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notiziario Maggio 2014 N.5 ECCESSO DI PESO E TUMORI MALIGNI PIÙ A RISCHIO LEGATI AL SESSO - Obesità e cancro della prostata

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Indice
notiziario Maggio 2014 N.5 ECCESSO DI PESO E TUMORI MALIGNI PIÙ A RISCHIO LEGATI AL SESSO
Eccesso di peso e cancro
Aumento del peso tra i sette rischi principali contro la buona salute
World Health Statistics 2014 e aspettativa di vita alla nascita
Obesità e cancro al seno
Obesità e cancro della prostata
Obesità e cancro dell’endometrio
Tutte le pagine

Obesità e cancro della prostata

Il cancro della prostata è diventato di diagnosi talmente frequente da stimolare continuamente gran parte della ricerca scientifica verso la comprensione e il chiarimento dei suoi fattori eziologici e d’insorgenza per poterli impedire o ritardare. L'invecchiamento è, di certo, il principale fattore di rischio di sviluppo e progressione della malattia. Pur tuttavia, la dieta e la nutrizione devono giocare un ruolo importante, come nel caso di altri tumori. La possibilità di prevenire o influenzare la crescita del cancro è stata, difatti, avanzata e studiata sin dai primi anni del 1900 e diversi studi in modelli animali hanno indicato che il tasso di crescita cellulare può essere influenzato dal tipo della dieta consumata.
Peraltro, il cancro della prostata, come altri tumori, è un processo molto complesso, per cui nessun singolo fattore potrebbe spiegarne le sue varie sfaccettature.
I fattori dietetici con un ruolo eziologico includerebbero, comunque, l’eccessiva assunzione di grassi, l'obesità, l'eccessiva assunzione di estrogeni e di fitoestrogeni e il consumo di alimenti bruciati o carbonizzati.
Particolare attenzione hanno ottenuto gli acidi grassi insaturi omega-6 e omega-3. In base ai risultati degli studi epidemiologici e sperimentali sugli animali, questi ultimi, come potenti antiossidanti, hanno dimostrato un effetto benefico nello sviluppo del cancro alla prostata.
Anche l'associazione tra la carne e il cancro della prostata è stata particolarmente evidenziata, soprattutto nelle condizioni delle forme lavorate e cucinate o carbonizzate a temperature elevate, come salsicce e pancetta. In effetti, i tempi più lunghi di cottura, le alte temperature, le grigliate e le fritture di tali carni, soprattutto se rosse, producono grandi quantità di composti come le ammine eterocicliche, come la PhIP (2-amino-1-methyl-6-phenylimidazo[4,5-b]pyridine) e N-nitrosammine, aggiunte alla lista dei potenziali cancerogeni.
Inoltre, studi epidemiologici hanno indicato per il selenio un potenziale potere preventivo sul cancro della prostata con diminuzione anche del tasso di crescita delle cellule tumorali. In effetti, i livelli plasmatici, sierici e tissutali di questo elemento chimico sono inversamente associati al rischio di sviluppare il cancro alla prostata. Il selenio, com’è noto, è un oligoelemento essenziale, non metallico, ampiamente distribuito in tutto il corpo umano e attivo in varie funzioni come componente di diversi enzimi antiossidanti. Esso si trova in diversi alimenti di derivazione animale e vegetale e in quest’ultimo caso la sua concentrazione dipende dal terreno in cui cresce la pianta.
In quest’ordine di fatti, è interessante notare che l'introduzione delle diete occidentali in Giappone, dove la tradizionale dieta è povera di grassi, ha portato a un aumento dell'incidenza del cancro aggressivo alla prostata. D’altro canto, la correlazione tra obesità e cancro della prostata è stata anche suggerita dagli studi sulla sindrome metabolica. Difatti, in questa condizione che raggruppa adiposità centrale, ipertensione, dislipidemia ed elevati livelli di glucosio nel siero, si è documentata una maggiore incidenza del cancro alla prostata.
A tal proposito, una teoria interessante deriva dal ruolo dell’insulina nella promozione del cancro. L'insulina è, difatti, un importante fattore di crescita e i livelli del fattore di crescita e del suo recettore hanno dimostrato di essere elevati nei malati con cancro della prostata. Pertanto, mantenere bassi i valori dell’insulina può ritardare il tasso di crescita delle cellule tumorali della prostata e tale risultato può essere raggiunto solo attraverso la dieta. Pur tuttavia, sebbene l’alimentazione debba sicuramente giocare un ruolo nello sviluppo del cancro alla prostata, non è stata ancora indicata la dieta specifica per prevenire o sradicare questa malattia.
Il messaggio principale sino a oggi derivato dagli studi nutrizionali sull’uomo è stato, comunque, il beneficio di una dieta principalmente composta di ortaggi, frutta, cereali e pesce in combinazione con un apporto limitato di calorie e con l'esercizio fisico. In effetti, tale tipo di dieta fornisce più micronutrienti, confezionati insieme nella loro forma più efficace, fornendo fibre, ferro, vitamine e antiossidanti. I micronutrienti derivati dagli integratori, invece, sono di solito prodotti per sintesi isolatamente.
Per altro canto, i fattori non dietetici che giocano un ruolo eziologico nel cancro della prostata includono varie alterazioni ormonali, una predisposizione genetica e l’infiammazione cronica. In tale ultimo caso i danni prodotti al DNA (oxidative deoxyribonucleic acid) e l'incapacità di correzione o eliminazione da parte dei vari meccanismi di riparazione funzionanti correttamente come il GSTpi (glutathione S -transferase P1-1) trovato inattivo nei portatori del cancro, sono decisivi.
Inoltre, l’infiammazione prostatica si associa allo stress ossidativo che stimola la produzione di ROS (reactive oxidative species) e RNS (reactive nitrogen species). Questi si legano al DNA e causano le mutazioni. Lo stress ossidativo, derivato da fonti endogene ed esogene, si associa poi ulteriormente ai danni del DNA, derivati dall'invecchiamento, e svolge il suo ruolo nella carcinogenesi. Peraltro, gli acidi grassi polinsaturi inducono la produzione di ROS causando la formazione di radicali lipidici che possono produrre ancora danni al DNA.
Inoltre, lo sperma può anche rivestire un ruolo ossidativo a causa della presenza occasionale di leucociti e una notevole quantità di acidi grassi polinsaturi. Da notare che sono stati identificati diversi meccanismi in grado di prevenire e riparare il danno ossidativo. In effetti, gli enzimi antiossidanti, come la fosfolipasi acida A- 2 che rimuove i grassi, i ROS e gli RNS alterati, evitano le mutazioni. Tutto ciò, in effetti, da una parte rappresenta un esempio degli effetti benefici degli antiossidanti dietetici e dall’altra dimostra che il consumo dei cibi che promuovono la produzione di ROS e RNS dovrebbe essere limitato o completamente evitato.
            Dimitropoulou P dell’University of Cambridge e collaboratori, notando che l'obesità era stata collegata alla mortalità per cancro della prostata, ma non con la sua incidenza, hanno svolto, per loro parte, uno studio nei meriti (Br J Cancer. 2011 Mar 1;104(5):875-81). Tra il 2001 e il 2008 hanno, così, arruolato 2.167 casi e 11.638 controlli, selezionati in modo casuale con misure dello PSA. La BMI era classificata nelle condizioni di: minore di 25,0, da 25,0 a 29,9 e maggiore o uguale a 30,0 kg/m2. Dopo aggiustamento per l'età e la storia familiare di cancro alla prostata, gli Autori trovavano poche evidenze di associazione tra la BMI e il cancro alla prostata (odds ratio (OR) tra il più alto vs il più basso terzile: 0,83, intervallo di confidenza 95% (IC): 0,67, 1,03; P 0.1). Una debole associazione inversa era evidente per il basso grado del cancro alla prostata (OR del più alto vs il più basso terzile: 0,76, IC 95%: 0,59, 0,97; P 0,045). Non si rilevava anche alcuna associazione tra la circonferenza vita (OR del più alto vs il più basso terzile: 0,94, IC 95%: 0,80, 1,12;) o il rapporto vita-fianchi (WHR, OR del più alto vs terzile più basso: 0,93, IC 95%: 0,77, 1,11;) con il cancro della prostata totale e nelle analisi stratificate per lo stadio (tutti P > 0.35) o grado della malattia (tutti P > 0.16).
            In conclusione, l’adiposità generale, misurata come indice di massa corporea, risultava associata a un rischio ridotto di cancro alla prostata di basso grado rilevato con lo PSA. Tuttavia, gli effetti erano di piccole dimensioni e gli intervalli di confidenza avevano dei limiti molto vicini all’unità. Inoltre, l’obesità addominale, misurata con il WHR / circonferenza della vita, non si associava con il cancro alla prostata rilevato con lo PSA.
            Chu DI della Duke University School of Medicine, Durham, USA e collaboratori, sulla base dell’aggiornamento delle linee guida di screening per il carcinoma della prostata (CaP) dell'American Cancer Society con cui l'esplorazione rettale (DRE) veniva resa opzionale, ne hanno studiato l'impatto negli uomini obesi (Prostate Cancer Prostatic Dis. 2011 Dec;14(4):346-53). Ottenuti, quindi, i dati di tre centri su 2.794 biopsie prostatiche iniziali, gli Autori hanno analizzato il rischio di CaP, attribuito alla DRE anomala, in rapporto alle varie categorie dell'indice di massa corporea (BMI). In tutte le coorti gli obesi avevano minori probabilità di un DRE diagnostico anomalo, rispetto ai normopeso. Con le categorie di BMI maggiori la DRE anomala diveniva sempre più forte predittivo di CaP complessivo individuale (P-trend ≤ 0,05) e nelle coorti combinate (P-trend <0,001). Lo era anche per l'alto grado di CaP nelle coorti italiane (P-trend = 0.03) e combinate (P-trend = 0.03). Comunque, l’inclusione della DRE migliorava l'accuratezza predittiva per il rilevamento massimale globale e del grado del CaP tra tutti gli obesi (P ≤ 0,032), ma non nei normopeso (P ≥ 0,198). Inoltre, l’inclusione della DRE migliorava anche il rilevamento globale del CaP vicino alla significatività negli obesi con PSA <4 ng ml (-1) (P = 0,081).      In conclusione, il valore predittivo della DRE, secondo questo studio, sarebbe dipeso dall’obesità, essendo significativamente superiore tra gli obesi rispetto ai normopeso.
            Hoda MR della Martin-Luther-Universität Halle/Wittenberg e collaboratori hanno voluto riesaminare e discutere il ruolo delle adipocitochine, quali ormoni derivati dagli adipociti, e le loro conseguenti implicazioni cliniche (Urologe A. 2012; 51(9):1253-60). Tutto ciò si basava sulle correnti conoscenze dell'impatto clinico e biologico dell'obesità sullo sviluppo e la progressione del cancro alla prostata. Gli Autori riscontravano, così, nella loro clinica che i pazienti con diagnosi di cancro alla prostata avevano una leptina sierica più alta e un’adiponectina in concentrazioni più bassa. Queste indagini e altri studi dimostravano, inoltre, che gli alti livelli sierici della leptina erano anche associati ai volumi maggiori del cancro della prostata, al suo alto grado di classificazione, alla sua recidiva biochimica, alle sue metastasi e alla loro progressione, ma anche all’aumento della mortalità. Inoltre, c'era una forte correlazione tra i livelli sierici di leptina e lo PSA sierico (prostate specific antigen). La leptina stimolava in vitro la proliferazione e inibiva l'apoptosi delle cellule tumorali in forma dose e tempo dipendente. Tuttavia, le linee cellulari resistenti all’androgeno rispondevano più fortemente.
            Gli Autori commentavano, così, che a livello molecolare le adipocitochine richiedevano la rete della tirosin chinasi per realizzare gli effetti mitogenici e antiapoptotici nelle cellule tumorali. In effetti, gli elementi delle più importanti cascate di trasduzione del segnale, quali il MAPK (mitogen-activated protein kinases), il PI3-K (phosphoinositide 3-kinase) e lo JAK / STAT (Janus kinase/ Signal transducer and activator of transcription), erano attivati ​​in seguito al legame della leptina al suo recettore sulla membrana cellulare delle cellule tumorali.      Le adipocitochine, come la leptina, potevano, così, servire come nuovi parametri prognostici per la valutazione delle terapie specifiche per il carcinoma della prostata metastatico, refrattario alla terapia ormonale.
            Nishimura K dell’Hyogo Prefectural Nishinomiya Hospital Nishinomiya, Japan e collaboratori, ritenendo poco chiaro il rapporto tra l’adiponectina e la leptina, ormoni polipeptidici degli adipociti, con il cancro della prostata, hanno svolto uno studio nei meriti (Minerva Urol Nefrol.  2012; 64(3):199-208). Hanno, così, arruolato cinquantaquattro pazienti, affetti da cancro della prostata, e settanta controlli, determinando i livelli di adiponectina e leptina nel siero, valutando poi le loro relazioni con il rischio di cancro prostatico dopo aggiustamento per età, fattori correlati all'obesità (peso e indice di massa corporea, circonferenza vita) e volume della ghiandola. La densità delle adipochine era calcolata dividendo i livelli sierici con il volume della prostata. Non si rilevavano differenze tra i valori medi di adiponectina e di leptina sieriche tra il cancro alla prostata e i gruppi di controllo benigni (P = 0,22 e 0,78, rispettivamente). I pazienti con livelli di entrambe le adipochine nel quartile più alto, dopo aggiustamento per l’età, avevano un rischio significativamente più alto del cancro alla prostata (adiponectina: odds ratio [OR] 2,79, P = 0,014; leptina: OR 2,72, P = 0,027). I pazienti con un livello di adiponectina superiore alla media, dopo aggiustamento per il peso corporeo, avevano anche un rischio significativamente elevato di cancro alla prostata (OR 2.22, P = 0.031), mentre quelli con un livello di leptina significativamente maggiore rispetto alla media avevano un rischio significativamente più basso (OR 0,46, P = 0,027). Inoltre, la densità di adiponectina mediana era significativamente più alta nel gruppo di cancro alla prostata, rispetto al gruppo con formazione benigna (P = 0.0033).
            In conclusione, i livelli di adiponectina e di leptina nel siero erano indicatori utili per il rischio di cancro alla prostata, dopo gli aggiustamenti per l’età, l'obesità, i fattori connessi e il volume della prostata.



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