Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2013 notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare - Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo

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notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare - Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo

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Indice
notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare
La recente proposta di valutazione del rischio cardiovascolare
Densità del calcio delle coronarie e rischio cardiovascolare
Le recenti linee guida sullo stile di vita per la prevenzione cardiovascolare
Importanza del sale nella dieta
Consumo del sale nelle regioni europee
Eventi cardiovascolari e farmaci effervescenti contenenti sodio
Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo
Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne
Tutte le pagine

Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo

Al controllo del colesterolo si riferiscono anche le ultime linee guida dell’ACC (American College of Cardiology) e dell’AHA (American Heart Association), sviluppate in collaborazione con il NHLBI (National Heart, Lung, and Blood Institute).

Bruce M. Psaty dell’University of Washington, Seattle e collaboratori hanno ripercorso, a tale riguardo, le tappe più importanti toccate nella progressione della terapia anticolesterolica (JAMA. 2013; doi:10.1001/jama.2013.284203).

Nel 1984, il trial del Lipid Research Clinics Program forniva una modesta, anche se controversa evidenza che in prevenzione primaria la colestiramina si associava negli uomini a una riduzione del rischio di malattia coronarica (CHD). Di poi, gli studi epidemiologici, sperimentali su animali e d’intere famiglie hanno provvisto altre prove sull’emergenza di un nuovo fattore di rischio curabile. Il NHLBI (National Heart, Lung, and Blood Institute), convocava, quindi, il NCEP (National Cholesterol Education Program) per sviluppare raccomandazioni circa l'individuazione, la valutazione e il trattamento del colesterolo negli adulti. Il primo ATP (Adult Treatment Panel) utilizzava, quindi, i livelli delle LDL (low density lipoprotein) per definire le soglie, sia dell’avvio del trattamento sia dei suoi obiettivi.   

Poiché i livelli delle LDL erano linearmente correlati al rischio della CHD, la definizione della loro soglia per iniziare il trattamento ipolipemizzante fu oggetto di grande interesse e attenzione. Nel 1988 il livello delle LDL di 160 mg / dL fu stabilito come anormale perché nei valori più alti comportava un rischio rapidamente superiore della CHD e anche perché corrispondeva approssimativamente al 75° percentile per la popolazione statunitense adulta. Al tempo, in effetti, erano disponibili poche terapie sicure ed efficaci e doveva ancora emergere la logica delle soglie per gli altri interventi dietetici e dei farmaci con i dovuti suggerimenti di combattere efficacemente i fattori di rischio curabili.  

Nel corso degli anni, si andava, intanto, allargando e ampliando la cerchia, comprendente professionisti della ricerca, della sanità, dell’industria, delle agenzie di finanziamento, delle associazioni professionali e della stampa, per la discussione comune della prevenzione dell’aterosclerosi e della malattia coronarica. Così che, a volte l’entusiasmo terapeutico per la riduzione dei livelli del colesterolo LDL ha portato a raccomandazioni sui trattamenti farmacologici specifici, quali nel 1993 quello degli estrogeni per le donne in postmenopausa, successivamente rivelatisi di poco o nessun beneficio clinico. Sebbene il primo rapporto ATP specificasse quando ogni trattamento farmacologico fosse indicato per la riduzione degli eventi clinici, quest’approccio è stato successivamente abbandonato. Nel 2001, l'ATP III consigliava tutte le principali classi dei farmaci ipolipemizzanti e nel testo identificava le statine semplicemente come farmaci usuali per avviare la terapia.

Pur considerando gli Autori della revisione del 2004 dell’ATP III cinque grandi studi sulle statine, si evitò, però, di esprimere una preferenza per la scelta del farmaco. Essi interpretarono i risultati dello studio solo nei termini dell’ipotesi del colesterolo, limitandosi a rilevare l'importanza di avviare un farmaco che abbassasse le LDL. In altre parole, le lezioni degli studi sulle statine, eseguiti negli anni prima della relazione del 2004, furono interpretate nei termini dei livelli delle LDL, incoraggiando forse inconsapevolmente l’estrapolazione di altri trattamenti farmacologici. L'inferenza fu sostanzialmente entro gli attesi vantaggi per la salute, derivati dalla riduzione dei lipidi in generale, piuttosto che strettamente in merito al profilo del rischio-beneficio delle particolari statine valutate nei principali trial. Come conseguenza più ampia, sull’onda di tale interpretazione biologica di abbassare i lipidi, le case farmaceutiche furono abili a introdurre sul mercato nuovi farmaci che anche non avevano dimostrato benefici per la salute.

Tutte le relazioni ATP hanno, quindi, usato una combinazione dei livelli delle LDL e dei fattori clinici per definire le soglie e gli obiettivi, approccio che è diventato sempre più complesso nel corso del tempo. Nel primo rapporto ATP c'erano solo due gruppi di trattamento. Con la revisione 2004 il numero delle categorie del rischio era aumentato da due a quattro. Per il gruppo ad alto rischio c'era un obiettivo opzionale e per tre dei quattro gruppi c’erano anche soglie opzionali per avviare l’inizio farmacologico delle cure.

I lavori per le nuove linee guida sul trattamento del colesterolo iniziava, quindi, nel 2008 e nel giugno 2013 lo NHLBI (National Heart, Lung, and Blood Institute) annunciava la pianificazione del loro sviluppo all'ACC (American College of Cardiology) e all’AHA (American Heart Association). Le linee guida 2013 ACC / AHA si realizzavano in una nuova era, condite di recensioni sistematiche per la formalizzazione della loro raccolta, valutazione e assemblaggio di evidenze.

Nel complesso, le nuove linee guida 2.013 ACC / AHA rivelano un forte legame con l'evidenza della sperimentazione clinica. Le soglie del trattamento rispecchiano i criteri di ammissibilità dei trial. Le statine sono chiaramente riconosciute come terapia di prima linea e gli obiettivi target del trattamento sono abbandonati. In assenza del controllo del colesterolo LDL, definito dai loro livelli, questi suggerimenti aboliscono anche un genere tradizionale di articolo di ricerca, ossia le relazioni periodiche alla popolazione circa la consapevolezza, il trattamento e il controllo del colesterolo alto. In luogo del controllo indirizzato su di un livello di colesterolo, gli studiosi hanno bisogno di ridefinirlo nei termini di uso della raccomandata terapia di prima linea nella dose appropriata. L'uso di altre terapie farmacologiche in un paziente senza controindicazioni alle statine sarebbe diventato una nuova forma d’ipercolesterolemia non controllata. L'obiettivo della terapia non è, inoltre, il raggiungimento di un livello target del colesterolo LDL, approccio che in precedenza avrebbe portato anche all’uso di più farmaci. L'obiettivo principale della terapia farmacologica, insomma, è l'adozione di un farmaco di prima linea tra quelli che possono offrire beneficio, condizione rivolta a migliorare la salute dei cittadini.

In particolare, Stone NJ della Northwestern University Feinberg School of Medicine, Chicago, IL e collaboratori hanno definito alcuni cambiamenti sostanziali all’ATP 3 (Circulation nov 2013). In via preliminare, gli Autori hanno riproposto il valore sostanziale dello stile di vita, come cardine della prevenzione delle malattie cardiovascolari. In effetti, aderendo a una dieta sana e a un regolare esercizio fisico, evitando il tabacco e mantenendo un peso ottimale, si risponde con priorità, già prima che con i farmaci, alla lotta contro le malattie croniche. Come novità, in queste linee guida vengono abbandonati i raccomandati target delle LDL e gli obiettivi del non-HDL-colesterolo, ai quali specificamente i medici si affidavano per la cura dei pazienti con malattia cardiovascolare con i valori a meno di 100 mg / dL o con l'obiettivo opzionale inferiore ai 70 mg / dL. Semplicemente, il gruppo di esperti non ha riscontrato dagli studi clinici randomizzati, controllati l’evidenza per sostenere il trattamento per un target specifico. Pertanto, le nuove linee guida per la prevenzione primaria e secondaria della malattia cardiovascolare aterosclerotica non indicano raccomandazioni per i target specifici del colesterolo LDL e non HDL. Invece, individuano quattro gruppi di pazienti per la prevenzione primaria e secondaria sui quali i medici devono concentrare la loro attenzione e i loro sforzi per ridurre gli eventi cardiovascolari. Pertanto, nell’impossibilità di trovare una soglia di un indice ematochimico particolare per valutare il rischio di un singolo paziente, le linee guida focalizzano l’attenzione su questi quattro gruppi di pazienti per le relative raccomandazioni appropriate dell’intensità della terapia con le statine e per ottenere consequenzialmente le riduzioni ottimali del colesterolo LDL. In effetti, nel campo dei lipidi ci sono stati numerosi studi sulle statine sin dal 2001, quali lo HPS, il PROVE-IT, l’ASCOT, il Prosper, l’ALLHAT, il TNT, l’IDEAL, ma si sono susseguiti anche diversi trial senza statine. Due ampi studi hanno interessato la niacina e altri due i fibrati. Si è, peraltro, ancora in attesa del trial IMPROVE-IT sull’ezetimibe. In tal modo, gli Autori delle nuove linee guida hanno avuto modo di una consultazione abbastanza ampia per le migliori decisioni. Peraltro, si è ravvisata l’esigenza di superare la problematicità dell’ATP-3 nell’uso del punteggio del rischio Framingham, che lo sottovalutava nelle donne e per i giovani pazienti. Inoltre, per la più opportuna valutazione dei pazienti a rischio intermedio, si è voluto dare significato al valore di utilizzo dei marcatori infiammatori, in particolare della proteina C - reattiva.

  • In effetti, qual è il suo ruolo?
  • E quale quello del punteggio del calcio allo studio della diagnostica per immagini o quello dello spessore intimale della media carotidea o ancora dell’indice caviglia-braccio?
  • D’altro canto, nei riguardi della prevenzione secondaria, che valore ha il rischio residuo?

Gli Autori hanno promosso un nuovo concetto di terapia progressiva con le statine da debole a moderata e ad alta intensità. Hanno, così, definito, sulla base degli studi clinici randomizzati, controllati, i quattro gruppi di prevenzione primaria e secondaria dei pazienti da trattare efficacemente con le statine, superando il rischio degli eventi avversi. In particolare, la definizione di elevata intensità coincide alla dose giornaliera dei due farmaci più potenti, l'atorvastatina e la rosuvastatina, capaci di abbassare le LDL-C del 50% e oltre. La moderata intensità corrisponde quasi a tutte le altre statine, eccetto i composti più antichi alla loro minima dose giornaliera. Sono considerate, quindi, moderate l’atorvastatina da 10 o 20 mg, la rosuvastatina da cinque o dieci, la simvastatina da 20-40, la pravastatina da 40-80 e la lovastatina da quaranta.

Tutto quanto in ragione del fatto che il gruppo degli esperti ha trovato ampie e coerenti evidenze per sostenere l'uso delle statine in prevenzione primaria e secondaria negli individui ad alto rischio con ASCVD (Atherosclerotic Cardiovascular Disease), senza insufficienza cardiaca in classe NYHA (New York Heart Association) II-IV, non in cura emodialitica. L’ASCVD clinica è definita dai criteri d’inclusione per gli RCT di prevenzione secondaria con statine, ossia la sindrome coronarica acuta, o la storia d’infarto miocardico, o di angina instabile o stabile, o di altro tipo di rivascolarizzazione, o d’ictus, o di TIA, o di arteriopatia periferica di presumibile natura aterosclerotica. I quattro gruppi di soggetti sono:

  1. Quelli con malattia cardiovascolare aterosclerotica clinica.
  2. Quelli con i livelli di colesterolo LDL > 190 mg / dL o con ipercolesterolemia familiare,
  3. I diabetici d’età dai quaranta ai settantacinque anni con i livelli di colesterolo LDL tra i 70 e i 189 mg / dL e senza evidenza di malattia cardiovascolare aterosclerotica.
  4. Quelli senza evidenza di malattia cardiovascolare o diabete, ma che hanno livelli di colesterolo LDL tra i 70 e i 189 mg / dL e un rischio a dieci anni di malattia cardiovascolare aterosclerotica > 7,5%, calcolato secondo i suggerimenti dell’apposita linea guida.

In definitiva, il primo gruppo è costituito da persone che hanno già passato un evento e malattie cardiovascolari, vuoi un infarto del miocardio, o un’angina instabile, o un ictus o una malattia vascolare periferica. Questi pazienti rientrano nella prevenzione secondaria e sono a più alto rischio e in sostanza per loro non c’è il bisogno di conoscere i valori dei lipidi. Essi devono, comunque, essere inseriti nel gruppo di trattamento con la dose massima e intensiva delle statine per ridurre il rischio di un altro evento. Sono, difatti, i pazienti più gravi e a più alto rischio.

Nel secondo gruppo sono, invece, necessari i livelli delle lipoproteine a bassa densità (LDL) con riferimento ai valori uguali o maggiori di 190 mg / dL. Questi pazienti devono anch’essi essere considerati a rischio molto elevato e devono essere trattati con la terapia intensiva delle statine.

Gli individui del terzo gruppo con diabete sia di tipo 1 sia 2 sono considerati ad alto rischio. Più particolarmente secondo il loro rischio a dieci anni per un evento, anche se non maggiore o uguale al 7,5%, sono inseriti in entrambi i casi in un regime di trattamento con le statine a intensità moderata o alta. Pur tuttavia, se essi sono di età compresa tra i quaranta e i settantacinque anni sono tutti compresi nel trattamento con le statine.

Infine, nella quarta categoria rientrano tutti le altre persone con età dai quaranta ai settantacinque anni. Per essi è importante valutare il rischio a dieci anni per un evento di malattia cardiovascolare che, se maggiore o uguale al 7,5%, divengono candidati per il trattamento con una statina.

Più precisamente, nelle persone con malattia cardiovascolare aterosclerotica, pazienti, quindi, suscettibili della prevenzione secondaria per una storia di malattia cardiaca o ictus, per ottenere una riduzione almeno del 50% del colesterolo LDL, si devono utilizzare le statine ad alta intensità, come la rosuvastatina da 20 o 40 mg o l’atorvastatina da ottanta, salvo controindicazioni o alla presenza di eventi avversi. In tal caso, bisogna usare una statina a intensità moderata.

Allo stesso modo, per le persone con i livelli di colesterolo LDL > 190 mg / dL bisogna usare una statina ad alta intensità con l'obiettivo di raggiungerne una riduzione perlomeno del 50%. Tutto questo poiché non vi sono le evidenze del trattamento sulla base dei valori delle costanti lipidiche che, però, devono essere costantemente e ripetutamente misurate.

Nei diabetici dai quaranta ai settantacinque anni di età, si deve utilizzare una statina a moderata intensità per ridurre il colesterolo LDL dal 30 al 49%. Pur tuttavia, in caso di rischio a dieci anni di malattia cardiovascolare aterosclerotica pari o superiore al 7,5%, la scelta più ragionevole è quella del farmaco ad alta intensità.

Nelle persone di età compresa tra i quaranta e i settantacinque anni, senza malattia cardiovascolare o diabete, nel caso di rischio maggiore del 7,5% a dieci anni di eventi clinici e in ogni caso con un livello di LDL - Colesterolo di 70-189 mg / dL, il comitato raccomanda un trattamento con la statina a moderata o alta intensità.

Nelle decisioni di terapia per la prevenzione primaria s’insiste, comunque, sul fatto che il paziente e il medico devono discutere insieme per definire i benefici e i rischi specifici personali della terapia, in modo da adeguarla alle caratteristiche e alle preferenze del paziente stesso. Questo per alcuni studiosi è importante per quei casi che, pur rientrando nello schema della terapia con le statine, non presentano nel complesso clinico le indicazioni dirette e obbligate della terapia. Per la valutazione del livello del rischio del paziente, il gruppo degli esperti ha anche sviluppato un nuovo strumento globale di valutazione del rischio. Il nuovo punteggio è stato progettato per la valutazione del rischio di un evento cardiovascolare iniziale e comprende partecipanti provenienti da coorti geograficamente e razzialmente diverse.

Pur tuttavia, secondo queste nuove linee guida, se un individuo non dovesse rientrare in uno dei quattro gruppi per la terapia con le statine, si potrebbero considerare ulteriori fattori per fugare ogni dubbio. Essi comprendono la storia familiare di malattia cardiovascolare prematura aterosclerotica in un parente di primo grado, la PCR ad alta sensibilità > 2 mg / L, la presenza di calcificazione coronarica > 300 unità Agatston e un indice caviglia-brachiale <0.9.

Per il monitoraggio della terapia con le statine, le linee guida hanno derivato le indicazioni da un elevato carico di evidenze che ne hanno supportata la stesura. Si consiglia in via iniziale l’utilizzo di un profilo lipidico a digiuno con il rilievo dei livelli basali di: colesterolo totale, trigliceridi, HDL - C, LDL – C. Il controllo di questi parametri deve essere seguito da un secondo pannello lipidico da quattro a dodici settimane per verificare l’efficacia della terapia con le statine e per accertare l'aderenza del paziente a essa. In seguito, le valutazioni devono essere eseguite ogni 3-12 mesi. Nei casi di risposta terapeutica non corrispondente alle attese, si deve rafforzare l'aderenza alla cura e allo stile di vita, ma bisogna anche escludere le possibili cause secondarie d’iperlipidemia. L'aderenza ai farmaci e allo stile di vita, in ogni caso, costituiscono entrambe le condizioni necessarie per la riduzione del rischio della malattia cardiovascolare. Pur tuttavia, dopo l’avvio della terapia con le statine, si rilevano in alcuni casi effetti negativi inaccettabili, soprattutto nelle formule di dosaggio ad alta intensità. Una volta, quindi, che si riconosca la responsabilità e la gravità degli effetti avversi con la terapia, risolto il problema, si possono usare dosi più basse dello stesso farmaco o un altro in alternativa sino a non registrare più quegli effetti negativi. Da notare, però, che la percentuale di riduzione delle LDL-C può indicare non solo l'adesione alla terapia, ma anche riflettere la variabilità biologica alla risposta al farmaco.  

In caso di mancata risposta terapeutica alle attese, può essere d’aiuto monitorare la presenza o meno della riduzione media delle LDL- C a ≥ 50% nell’uso della dose di massima intensità e del 30 sino a meno del 50% nell’uso della moderata intensità, rispetto alla linea di partenza della cura. I livelli del colesterolo LDL e la riduzione percentuale devono, comunque, essere utilizzati solo per la valutazione della risposta alla terapia e all’aderenza a essa e non come standard della prestazione.

Le linee guida riportano, peraltro, che, in caso di trattamento con le statine con valori di C-LDL sconosciuto di base, nella maggior parte dei soggetti dei trial clinici randomizzati trattati con le statine ad alta intensità, erano osservati valori inferiori ai 100 mg / dl.

In definitiva, gli aggiornamenti significativi di tutto il set delle linee guida comprendono l'abbandono dei target delle LDL e degli obiettivi del non-HDL-colesterolo, l'aggiunta dell’ictus per la valutazione del rischio cardiovascolare, l'aumento di valutazione della dieta mediterranea e i cambiamenti dei cut-off della BMI (Body mass index) per definire l'inizio della terapia dell'obesità. In particolare, poi, il cambiamento riguarda le raccomandazioni sulla prevenzione secondaria con la terapia con statine ad alta intensità per un C-LDL superiore a 190 mg / dL, salvo che il paziente non sia oltre i settantacinque anni per cui si propone la moderata intensità. Inoltre, il diabete proietta il paziente direttamente in prevenzione secondaria e richiede un calcolo del rischio cardiovascolare per valutare se supera il 7,5% per doverlo trattare con le statine ad alta intensità. In caso contrario, si usano statine a moderata intensità. Ancora, nella prevenzione primaria dei pazienti di età dai quaranta ai settantacinque anni con calcolo del rischio cardiovascolare superiore al 7,5% si devono usare le statine a moderata o ad alta intensità. Non sono riportate raccomandazioni in presenza delle comorbidità, come l’insufficienza renale cronica o lo scompenso cardiaco in cui non si dovrebbero usare le statine per mancanza di evidenze sulla loro efficacia.



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