Il Fumo come fattore di rischio cardiovascolare: i principali meccanismi fisiopatologici
Manuel Monti*, Francesco Borgognoni*, Loredana Pastacci*, Giovanni Maria Vincentelli**, Fernando Capuano ***
* Dipartimento di Emergenza - AUSL UMBRIA1 Assisi (Perugia)
Via V. Muller 1, Assisi (Perugia), Italy
** Dipartimento di Emergenza – Ospedale Fatebenefratelli - Isola Tiberina
Via Fatebenefratelli 1 Roma
*** Presidente Nazionale Antel
ABSTRACT
Il fumo è un fattore di rischio per la malattia cardiovascolare (CVD). Questa review è stata effettuata per evidenzia i meccanismi eziopatogenetici classici e di piu’ recente scoperta che sono responsabili del danno cardiovascolare.
Ben il 30% di tutti i morti delle malattie coronariche (CHD) ogni anno sono attribuibili al fumo di sigaretta, con il rischio di essere fortemente dose-dipendente. Il fumo di sigaretta è il fattore di rischio più modificabili e da solo contribuisce alla morbilità e mortalità prematura negli Stati Uniti ed in Europa.
Numerosi studi prospettici hanno dimostrato una sostanziale diminuzione della mortalità Cardiovascolare per gli ex fumatori rispetto ai fumatori. Questa diminuzione del rischio si verifica relativamente presto dopo la cessazione del fumo, e aumenta con il tempo.
La fisiopatologia del fumo, le prove che collegano il fumo alla malattia, e il valore di smettere di fumare sono ampiamente documentati in questa review. I risultati di questa review rafforzano l'importanza di fumo come un fattore di rischio significativo di eventi cardiovascolari maggiori. L'evidenza mostra che un approccio globale alla controllo del tabacco è necessaria per influenzare la diffusione del fumo e ridurre le terribili conseguenze ed i costi del tabacco per il sistema sanitario. Uno dei migliori guadagni in salute potrebbe essere ottenuto affrontando i più importanti fattori di rischio modificabili tra cui il fumo risultata essere tra i più importanti.
INTRODUZIONE
Il fumo di sigaretta è la più importante causa prevenibile di morte prematura nei paesi occidentali. Negli USA rappresenta più di 440.000 le morti annuali. (1) I fumatori hanno un rischio maggiore di sviluppare diversi disturbi cronici, tra cui la malattia aterosclerotica, tumore e BPCO. (2) L’Aterosclerosi è un contributore principale per l'elevato numero di morti per fumo e molti studi dimostrano che il fumo di sigaretta è la principale causa di malattia coronarica acuta.(3) (fig.1)
Infatti, seppur altri fattori di rischio modificabili come la dieta non sana, l'inattività fisica e il consumo nocivo di alcol svolgono un ruolo per l’aumentare della placca aterosclerotica è di gran lunga il fumo il fattore di rischio comportamentale leader delle malattie cardiovascolari acute. Esso rappresento il 14% delle morti per problemi cardiovascolari e tale rischio si riduce sostanzialmente entro due anni dalla cessazione del fumo.(4) Inoltre rispetto ai non fumatori, i fumatori hanno un rischio 2-4 volte maggiore di malattie cardiache e di ictus.(5)
Fig.1 processo aterosclerotico
Recentemente, la Studio prospettico europeo sul cancro e sulla nutrizione (EPIC) ha esaminato i fattori di rischio per l'infarto miocardico e ha concluso che il fumo è una delle principali cause, mentre lo studio CV-ASPIRE, che ha reclutato i fumatori di tutta Europa nel 2011, ha stabilito che le riduzioni del rischio di SCA ( Sindrome Coronarica Acuta) potrebbe essere ottenuto affrontando il più importante fattore di rischio modificabile: il fumo.(6)
L'ulteriore rischio di malattia cardiovascolare conferito dal fumo è mediata dal numero di sigarette fumate. Lo studio InterHeart ha preso atto della forte relazione tra rischio di infarto del miocardio e il numero di sigarette fumate; infatti persone che fumavano più di 40 sigarette al giorno hanno quasi dieci volte il rischio relativo di infarto miocardico rispetto ai non-fumatori ma anche rispetto ai fumatori moderati.(7)
Mentre negli Usa assistiamo annualmente, grazie ad importanti programmi di prevenzione, ad una riduzione sensibile della prevalenza di fumo regolare, soprattutto negli adolescenti, in Italia assistiamo ancora ad elevate percentuali di persone che iniziano a fumare .(8)
I dati Doxa 2014 ci indicano che , in Italia, il 24% di uomini ed il 20% di donne fuma abitualmente, per un consumo medio di 13 sigarette al giorno. Si stima che ogni giorno tra le 80.000 e le 100.000 persone iniziano a fumare ed il primo contatto con la sostanza, in Italia, avviene tra i 15 e i 17 anni, seppur il 7% degli intervistati ha dichiarato di aver fumato la prima volta intorno agli 11 anni. (8) (fig.2)
Fig.2 Dati DOXA 2014
Sino agli anni ‘90 l’abitudine al fumo era considerata dalla comunità scientifica una semplice abitudine comportamentale e non una vera e propria dipendenza. Successivamente, la ricerca ha dimostrato che la nicotina è una sostanza psicoattiva in grado di indurre un elevato grado di dipendenza, tanto che nel 1992, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il fumo di tabacco tra i disordini mentali e comportamentali dovuti all’uso di sostanze psicoattive.
La nicotina infatti determina modifiche dell’umore,dell’attenzione e dell’emotività. Ad una riduzione dell’ansia e della tensione si associa un miglioramento percepito del senso di energia e vigore, dello stato di allerta e di attenzione, della capacità di concentrazione e dell’attività psicomotoria.(8)
MECCANISMI EZIOPATOGENETICI
Tra i principali meccanismi eziopatogenetici del fumo vi è un aumentata richiesta di ossigeno del miocardio, a cui si aggiunge una diminuzione del flusso sanguigno coronarico e della fornitura di ossigeno del miocardio.(9)
Il maggiore carico di lavoro del miocardio è dovuto, in parte, all’ aumento per i fumatori della frequenza cardiaca media e della pressione sanguigna nel corso di tutta la giornata. Inoltre, il fumo aumenta la contrattilità miocardica acuta e aumenta la rigidità delle grandi arterie periferiche provocando un aumento netto del carico di lavoro miocardico.(10)
Oltre a cio’ il trasporto di ossigeno risulta ridotto poiché il fumo di tabacco,contenendo monossido di carbonio, si lega all’emoglobina, formando carbossiemoglobina, un complesso con ridotta capacità di trasportare ossigeno. La risposta fisiologica compensativa è un aumento della eritropoiesi, che aumenta la viscosità del sangue, aumentando ulteriormente il rischio di trombosi. Inoltre, i dati su animali indicano che il monossido di carbonio puo’ ridurre la soglia di fibrillazione ventricolare, aumentando il rischio di morte improvvisa. (11)
A questi meccanismi si aggiunge il fatto che il fumo stimola il rilascio di catecolamine (adrenalina, noradrenalina), che provoca una diminuzione del flusso sanguigno coronarico mediante la costrizione delle arterie epicardiche. (11)
Un ulteriore contributo ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari tra i fumatori è l'effetto del tabacco nell’ aumentare il livello generale di colesterolo nel sangue. Questo si verifica come risultato di una reazione chimica che colpisce il modo in cui avviene il processo di metabolismo del colesterolo, provocando un’alterazione del rapporto LDL/HDL.
Nagayasu ha evidenziato come il fumo provoca anche una riduzione dell’espressione della leptina. (fig.3)
Fig.3: riduzione dell’espressione della leptina in pazienti fumatori
La leptina agisce nella cellula tramite il suo recettore di membrana, OB-R ed ha, tra l’altro, una funzione di angiogenesi e di regolazione del sistema immunitario ; la riduzione di questo mediatore provoca una riduzione dei linfociti T regolatori provocando un iperstimolazione della risposta immunitaria che accelera la formazione della placca ateroscolerotica .(12)
Da diversi anni, numerosi studi hanno accertato che il fumo incrementa il rischio di diabete mellito.(fig.4)
Fig.4: aumento del rischio di diabete mellito nei fumatori diviso per genere
Alla base di questo incremento vi è un una promozione della resistenza all'insulina attraverso alterazione dello stato degli ormoni androgeni e di un aumentata secrezione di ormoni anti-insulina, Oltre a cio’ si aggiunge un effetto negativo diretto del fumo sulla cellula beta del pancreas che ha come conseguenza una riduzione dell’insulina circolante.(13)
L’aumentata incidenza di diabete mellito risulta essere,di per se, un importate fattore di rischio di Sindrome coronarica acuta.
Un discorso approfondito merita l’influenza del fumo sul grasso viscerale.
Fig.5 meccanismo d’azione del grasso viscerale nel rischio cardiovascolare
Il grasso viscerale guida la progressione di molteplici fattori di rischio direttamente, attraverso la secrezione di acidi grassi liberi in eccesso e adipochine infiammatorie, e attraverso la diminuzione della secrezione di adiponectina. (fig.5) La presenza di grasso viscerale in eccesso è un fattore determinante del rischio cardiometabolico poiché esso risulta essere associato ad insulino-resistenza, iperglicemia, dislipidemia, ipertensione e aumento dello stato protrombotico / pro infiammatorio.. Un eccesso di grasso viscerale è accompagnato da elevati livelli di proteina C-reattiva (CRP) e degli acidi grassi liberi (FFA), nonché da una diminuzione dei livelli di adiponectina. Elevati livelli di FFA sembrano svolgere un ruolo significativo nell’ insulino-resistenza attraverso l’ inibizione del meccanismo di segnalazione dell'insulina, con conseguente diminuzione del trasporto del glucosio al muscolo.
L'adiponectina è un specifica proteina circolante del tessuto adiposo ed è coinvolta nella regolazione del metabolismo lipidico e glicidico e si è evidenziato una diminuzione dei valori circolanti negli adulti affetti da obesità.
Tutti questi elementi contribuiscono a spiegare perché l'eccesso di adiposità addominale è considerata una grande minaccia per la salute cardiovascolare e metabolica.(14)
Vi è una crescente evidenza che il fumo può favorire l'accumulo di grasso viscerale (15).
E’ stato dimostrato che i fumatori presentano elevate concentrazioni di cortisolo nel plasma a digiuno rispetto ai non fumatori, in parte a causa della stimolazione di attività simpatica del sistema nervoso e cio’ favorisce l'accumulo di lipidi nei depositi di grasso viscerale.(16) Inoltre, anche gli ormoni sessuali (cioè, testosterone, estrogeni e progesterone) appaiono coinvolte nel controllo della distribuzione del grasso regionale (17) e nella regolazione dei lipidi attraverso una mobilitazione in maniera potente e multiforme. (17) Khaw et al. indicano che, rispetto alle non fumatrici, le fumatrici hanno una minore biodisponibilità di estrogeni ed un aumento delle concentrazioni di androgeni, anche in assenza di ipoestrogenemia (18). Negli uomini, l'adiposità viscerale è stata precedentemente associata a ridotta disponibilità di testosterone, ed è stato anche dimostrato che il fumo può ridurre le concentrazioni di testosterone (19). E’ assai recente l’ipotesi eziopatogenetica del fumo che agisce anche sul grasso epicardio, ossia il grasso viscerale che si trova vicino al cuore e che solo recentemente è considerato un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, per le malattie cardiovascolari.(20-21)
Il Grasso epicardico copre circa il 80% della superficie del cuore e rappresenta un importante deposito di grasso a causa della sua localizzazione anatomica e dei suoi rapporti funzionali con le arterie coronariche ed il miocardio. Oltre alla capacità di accumulo dei lipidi, il grasso epicardico,come il grasso viscerale in toto, ha notevoli funzioni endocrine.(22)
La TC multistrato (MDCT) cardiaca è stata proposta come uno strumento affidabile e riproducibile per la valutazione clinica del grasso epicardico nell'uomo.(22) (fig.6)
Fig.6 TC del grasso epicardico
Un recentissimo studio ha evidenziato come, nei pazienti affetti da sindrome metabolica, i fumatori presentavano un elevata quantità del grasso epicardico rispetto ai non fumatori e viene ipotizzato un nuovo meccanismo eziopatogenetico per spiegare l’importante correlazione fumo-rischio cardiovascolare.(23)
CONCLUSIONI
Le evidenze di questa review rafforzano l'importanza di fumo come un predittore significativo di eventi cardiovascolari a lungo termine. Diventa fondamentale, attraverso le scoperte recenti sui ulteriori meccanismi eziopatogenetici del danno provocato dal fumo, di aumentare l’importanza del fumo nella stratificazione del rischio cardiovascolare, confermato tra l’altro da numerosi dati epidemiologici e di eseguire, nei pazienti fumatori, indagini diagnostiche piu’ approfondite e trattamenti terapeutici piu’ aggressivi.
Oltre a cio’, è naturalmente importante sottolineare la necessità di ridurre ed eventualmente eliminare questa importante fonte di morbilità e mortalità della popolazione generale attraverso efficaci programmi di disassuefazione dal fumo.
E' stato precedentemente dimostrato che il fumo è tra le cause più importanti di fattori di rischio modificabili associato a infarto del miocardio, ed il rischio di un evento maggiore per Sindrome coronarica acuta è dimezzato quando i pazienti smettono di fumare da almeno per un anno, Secondo il Dipartimento di Salute e Servizi Umani degli USA "è difficile identificare qualsiasi altra condizione che presenta un mix di mortalità, prevalenza ... e incuria ... nonostante interventi efficaci e prontamente disponibili". I risultati di questa review possono aiutare le future strategie per focalizzare i programmi di cessazione del fumo nell'ambito delle cure primarie.
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