Sindrome depressiva e sindrome della bruttezza immaginaria
Va anche considerata la possibilità di un quadro clinico caratteristico, derivante dall'associazione saltuaria della sindrome depressiva maggiore con il BDD (Body dysmorphic disorder), o sindrome dismorfica, malattia mentale originariamente denominata dismorfofobia, che colpisce in egual misura ambo i sessi e occasionalmente anche bambini e adulti più anziani. Riconosciuta in Europa oltre 100 anni fa, è anche conosciuta come la sindrome della bruttezza immaginaria. Pur con prevalenza ancora sottostimata, si considera che dall'uno al due per cento della popolazione mondiale potrebbe soddisfare i criteri per la sua diagnosi. Il BDD è un tipo di disturbo somatoforme in cui la persona s'interessa esclusivamente all'immagine del proprio corpo, manifestando una percezione e un'eccessiva preoccupazione per una possibile anomalia delle proprie caratteristiche fisiche. Il malato si affligge per difetti del suo aspetto e della funzione del proprio corpo o si lamenta vagamente delle condizioni generali con rimbalzo negativo di disagio psicologico e compromissione della vita sociale e professionale. Il BDD, in genere, si verifica in tal grado da causare una grave depressione emotiva e ansia con il possibile sviluppo di altri disturbi d'ansia, di ritiro o d'isolamento sociale. Si può anche instaurare nello 80% dei malati una fobia sociale e un'ideazione suicidaria, mentre in casi estremi si può perfino inserire un quadro di dissociazione.
I malati, intrisi di continua ansia e stress per il difetto immaginario percepito, spendono molto tempo per concentrarsi su di esso, sia per osservarsi e controllarsi, sia per nascondere l'imperfezione, attenti al confronto con gli altri, cercando disperatamente di ottenere miglioramenti anche dagli interventi di chirurgia estetica. Purtroppo, quest'ultimo ricorso spesso si dimostra nei risultati peggiorativo, non solo in caso d'insoddisfazione ma anche di gradimento. Nella prima ipotesi, infatti, alcuni pazienti protestano anche violentemente con il proprio chirurgo, nel secondo, invece, cominciano a focalizzare la loro attenzione su un'altra parte del corpo e a diventare preoccupati per un nuovo difetto.
Katharine A. Phillips della Brown University e collaboratori hanno eseguito nei meriti uno studio retrospettivo su 200 persone con BDD, di cui il 3% aveva richiesto e il 21% ottenuto un trattamento di chirurgia estetica minimamente invasivo (Ann Plast Surg. 2010 July; 65(1): 11–16).
Quasi tutti, però, avevano continuato nei sintomi con alcune preoccupazioni sviluppate sul rinnovato aspetto. Gli autori riportavano anche che in un sondaggio di 265 chirurghi plastici 178, il 65 per cento, aveva dichiarato di trattare i pazienti con BDD ma con un miglioramento solo nell'uno per cento dei casi. Questi dati, uniti alle segnalazioni di cause legali e di violenza, di tanto in tanto subita dai chirurghi, porterebbero a considerare il BDD una controindicazione per il trattamento cosmetico. I ricercatori, difatti, sulla base dei loro risultati, si sono sentiti autorizzati a concludere che la loro analisi forniva nuove e più dettagliate informazioni sul gradimento e sull'esito delle procedure chirurgiche minimamente invasive con chiara necessità di approfondimento con altri studi prospettici. In attesa, gli autori raccomandavano maggiore consapevolezza da parte dei medici sul fatto che i trattamenti psichiatrici del BDD, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina e la terapia cognitivo-comportamentale, avrebbero maggiore efficacia per ciò che può essere ritenuta una malattia debilitante. Difatti, trattare il disturbo dal punto di vista psichiatrico si rivelerebbe, di certo, una scelta migliore rispetto alla chirurgia.
Dal loro canto Sabine Wilhelm del Massachussets General Hospital e collaboratori, avendo già in un precedente studio rilevato che modulando la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si può ottenere un sostanziale aiuto a ridurre la gravità dei sintomi e la depressione nel BDD, hanno arruolato dodici persone di ambo i sessi con malattia, secondo i criteri del DSM-IV-TR (Behavior Therapy, (2011). 42 (4), 624-633). I partecipanti, divisi in modo casuale in due gruppi di trattamento, il primo con diciotto sedute di terapia CBT e il secondo con ventidue, sono stati incoraggiati a valutare i loro pensieri negativi e di disadattamento e i comportamenti d'isolamento, individuando le risposte adattative e robuste, impegnandosi anche in compiti a casa. Prima e dopo il trattamento, sono stati utilizzati per la valutazione la BDD-YBOCS (Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale Modified for BDD), la CGI (Clinical Global Impression), la BABS (Brown Assessment of Beliefs Scale), il BDI-II (Beck Depression Inventory-II) e il CSI (Client Satisfaction Inventory). I risultati hanno rivelato una riduzione della gravità dei sintomi del BDD e della delusione con il miglioramento dei sintomi depressivi e il mantenimento di elevati tassi di soddisfazione. Tali dati suggerirebbero, invero, il trattamento modulare della CBT per il BDD, come pratica strategia di trattamento ben accolta ed efficace.