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notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare - La recente proposta di valutazione del rischio cardiovascolare

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Indice
notiziario Novembre 2013 N.10 PASSAPORTO SALUTE CARDIOVASCOLARE: aggiornamento sulla prevenzione cardiovascolare
La recente proposta di valutazione del rischio cardiovascolare
Densità del calcio delle coronarie e rischio cardiovascolare
Le recenti linee guida sullo stile di vita per la prevenzione cardiovascolare
Importanza del sale nella dieta
Consumo del sale nelle regioni europee
Eventi cardiovascolari e farmaci effervescenti contenenti sodio
Le recenti linee guida per il controllo del colesterolo
Le statine per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nelle donne
Tutte le pagine

La recente proposta di valutazione del rischio cardiovascolare

Gli obiettivi delle istituzioni sanitarie e delle organizzazioni scientifiche sono sempre più rivolti alla prevenzione cardiovascolare e a definire, attraverso la formazione professionale e la ricerca, le strategie migliori per migliorare la salute dei malati. A tale scopo, si sono sviluppate e sono in continuo aggiornamento le linee guida e le promozioni per le cure ottimali. Peraltro, è sempre stata più volte sottolineata l'importanza della nutrizione e storicamente è stato sempre di crescente e predominante interesse e al centro della ricerca scientifica il ruolo dei componenti della dieta. In particolare, nel corso degli ultimi anni sono stati valutati con studi randomizzati i diversi modelli alimentari e il loro rapporto con i risultati sulla salute. In tale ambito, la dieta mediterranea ha permesso di verificare diversi vantaggi sul rischio cardiovascolare e ha portato a implementare il consumo dei suoi costituenti principali quali: la frutta, particolarmente fresca, le verdure, i cereali integrali, il pesce ricco degli acidi grassi omega – 3, i latticini poveri dei grassi, l’olio di oliva o di canola, la frutta secca, come noci, mandorle, nocciole. Per altro verso, la dieta mediterranea ha proposto bassi contenuti della carne rossa. In definitiva, essa ha teso a far consumare una quantità moderata dei grassi totali, corrispondente al 32 - 35% delle calorie totali, con un relativamente basso contenuto dei grassi saturi, corrispondenti al 9 - 10% delle calorie totali, un alto contenuto di fibre in circa 27-37 gr / die e una quota elevata di acidi grassi polinsaturi, in specie omega-3.

Bisogna, però, segnalare i preoccupanti ultimi dati disponibili ISTAT del 2009 che indicano le malattie cardiovascolari, anche in Italia, come prima causa di morte con 224.830 decessi, il 38,2% del totale. In particolare, le donne sono interessate con 127.060 decessi, pari al 42,1%, mentre gli uomini sono al secondo posto dei totali dopo i tumori con 97.770, il 34,1%.

Tutto quanto riportato è ampiamente considerato nelle nuove raccomandazioni sulla gestione degli adulti a rischio per le malattie cardiovascolari, sviluppate in collaborazione tra l'ACC (American College of Cardiology) e l’AHA (American Heart Association).

Per quanto riguarda la valutazione del rischio, inserita nello sviluppo di queste linee guida, gli studiosi hanno tentato di definire le pratiche che potessero soddisfare le esigenze dei pazienti in più circostanze, senza sostituirsi, però, al giudizio clinico. Si è affermato, infatti, che, alla luce delle particolari contingenze differenziali, la decisione ultima su una particolare cura deve essere presa dal medico curante e dal paziente. David Goff dell’University of Colorado, Denver e collaboratori, nell’ambito della valutazione del rischio cardiovascolare, hanno cercato di sviluppare e raccomandare, come possibile guida nella cura dei malati, un nuovo approccio per una sua valutazione quantitativa (Circulation. November 12, 2013). In particolare, partendo dal precedente FRS (Framingham Risk Score), il nuovo algoritmo ha incluso il rischio di afro-americani e bianchi di 40-79 anni di età, non ispanici di ambo i sessi, per l‘ictus e le malattie cardiovascolari a dieci anni. Esso è stato definito come quella condizione di sviluppare un primo evento, come l’infarto del miocardio non fatale o la morte coronarica o l’ictus fatale e non, per un periodo di dieci anni, e, quindi, a breve termine in persone libere da un’iniziale cardiopatia o cardiovasculapatia. Peraltro, i marcatori del rischio, che emergono dalle coorti come predittivi più forti del rischio a dieci anni, sono stati considerati: il sesso, la razza, il colesterolo totale, le lipoproteine ad alta densità, la pressione sanguigna, la condizione di trattamento della pressione arteriosa, il diabete, il fumo corrente.

Per la prevenzione primaria si è ritenuto ragionevole raccomandare ogni 4-6 anni la valutazione del rischio già dall’età dei venti sino ai settantanove. In tal modo, in via secondaria, ma non meno importante, è stato definito il rischio a lunga distanza, cioè per l’intera vita, calcolato per gli adulti con meno di cinquantanove anni, senza rischi a breve termine. Tutto ciò è stato mosso dalla preoccupazione di combattere la malattia cardiovascolare aterosclerotica, che rimane la prima causa di morte e una delle principali cause di disabilità e gravità di costi per l’assistenza sanitaria. La prevenzione rimane, quindi, la strategia di lotta migliore da sviluppare con un metodo di elevata qualità, tenendo conto dell’età, del fumo, del diabete, dei valori del colesterolo, della pressione arteriosa e di tutti gli altri fattori di rischio che possono facilmente essere raccolti nel corso dell’assistenza di base. Obiettivo importante è quello di ricavare, nell’intento di ottenere i più validi orientamenti d’impostazione del trattamento, un punteggio globale del rischio che stratifichi i pazienti per sua intensità.

Alcuni quesiti, anche comuni nei professionisti, hanno contribuito a stimolare nelle linee guida delle risposte pratiche.

Gli Autori, in effetti, si sono domandati:

  • quale risposta dare alla valutazione della hs-CRP (high-sensitivity C-reactive protein), dell’apoB (apolipoprotein B), del GFR (glomerular filtration rate), della microalbuminuria, della storia di malattia familiare, del fitness cardiorespiratorio, dell’ABI (ankle-brachial index), del CIMT (carotid intima-media thickness), o del punteggio CAC (coronary artery calcium) per un perfezionamento efficace, rispetto alle precedenti linee guida del rischio?
  • Vanno, queste condizioni e indici valutati in aggiunta alle variabili che sono nei tradizionali punteggi di rischio?
  • I modelli devono essere costruiti per la valutazione della variazione del rischio a lungo termine e, quindi, per almeno e più di quindici anni o per tutta la vita?
  • Occorre procedere a un’analisi separata o in combinazione per ottenere dati validi ed efficaci negli adulti a rischio basso e / o intermedio a breve termine?

Ne sono, quindi, derivate le seguenti raccomandazioni:

  • la razza e il sesso diventano specifici per la predizione del rischio a dieci anni per un primo evento cardiovascolare e vanno usati per gli afroamericani e bianchi di 40-79 anni non ispanici.
  • L’uso delle equazioni specifiche per sesso della coorte per i bianchi non ispanici può essere considerata anche per la valutazione del rischio nei pazienti provenienti da popolazioni non afro americane e nei bianchi non ispanici.
  • Dopo l’accertamento del rischio, in caso d’incertezza nella decisione al trattamento, può essere utile la valutazione della storia familiare, della hs-CRP, del punteggio CAC o dell’ABI.
  • Al momento, per la valutazione del rischio di un primo evento di ASCVD (Atherosclerotic Cardiovascular Disease) il ricorso all’ApoB, all’insufficienza renale cronica, all’albuminuria, o al fitness cardiorespiratorio è d’incerto valore.
  • Per la pratica routinaria della misurazione clinica del rischio di un primo evento ASCVD non è raccomandato il CIMT.
  • Negli adulti dai venti ai settantanove anni di età, esenti da ASCVD, è ragionevole valutare ogni quattro fino a sei anni i tradizionali fattori di rischio. In quelli di 40-79 anni il rischio a dieci va valutato ogni 4 - 6 anni.
  • La valutazione del rischio di ASCVD negli adulti di 20-59 anni di età a trenta o per tutta la vita, basandosi sui fattori di rischio tradizionali, può considerarsi corrispondente all’assenza di un rischio alto a breve termine.

Inoltre, come punti non trascurabili per la definizione del rischio intermedio, è stata introdotta la storia familiare nei parenti di primo grado di sesso maschile con meno di cinquantacinque anni o di sesso femminile con meno di sessantacinque. I limiti della CRP sono stati portati a 2 mg / L, quelli del punteggio del calcio a 300 unità Agatston e dell'ABI (Ankle -Brachial Index) a 0.9.

Peraltro, sulla base delle nuove linee guida sul colesterolo, pubblicate quasi in contemporanea, i soggetti senza evidenza di malattia cardiovascolare o diabete, ma con livelli del colesterolo LDL tra 70 e 189 mg / dL e con un rischio a dieci anni di malattia aterosclerotica cardiovascolare > 7,5%, sono stati indicati candidati per la terapia con le statine. Pur tuttavia, alcuni studiosi, a proposito di quanto sopra, hanno già ritenuto che questo nuovo calcolatore sovrastimi il rischio e amplifichi la coorte di persone che deve far uso delle statine. Di fatto, il calcolatore sopravvaluterebbe, secondo l’area geografica, il rischio dal 75 al 150% così che con la sua applicazione si dovrebbero prescrivere le statine anche a molte persone che hanno più da perdere che da guadagnare. Certo, l’intenzione degli studiosi, incaricati a sviluppare una piattaforma di valutazione dei rischi, era di aiutare a identificare gli individui a rischio abbastanza alto da meritare la terapia intensiva per un reale beneficio, ma con il minimo danno.

            In conclusione, rispetto ai principi di valutazione del rischio delle precedenti linee guida, il nuovo documento si differenzia per aver:

  • aggiunto l’ictus agli eventi coronarici, tradizionalmente compresi nelle equazioni per predire il rischio futuro,
  • considerato un focus, sia primario sul rischio a dieci anni degli eventi correlati all’aterosclerosi, sia secondario sulla valutazione del rischio di vita degli adulti di cinquantanove anni o più giovani non ad alto rischio a più breve termine,
  • fornito formule ausiliarie per il perfezionamento delle stime del rischio per razza e sesso,
  • riconosciuto, per mettere in alcuni casi maggiormente a fuoco la prognosi, l'uso selettivo del punteggio della CAC (coronary-artery calcium) e di alcuni altri indicatori.

Le nuove linee guida, di fatto, sono una svolta radicale rispetto alle precedenti, soprattutto nei riguardi del valore dei livelli specifici del colesterolo per la definizione del trattamento.



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