascolare per 100 donne-anno per la rosuvastatina e il placebo, corrispondenti a 0,57 e 1,04 rispettivamente, erano inferiori a quelli degli uomini pari a 0,88 e 1,54 con analoga riduzione del rischio relativo nelle donne con un hazard ratio di 0.54; intervallo di confidenza 95% di 0,37-0,80, p = 0,002 e negli uomini hazard ratio di 0,58, intervallo di confidenza 95% di 0,45-0,73, p <0,001. Nelle donne, si registravano anche una significativa riduzione della rivascolarizzazione / angina instabile e una non significativa riduzione delle altre componenti degli endpoint primari. La meta-analisi delle 13.154 donne con 240 eventi cardiovascolari e 216 decessi totali, provenienti da esclusivi studi di prevenzione primaria, rilevava con le statine una significativa riduzione di un terzo degli eventi cardiovascolari primari con rischio relativo di 0,63, intervallo di confidenza 95% di 0,49-0,82, P <0.001, P per eterogeneità = 0,56, con un effetto non significativo minore sulla mortalità totale con RR di 0,78, IC 95% di 0,53-1,15, p = 0.21, P = 0.20 per eterogeneità. Risultati simili si erano ottenuti per i processi che erano stati prevalentemente, ma non esclusivamente, di prevenzione primaria (Circulation. 2010; 121: 1069-1077).

In conclusione, lo studio JUPITER dimostrava che la rosuvastatina in prevenzione primaria riduceva gli eventi cardiovascolari nelle donne con una riduzione del rischio relativo simile a quella degli uomini, risultato già sostenuto da meta-analisi di studi clinici di prevenzione primaria con le statine.  In particolare, il rischio relativo degli endpoint primari, un composito d’infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione, ospedalizzazione per angina instabile e morte per cause cardiovascolari, si riduceva significativamente del 46% e del 76% nella necessità della rivascolarizzazione.

Pur tuttavia, gli studiosi si sono sempre posti il problema di dimostrare la riduzione dei tassi degli eventi cardiovascolari con l’utilizzo delle statine in prevenzione primaria. In effetti, negli Stati Uniti, ad esempio, l'uso di questi farmaci è aumentato dai sedici milioni di americani del 2000 ai trenta milioni del 2005. Nello stesso periodo, la spesa ambulatoriale di questi farmaci è aumentata dai 7.700 ai 19.700 miliardi dollari. In Inghilterra, paese europeo, il numero delle prescrizioni è aumentato di cinque volte dal 2001 al 2011, sino ai sessantuno milioni l'anno con un costo di 544.000.000 sterline, equivalenti a 870.000.000 dollari statunitensi. Tale ampio uso e l’aumento dei costi richiedono, quindi, una revisione significativa dei benefici e dei rischi del prodotto per la prevenzione primaria e, in particolare, nelle persone a basso rischio di un evento cardiovascolare.

Fiona C. Taylor della London School of Hygiene and Tropical Medicine, London, United Kingdom e collaboratori hanno prodotto una metanalisi, aggiornata sulle evidenze dell'uso delle statine in prevenzione primaria, includendo diciotto studi condotti tra il 1994 e il 2008 con 56.934 pazienti di età media di cinquantasette anni, con range dai ventotto ai novantasette, nel 60.3% uomini e nel 39,7% donne, bianchi nello 85.9% (JAMA 2013; DOI:10.1001/jama.2013.281348).

I paesi interessati erano il Giappone, gli Stati Uniti, l’Europa, l’America del Sud, Israele, l'Africa meridionale e la Russia. Gli esiti primari erano la mortalità per tutte le cause, la malattia coronarica fatale e non, le patologie cardiovascolari e gli eventi d’ictus. Gli outcome secondari erano la variazione della concentrazione del colesterolo totale, di quello LDL, la rivascolarizzazione coronarica, gli eventi avversi, la qualità della vita e i costi. Dai due ai cinque anni la pravastatina era il composto più comunemente utilizzato negli studi. La qualità complessiva dei trial era alta e tutti erano stati finanziati da una società farmaceutica. Tre studi, con popolazione dei partecipanti pari al 47% della totale, erano stati interrotti prematuramente a causa di una significativa riduzione del risultato primario. Rispetto al controllo del placebo, le statine riducevano i livelli delle lipoproteine a bassa densità (LDL) di 39 mg / dL (per la conversione in millimoli per litro moltiplicare per 0,0259). Erano associate a tassi più bassi di tutte le cause di mortalità con rischio relativo [RR] pari a 0.86 e IC 95% a 0,79-0,94, con NNT5 [number needed to treat for 5 years] a 138. Le statine correlavano anche con inferiori casi di malattia cardiovascolare combinata fatale e non con RR di 0.75, IC 95% di 0,70-0,81, NNT5 di quarantanove. Più basse risultavano anche la malattia coronarica combinata fatale e non con RR di 0.73, IC 95% di 0,67-0,80, NNT5 di ottantotto e anche l’ictus combinato fatale e non con RR di 0.78, IC 95% di 0,68-0,89, NNT5 di 155. Le statine erano associate anche con i minimi tassi di rivascolarizzazione coronarica percutanea (intervento coronarico e chirurgia di bypass) con RR di 0.62, IC 95 % di 0,54-0,72, NNT5 di novantasei. In questi studi il tasso di eventi cardiovascolari del gruppo di controllo medio era del 15% in dieci anni. Il NNT5 al livello più basso di rischio di malattia cardiovascolare del 10% oltre i dieci anni era settantacinque e a un livello superiore del 30%, venticinque.

L'incidenza di tumori, mialgia, rabdomiolisi, elevazione degli enzimi epatici, disfunzione renale, artrite non differiva tra il gruppo in terapia attiva e i controlli, sebbene non tutti gli studi avessero riportato dati completi nei meriti. I tassi degli eventi avversi, pari al 17%, e d’interruzione del trattamento, pari al 12%, erano simili tra il gruppo delle statine e quello del placebo. Un aumentato rischio di diabete era rilevato in uno dei due studi di reporting di questo risultato con RR di 1.18 IC 95% di 1,01-1,39, NNT5 di 198.

In sintesi, questa recente metanalisi sulle statine forniva l’evidenza che smentiva gran parte delle maggiori critiche nei confronti dell’uso delle statine per la prevenzione primaria. Esse, difatti, sono risultate ben tollerate in individui correttamente selezionati. Riducevano, in effetti, la mortalità totale così come gli eventi cardiovascolari aterosclerotici nei soggetti a basso rischio. Le preoccupazioni, per altro verso, potevano rivolgersi circa i costi del loro impiego. Pur tuttavia, recenti analisi avrebbero rilevato alti indici di costo-efficacia e, quindi, di risparmio anche negli individui a basso rischio. Sarebbero, pertanto, in grado di fornire un ampio beneficio sociale alla collettività. Sotto tali aspetti bisognerebbe, quindi, riconsiderare la loro posizione nei riguardi della terapia in prevenzione primaria. Purtroppo, nonostante decenni di esortazione per il miglioramento della vita e delle abitudini comportamentali si registrano ancora alti livelli dei fattori di rischio cardiovascolare con alta incidenza delle malattie a essi connesse e, soprattutto, dell’infarto miocardico e dell’ictus che rimangono le principali cause di morte. Sotto tale aspetto, comprensibilmente molti più adulti potrebbero beneficiare dell'uso diretto delle statine per la prevenzione primaria.



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