World Health Statistics 2014 e aspettativa di vita alla nascita
Secondo la World Health Statistics 2014, pubblicata dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) il 15 maggio e basata sulle medie globali di 194 paesi, si vive più a lungo in tutte le parti del globo. Pur tuttavia, si rileva ancora un grande divario tra le popolazioni ricche e quelle povere con le prime che continuano ad avere molte più possibilità di vivere più a lungo rispetto alle seconde. Peraltro, ovunque le donne vivono più degli uomini con un divario di circa sei anni nei paesi ad alto reddito. Nei paesi a basso reddito, la differenza è, invece, di circa tre anni. L’Italia si colloca nella classifica mondiale stilata dall’OMS sull’aspettativa di vita al 7° posto per quanto riguarda gli uomini e al 5° per le donne.
Nel documento si afferma che nei paesi ad alto reddito gran parte del guadagno della speranza di vita si deve al successo della lotta contro le malattie non trasmissibili. Difatti, un sempre minor numero di persone d’ambo i sessi muore prima dei sessanta anni per le malattie cardiache e per l’ictus. In effetti, nei paesi economicamente più ricchi il controllo e la gestione dei fattori di rischio hanno permesso un aumento progressivo dell’aspettativa di vita, mentre in quelli in via di sviluppo, come l’Angola, la Repubblica Centroafricana, il Ciad, la Costa d'Avorio, la Repubblica Democratica del Congo, il Lesotho, il Mozambico, la Nigeria e la Sierra Leone, i valori sono ancora inferiori ai cinquantacinque anni.
In tutto il mondo, comunque, sta avvenendo un grande cambiamento nei riguardi delle cause e dell’età di morte. La malattia coronarica, le infezioni delle vie respiratorie inferiori e l’ictus sono le prime tre cause di morte prematura.
In ventidue paesi dell’Africa il 70% o più di anni di vita persi per morti premature è dovuto alle malattie infettive e alle patologie correlate. Le malattie croniche e le lesioni, d’altro canto, causano oltre il 90% degli anni di vita persi in quarantasette paesi, quasi tutti ad alto reddito, e stanno costituendo la principale causa di decessi in più di 100 nazioni. Interessante è notare come nel 2012 circa quarantaquattro milioni dei bambini di tutto il mondo di età inferiore ai cinque anni, pari al 6,7%, erano in sovrappeso o obesi e che dieci milioni di essi erano in Africa, dove i livelli dell’obesità infantile sono rapidamente aumentati.
In definitiva il rapporto concludeva che la grande sfida che attendeva i sistemi sanitari mondiali era costituita dall’invecchiamento demografico con il suo carico di cronicità, di malattie trasmissibili, di stili di vita. Perciò la prevenzione e l’equità di accesso ai sistemi di cura erano condizioni prioritarie da risolvere.
In Italia l’aumentata incidenza del tumore è in parte spiegabile con l’invecchiamento della popolazione e in parte attribuibile alle cause ambientali. Pur tuttavia, per questa patologia si deve registrare un aumento dei tassi di guarigione dovuto fondamentalmente alla diagnosi precoce e alle terapie anti-tumorali sempre più efficaci. Il rapporto dell’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum) del 2013 riporta nel nostro Paese circa 366.000 nuove diagnosi di tumore ogni anno, di cui 200 mila negli uomini e 166.000 nelle donne. Pur tuttavia, le percentuali di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi sono del 55% per gli uomini e del 63% per le donne. Nell’uomo i tumori più frequenti sono con il 20% quello della prostata, con il 15% quello del polmone e con il 14% quello del colon retto. Nella donna il più comune con il 29% è quello della mammella e di seguito con il 14% quello del colon retto e con il 6% quello del polmone, la cui incidenza è aumentata negli ultimi decenni per la sempre più diffusa abitudine al fumo di sigaretta in questo sesso. Il World Cancer Report 2014 riporta, peraltro, che le morti per cancro tra gli stranieri residenti in Italia sono state superiori del 20% rispetto agli italiani, probabilmente per una carenza dell’azione preventiva.