L’automedicazione, cioè l’abitudine di utilizzare per vari motivi e senza consiglio medico farmaci presenti in casa, soprattutto antidolorifici, sedativi, antiacidi, è molto diffusa ma potenzialmente pericolosa.
Infatti, se la decisione di “automedicarsi” viene presa in concomitanza di malattie e/o durante trattamento con altri farmaci esiste il rischio di effetti avversi anche gravi oltre che di interazioni, cioè di effetti negativi non previsti provocati dal sommarsi di più azioni farmacologiche.
Altri rischi derivano dall’impiego di preparati “naturali” come quelli erboristici. Bisogna sapere infatti che alcune sostanze presenti nelle “erbe” possono alterare l’azione di farmaci. Un esempio è dato dall’“Erba di S.Giovanni” (Iperico), presente in molti preparati erboristici consigliati per la depressione- L’iperico, infatti, interagisce con numerosi e importanti farmaci, di cui accelera l’eliminazione e quindi riduce l’effetto.
Del resto, la comune convinzione che le sostanze naturali, appunto in quanto tali, siano certamente innocue, è pericolosamente ingenua. Infatti i più potenti veleni conosciuti non sono prodotti dall’uomo, ma dalla natura. Solo per fare qualche esempio, sono tutti potenzialmente mortali, se ingeriti: Agrifoglio (bacche), Anemone (fiori), Ciclamino (tutto), Ginestra (fiori), Lauroceraso (foglie), Oleandro (tutto), Pesca (noccioli), Tulipano (bulbi),
Comunemente usati con tranquillità perché naturali, sono gli infiniti preparati lassativi vegetali a base di Boldo, Cascare, Cassia, Frangula etc.. Purtroppo è poco noto che l’uso prolungato di questi preparati determina, insieme all’impossibilità di interromperne l’uso senza incorrere in una grave stipsi, anche una vera e propria colite cronica.